Aeroporto di Punta Raisi, 23 maggio 1992, h 17,25
” Benvenuto dottor Falcone, buongiorno dottoressa Morvillo”.
” Grazie Vito, ” malvenuto”, direi”.
” Ah ah sempre spiritoso, signor Giudice, allora se lei è d’accordo il solito ritornello, capo fila la sua Croma con l’autista, lei dietro con la dottoressa, subito dopo noi che la talloniamo come brave mosche tze tze e la terza macchina che chiude la fila…”
” Ok Vito ma se non ti dispiace questa volta propongo un piccolo cambiamento, vorrei guidare io”.
” Mmm sicuro Vossia? Veda che può essere pericoloso…”
” Ma no tranquillo, la copertura non cambia, è che ho bisogno di guidare un po’…”
” D’accordo dottore, ma non è che poi mi si dilegua?”
” Ah ah non credo, pensi faccia ” fuitina” con la dottoressa? Dai andiamo la so la lezione, guida veloce e costante, quattro frecce di imprevisto…”
Giovanni Falcone prende a braccetto la moglie, i due salgono in macchina. Ad attenderli sul sedile posteriore, l’assistente giudiziario Giuseppe Costanza, un uomo tracagnotto dai capelli cortissimi e il colorito acceso.
H 17,40: le auto procedono a velocità sostenuta, ogni tanto la Croma del Giudice rallenta e gli agenti che lo seguono imprecano in modo paterno: ” Uhmm chisto non l’ha inteso che non si rallenta…”
La macchina di Falcone è ovattata in un silenzio tranquillo. Il giudice ogni tanto si volta verso la moglie, Francesca gli sorride in modo rassicurante.
E’ più che mai sintonizzato con tutto ciò che lo circonda. Le colline spettinate dal vento si animano nel loro verde selvaggio, il riflesso liquido dell’asfalto inganna di refrigerio il caldo dell’abitacolo.
Ogni tanto, furtivo, lo sguardo del giudice pedina il cielo, come se cercasse un’ Alta Protezione. Giovanni si aggrappa a ogni scampolo di vita, ama tutti i dettagli di quell’esistenza fuggitiva, la bellezza intelligente di Francesca, il cartello pubblicitario di un agriturismo invitante.
Scherza con la moglie, le indica il tabellone: ” Una volta o l’altra ci andiamo eh?”
Ma tutto questo imbarazza l’autista Costanza, come se annunciasse qualcosa che li sovrasta, un destino che sfugge dispettoso.
Non ce la fa più, si schiarisce la voce. Poi:” Scusasse signor giudice posso farle una domanda?”
Falcone si volta, fa un cenno di assenso con la mano.
” Ecco dottore, mi chiedevo perché ha voluto guidare lei…”
Il giudice risponde un po’ trasognato. ” E’ sempre stato così…”, ma pare che parli con se stesso.
” Come? Non intesi…”
” Ah sì, scusami Giuseppe, è che sono un po’ immerso nei miei pensieri. Volevo dire che è sempre stato così anche nella mia vita, l’ho sempre voluta guidare io, anche se lo ammetto, qualche volta pure contro mano…”
” Dottore posso confidargli una cosa? Gli è che con mia moglie parliamo spesso di voi…e ci diciamo dove lo prende tutto questo coraggio il dottore Falcone e perdoni l’impertinenza, ma certe volte così per babbiare, pensiamo che vossia non è umano ma forse un po’ come dire “marziano”…”
” Ah no, tranquillizzati Giuseppe, sono umano, anzi un umano con tanti difetti e preoccupazioni. E quante volte mi sgrido da solo sai? Perché ogni tanto la sogno una vita diversa, insomma invidio tutti quelli che possono andare liberamente al cinema o al supermercato, senza questa zavorra di pensieri e precarietà, e perdonami, pure senza l’incubo di essere tallonato dalle vostre amabilissime mitragliette…”
” E allora, sempre mi scusasse, chi glie lo fece fare di sacrificarsi a chista maniera, insomma ogni tanto non gli viene voglia di mollare…”
Falcone si incupisce, sospira. Lancia ancora uno sguardo di tenerezza a Francesca, lei gli accarezza la nuca. ” Vedi Giuseppe tu prima parlavi di coraggio. Ebbene per me coraggio non significa essere incoscienti, insomma non sentire la paura, ma semmai conviverci e soprattutto insistere nell’essere se stessi e in questo, ti sembrerà strano, c’è in fondo un certo libero arbitrio”.
” Non compresi… “
” Ah dai non ti preoccupare, volevo dire che nella vita la scelta forse più complicata, e’ quella di essere se stessi, fino all’ultimo, fino in fondo… “
” Mi perdoni ancora, ma tutto questo non porta solitudine?”
” Sì lo so e guarda anche questo fatto della solitudine per la verità non mi ha mai pesato troppo. In fondo anche nei momenti più drammatici, penso all’ Addaura, non mi sentivo solo, avevo pur sempre Francesca, gli amici, Paolo in particolare. E poi in ogni caso, penso che anche in questa solitudine ci si possa fortificare, lenire le tristezze, smorzare i rancori. D’altronde è meglio non averli certi ” amici”, se questi magari alla prima occasione, al primo desiderio che non esaudisci, ti voltano le spalle e ti colpiscono a tradimento… “
Nella Croma cala di nuovo il silenzio ma è un silenzio più cupo di quello iniziale. Costanza tossicchia imbarazzato, scuote la testa.
E in quel momento Giovanni si sente effettivamente solo. Teme che l’autista non abbia compreso il senso delle sue parole, ma non glie ne fa certo colpa. Allora si aggrappa di nuovo con lo sguardo a Francesca, sente di amarla profondamente. Ma la forza di quel sentimento non riesce a sprigionarsi come vorrebbe, soffocato com’è dalla tensione dell’abitacolo.
H 17,50: il bivio per Capaci appare in lontananza, come una meta ingannevole. Dall’auto di dietro l’agente Schifani si agita dal finestrino, bisogna accelerare, quell’andatura non va bene, è stranamente troppo flemmatica.
Nella Croma il silenzio diventa claustrofobico, Costanza si sente in trappola come in un ascensore bloccato. Cerca di liberarsi da quella cappa con un’ultima domanda: ” Mi scusi dottore ma lei non ha paura di morire?”
Falcone trasecola. Ma subito dopo reagisce con una risata. “Ah ah certo non sono mica Terminator! Ma tutti dobbiamo morire caro Giuseppe ed è proprio questa certezza che dà senso alle nostre vite, anzi la sai una cosa? Per me dovremmo educarci alla Morte sin da giovani, e tutto questo senza mai pensare di essere unici o insostituibili, perché noi possiamo anche morire ma le nostre …
“FRANCESCA! “
H 17, 55
Caro giudice Falcone,
sono passati tanti anni da quella che è stata anche un'” esplosione” delle nostre coscienze. Ma, credimi, da quel giorno non si è mai spenta, anzi risuona sempre alta la nostra voce indignata. Non dimenticheremo mai il Tuo Sacrificio, quello di Francesca Morvillo, del Tuo amico Paolo Borsellino e dei poveri ragazzi delle scorte.
La comunità degli italiani onesti.