Oggi, 2 giugno 2021 si celebra il settantacinquesimo anniversario dalla nascita della Repubblica Italiana. Potremmo affermare che ogni nazione tende ad essere affetta da quella che definiamo “sindrome di Israele”. In fondo ogni popolo pensa di essere quello “eletto”, predestinato e amato da Dio. Ciascuna nazione è sicura di essere speciale, di avere come missione quella di tramandare i propri valori, di avere i cibi e le migliori bevande al mondo, di essere destinata ad un trionfale avvenire. Risulta atteggiamento tipico di ogni entità statale vantare caratteristiche e tradizioni uniche e peculiari, risalenti ad un passato a dir poco ancestrale.
I significati che oggi attribuiamo ai termini di nazione e popolo, sono dovuti all’influenza esercitata dal romanticismo. Dall’iniziale forgiatura ottocentesca a questi due termini si sono aggiunte altre caratteristiche, le quali hanno forse modificato questa visione così intrisa di sentimenti.
La genetica ha dimostrato che gli esseri appartenenti alla specie umana sono tutti sostanzialmente mischiati (la differenza genetica inter specie è circa dello 0,5%), non si può che concordare con la frase: la natura genera differenze, l’uomo discriminazioni.
Avendo già Giuseppe Mazzini ben delineato i destini dei popoli (quantomeno europei), ormai rimane forse solo da capire se gli italiani siano un popolo di eroi, poeti, santi e navigatori oppure come ritengono altri, dei simpatici cialtroni che non riescono ad ottenere alcun credito (specialmente di tipo economico) all’estero. Forse siamo noti come coloro che non rispettano gli accordi (due cambi di alleanza nelle due guerre mondiali del 1900 non depongono a nostro favore), non siamo certo celebri per essere guerrieri invincibili. Spesso l’italiano è associato alla bellezza, alla musica, al canto, mentre altre volte ci sentiamo offesi ed irritati se accomunati alla famosa triade che ci è rimandata da altre nazioni: mafia, mandolino, pizza.
Riguardo quest’ultima, tutti sanno che è uno dei nostri piatti nazionali, molti la ritengono appartenere ad un’antica tradizione culinaria autoctona. Quest’ultimi due aggettivi, antica e autoctona, non possono caratterizzare la pizza Margherita. L’esempio della pizza aiuta a chiarire meglio ciò che intendo scrivere. La cucina italiana nasce ufficialmente con il libro di Pellegrino Artusi “La scienza in cucina” (1910), quindi si supera a malapena il secolo di vita. Stando a ciò che racconta la tradizione (a dir meglio le cronache o forse le leggende) la pizza Margherita, è stata cucinata per la prima vota nel 1889 a Napoli da un pizzaiolo partenopeo che la cucinò per la regina Margherita di Savoia.
Quindi uno dei nostri piatti tipici e tradizionali, risale solo al 1880, non poteva certo essere molto più antico, in quanto il Regno d’Italia risale al 1860. Il pomodoro presente sulla pizza non è un prodotto appartiene alla tradizione italica e nemmeno europea, in quanto la pianta è originaria delle Americhe (giunta in Europa sicuramente dopo il 1492).
Le mie considerazioni precedenti riguardanti l’origine della pizza, chiariscono l’idea di quella che è la tradizione inventata. Tutte le nazioni e tutti i popoli cercano di attingere ad un passato vero o presunto, spesso interpretato e riadattato alle attuali esigenze politiche. Si pensi al richiamo del regine fascista all’antica Roma Imperiale. I famosi destini dei popoli o di una nazione sono sempre tutti da costruire. Fondamentale è dedicarsi al meglio per cercare di realizzare il futuro che si ritiene migliore per sé e per i propri figli.
A mio avviso l’emblema della Repubblica Italiana sintetizza molto bene come una nazione intera voglia esprimersi tramite un’immagine. Penso sia noto a tutti, in quanto lo possiamo vedere quotidianamente. Se passiamo nei pressi di un tabaccaio, se compriamo sigarette, fiammiferi o alcolici lo troviamo presente. L’emblema è la famosa stella con ruota dentata, circondata a destra da un ramo di ulivo e a sinistra di alloro, con sotto scritto Repubblica Italiana (5 maggio 1948)
Questo emblema è stato creato a seguito di un concorso pubblico nel 1948. I simboli a volte sono difficili da leggere. Molti ritengono l’emblema “vecchio”, forse non in senso assoluto, in quanto esso vanta un’età di settantatré anni. A mio avviso il problema consiste nel fatto che oggi risulta sempre più difficile leggere e capire i significati dei simboli. Recentemente l’emblema è stato riadattato dal(l’allora 2001/2005) presidente del consiglio Silvio Berlusconi. La modifica è consistita nell’allungare l’emblema donandogli una forma un po’ più ellittica, in modo da imitare un effetto di tipo americano.
Spiego cosa intendo con un effetto di tipo americano. Il presidente degli Stati Uniti d’America, quando parla ai media, ha sempre davanti o dietro di sè l’emblema degli Stati Uniti d’America. Quest’emblema ha un’aquila reale in primo piano. L’effetto è immediato in quanto la grandezza e la potenza degli Stati uniti d’America rappresentate dalla maestosità dell’aquila colpiscono subito la fantasia e l’attenzione dello spettatore, inviando un messaggio iconico chiaro e preciso.
L’aquila è un simbolo antichissimo e pregno di significati. Il primo richiamo diretto è alle legioni romane. Caio Mario è stato colui che ha scelto di utilizzare l’aquila come animale simbolo delle potentissime legioni romane. Da allora, tutte le nazioni che vogliono esprimere la propria forza si richiamano all’antica Roma, al suo esercito utilizzando le aquile. Ad esempio la Russia utilizza l’aquila bicipite come emblema fin dal 1497 (sarebbe troppo lungo scrivere della città di Mosca, la quale ritiene di essere a pieno titolo la terza Roma). L’aquila appare negli stemmi degli Asburgo, dei Romanov, di Napoleone, nel fascismo e nella bandiera albanese.
Bisogna dire che l’emblema della Repubblica Italiana non suscita lo stesso effetto di stupore e ammirazione creato dalle varie aquile, forse perché ormai non sappiamo più leggerlo.
L’emblema della Repubblica Italiana ha non a caso al proprio centro un simbolo fondamentale: la stella. Quella rappresentata è particolare, in quanto è la stella della dea Venere, un esplicito richiamo alla bellezza, presente a simboleggiare la terra italica fin dai tempi delle colonie della Magna Grecia. Presumo sia a tutti noto, forse dalla lettura dell’Eneide che Afrodite/Venere è la madre di Enea, da cui discendono Romolo e Remo, fondatori di Roma. Ogni simbolo rimanda sempre molteplici significati, a volte anche contradditori. Sotto la stella è stata spesso rappresentata una bella donna ad indicare allegoricamente l’Italia (generalmente con una corona turrita sul capo). La stella rossa assume però un significato opposto, tenebroso ed inquietante se associato alle lettere B.R (brigate rosse) ed iscritta in un cerchio.
Dietro alla stella di Venere appare una ruota dentata in acciaio. Quest’ultima rappresenta l’attività lavorativa, richiama il primo articolo della costituzione, (l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro) inoltre vuole ricordare un materiale (allora) moderno frutto della genialità e dell’intraprendenza dell’uomo: l’acciaio. Questo materiale è indistruttibile (o quantomeno all’epoca si riteneva tale), tanto che sia Superman sia Iosif (Stalin) condividevano lo stesso “titolo onorifico” di uomo d’acciaio.
La Stella e la ruota dentata sono affiancate, verrebbe quasi da scrivere “abbracciate” da due importanti simboli vegetali.
A sinistra è presente un ramo di ulivo, il quale simboleggia la volontà di pace della nazione, richiama l’articolo 11 della costituzione (L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli…).
Non proseguo oltre nella descrizione dei significati da attribuire alla pianta dell’ulivo, in quanto presumo siano a tutti noti, basti pensare a quanto questa pianta sia presente nell’intero bacino del Mediterraneo e dell’importanza che esso ha assunto nella religione cristiana.
A destra l’emblema presenta un ramo di quercia. Esso intende esprimere la forza e la dignità del popolo italiano. La mitologia ci ricorda come le querce fossero gli alberi su cui colpiva con maggior frequenza la folgore di Zeus, per questo l’albero è stato a lui dedicato. La clava di Ercole, suo figlio era formata da un nodoso e grosso ramo di quercia. Le foglie, rappresentate nell’emblema avevano la capacità di scacciare i demoni e di tenere lontani i serpenti. All’albero della quercia erano attribuite capacità magiche e divinatorie.
Unire i rami di quercia e di ulivo nell’emblema della Repubblica Italiana vuole inserire, avvolgere la nostra Repubblica sotto le proprietà magico curative delle due “migliori” specie arboree presenti nella nostra (questa volta veramente) plurisecolare tradizione culturale-geografica.
In basso i rami sono legati da un nastro rosso e la scritta Repubblica Italiana è in rilievo.
Mi auguro che questa lettura abbia aiutato a leggere meglio il nostro emblema.
Vista la giornata auguro buona festa della Repubblica a tutte le nostre lettrici e a tutti i nostri lettori
Come sempre chi desidera porre quesiti od esprimere osservazioni può scrivere al seguente indirizzo email: liberamenteeco@gmail.com