Le ragioni che hanno provocato la crisi di governo si comprenderebbero al meglio se si uscisse dal chiacchiericcio politicista dell’autoconservazione e si ponessero di fronte all’opinione pubblica i temi di fondo che dovrebbero essere affrontati, giudicando l’azione dell’attuale esecutivo del tutto insufficiente e soprattutto minata alla base dal fatto dell’essere sorto, estate 2019, da una clamorosa operazione trasformistica:
1) Appare del tutto incerta se non inesistente la collocazione internazionale dell’Italia nel momento in cui si stanno verificando due avvenimenti di vero e proprio mutamento di scacchiere: l’insediamento del governo democratico negli USA e la Brexit. Due fatti che, ad occhio e croce, paiono preludere a un tentativo di ripresa del cosiddetto “ciclo atlantico” in un quadro internazionale assolutamente diverso e molto più complesso sia rispetto alla fase storica del “bipolarismo”, sia a quella della “fine della storia” e degli USA “poliziotto del mondo, esportatori di democrazia” e ancora della fase della “globalizzazione” più o meno selvaggia cui tutti – alla fine – si sono adeguati;
2) La collocazione internazionale dell’Italia non potrà fare a meno di far parte di un posizionamento europeo e, ancor più specificatamente mediterraneo laddove potenze come Turchia, Russia, Egitto (tre Paesi a guida autocratica) stanno spostando le loro sfere di influenza cercando di accrescerle (Libia, Siria, ecc.) anche in contrasto tra di loro e con un sistema “mobile” di alleanze;
3) Sul piano interno è totalmente assente un’analisi della nuova qualità delle contraddizioni anche dal punto di vista delle divisioni “storiche” del Paese sul piano economico , della struttura sociale, delle fratture geografiche;
4) E’ urgente rovesciare l’impostazione basata sui principi assistenzialistici cari al partito di maggioranza relativa. I temi della struttura industriale, delle infrastrutture, della modernizzazione delle vie di comunicazione, dell’ambiente, debbono far parte di un grande progetto non semplicemente destinato alla modernizzazione capitalistica o all’egoismo localistico, ma impostato sul terreno della programmazione e dell’intervento pubblico in economia. Riassunto all’osso deve emergere il quadro di un’idea di Stato nell’economia e nella società . Un’idea, una visione da da presentare nell’occasione del Recovery Plan, in luogo – come sta avvenendo – dell’assemblaggio di vecchie carte uscite dai cassetti. I progetti di trenta – quarant’anni fa (l’Albenga – Predosa per restare in Liguria) non sono più adeguati alla realtà di oggi. Inutile ricordare, anzi quasi pleonastico perché apparirebbe semplicemente un allinearsi alla moda, come la questione della sanità debba far parte integrante e non marginale di questo rovesciamento di impostazione. Questione della sanità da affrontare su due piani: quello del rapporto pubblico/privato e quello della relazione centro/periferia;
5) Esiste, infine, la necessità di rivedere profondamente il quadro di relazione istituzioni/rappresentanza sociale e politica. Personalizzazione, uso spregiudicato della comunicazione di massa, riduzione dell’agire politico alla governabilità. Distruzione del sistema dei partiti, accentramento nell’esecutivo delle funzioni legislative, accantonamento dei corpi intermedi: si tratta soltanto di alcuni degli argomenti che dovrebbero comporre una riflessione collettiva che, a sinistra, dovrebbe anche far parte di un ragionamento molto più ampio. Ragionamento da sviluppare al riguardo dell’assenza di una soggettività organizzata rappresentativa delle istanze concrete nell’attualità e della storia del movimento dei lavoratori, delle forze di progresso, di un effettivo radicamento sociale misurato ben oltre i social network . La profondità di radicamento sociale, la capacità di esercitare una funzione di pedagogia di massa dovrebbero rappresentare la base per costruire una nuova soggettività organizzata della sinistra, sulla base del quale cercare di realizzare una crescita collettiva prima di tutto posta sul piano etico e morale