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La Maledizione del Sanatorio di Valledrane: La Scomparsa e il Ritorno

Prologo

Il Sanatorio di Valledrane, un edificio mastodontico immerso tra le montagne della Lombardia, sorgeva silenzioso e inquietante, nascosto da una nebbia persistente che sembrava incastonarlo in un tempo sospeso. Abbandonato da decenni, il sanatorio aveva raccolto attorno a sé leggende macabre e storie di fantasmi. I locali evitavano anche solo di nominarlo, e chi si trovava a passare da quelle parti accelerava il passo, come se la stessa aria fosse avvelenata da una presenza oscura.

Negli anni ’70, un gruppo di sei amici, Marco, Simone, Jury, Marco P., Nicoletta e Sara, decise di sfidare quelle leggende, attratti dall’adrenalina e dall’inquietudine che prometteva quell’avventura. Erano cresciuti ascoltando racconti terrificanti sull’ex “Sanatorio 28 Ottobre”, inaugurato durante il regime fascista nel 1928, un luogo dove centinaia di bambini affetti da tubercolosi venivano curati, o almeno così si diceva. Tuttavia, le storie che circolavano parlavano di ben altro. Parlavano di esperimenti, di follia, di morti inspiegabili, e di un medico, il dottor Martini, che aveva sacrificato tutto, persino la sua sanità mentale, nel tentativo di salvare sua figlia Alice.

Da sinistra a destra, Nicoletta, Marco, Jury,Marco P., Simone e Sara

Quel luogo era maledetto. E loro, spinti da un’insaziabile curiosità, decisero di esplorarlo.

L’origine del male

Il Sanatorio di Valledrane era stato costruito durante una delle peggiori epidemie di tubercolosi della storia italiana. La malattia falciava la vita di migliaia di persone ogni anno, specialmente dei bambini, e per questo motivo il regime fascista aveva promosso la costruzione di colonie e sanatori in tutto il paese, e Valledrane, con il suo clima mite e soleggiato, sembrava un luogo perfetto per costruire uno di questi centri di cura. Ma mentre per molti bambini il sanatorio rappresentava l’unica speranza di sopravvivenza, per altri sarebbe diventato una prigione mortale, un luogo di sofferenza senza fine.

Tra le storie più inquietanti legate al sanatorio, spiccava quella del dottor Eugenio Martini, un brillante medico tisiologo. Martini era rispettato e ammirato per la sua dedizione, ma dietro la sua facciata professionale si nascondeva un’ossessione perversa, quella di salvare sua figlia Alice dalla tubercolosi. Alice era una bambina fragile, che amava le bambole e i fiori, e che trascorreva lunghe ore a giocare nei giardini del sanatorio prima che la malattia la consumasse lentamente. Quando le cure tradizionali fallirono, Martini si spinse oltre ogni limite etico.

Sperimentò su altri bambini,  bambini deboli e malati, che venivano portati nel sanatorio con la speranza di guarire. Furono invece sottoposti a esperimenti crudeli, infatti il dottore cercava di trasferire la coscienza della figlia Alice in un corpo sano, tentando di fermare la morte stessa. Ma l’esperimento finale fallì in modo orribile. Alice non sopravvisse e, con la sua morte, qualcosa di oscuro e innaturale si liberò nel sanatorio.

Dopo la sua morte, la bambola preferita di Alice,  una figura di porcellana con grandi occhi vuoti e un abito candido , divenne l’oggetto delle superstizioni più macabre. Si diceva che lo spirito della bambina non avesse mai lasciato il sanatorio e che si fosse reincarnato nella bambola, attendendo nell’ombra il momento di possedere una nuova anima.

La scomparsa del 1974

Nella calda estate del 1974, il gruppo di amici decise di esplorare l’inquietante sanatorio. Le storie che avevano sentito sul luogo erano irresistibili. Quella notte, l’aria era densa e l’oscurità sembrava più profonda del solito, mentre il vento si insinuava tra le rovine del sanatorio, producendo suoni inquietanti simili a sospiri umani. Con torce in mano e cuori che battevano forte, i sei amici attraversarono il vecchio cancello arrugginito, le cui catene si spezzarono con un clangore sinistro che sembrava l’eco di un altro tempo.

Appena dentro, il sanatorio li accolse con un silenzio opprimente, il legno dei pavimenti scricchiolava sotto i loro passi, e l’aria era impregnata di muffa e di un odore metallico, come se il sangue antico di chi aveva sofferto lì fosse ancora sospeso nell’atmosfera. Le pareti, crepate e annerite dal tempo, sembravano osservare i loro movimenti, mentre ombre lunghe e deformi si allungavano sui muri.

 

Il gruppo decise di esplorare le vecchie camerate, dove un tempo i bambini malati riposavano nelle lunghe ore del giorno, aspettando con speranza di guarire. Tuttavia, mentre si addentravano sempre più nelle viscere del sanatorio, gli eventi iniziarono a prendere una piega spaventosa. Marco fu il primo a notare una strana sensazione, come se qualcosa lo stesse osservando, sentiva il peso di occhi invisibili che lo seguivano, ma ogni volta che si voltava non trovava altro che il buio.

Poi arrivarono i sussurri,  all’inizio, erano appena udibili, lievi, come un respiro appena accennato, ma presto divennero più chiari, più vicini. Parlavano di Alice, chiamavano il suo nome ripetutamente.  Nicoletta cominciò a sentire una presenza gelida accanto a sé, una mano invisibile che le accarezzava i capelli, un tocco così reale da farla sobbalzare, ma quando urlò, tutti si fermarono, terrorizzati.

Simone trovò una vecchia cartella clinica, ingiallita dal tempo, il nome di Alice era scritto in alto, e le annotazioni mediche erano strazianti, “Soggetto in stato avanzato di deterioramento.

Nessuna risposta alle cure convenzionali.

nizio dell’esperimento trasfusionale… fallimento.”

Accanto, un disegno infantile, una bambina con una bambola,  era il ritratto di Alice.

Lentamente il gruppo si rese conto di essere intrappolato, le porte, che prima si aprivano facilmente, ora erano sigillate, come se l’edificio stesso si fosse chiuso intorno a loro. Dalle finestre non si scorgeva più il mondo esterno, Il sanatorio li aveva inghiottiti.

La bambola di Alice, quella che avevano letto nelle leggende, apparve infine nella sala operatoria, immobile, con i grandi occhi di porcellana spalancati, la bambola sembrava emanare una strana energia. Nessuno osava toccarla, ma tutti la sentivano, era come se il male avesse preso forma fisica in quell’oggetto innocente.

Le visioni divennero più intense, Marco P. iniziò a parlare con qualcuno che nessun altro poteva vedere.

“Alice è qui,” diceva, con gli occhi sbarrati,

“Sta venendo per noi.”

Poi, senza preavviso, uno dopo l’altro, i sei amici scomparvero. Nessuno di loro fu mai più visto.

L’indagine di Lorenzo: Il ritorno nel 2024

Quarantasei anni dopo, nel weekend del 4-6 ottobre 2024, un esperto investigatore del paranormale di nome Lorenzo, noto per le sue indagini su luoghi infestati, decise di tornare al Sanatorio di Valledrane per scoprire la verità sulla scomparsa del gruppo di amici. Lorenzo non era un semplice curioso, era uno studioso determinato a far luce su un luogo che aveva tormentato la sua mente per anni.

Insieme a un gruppo di specialisti, Lorenzo entrò nel sanatorio con attrezzature avanzate, telecamere a infrarossi, registratori EVP e sensori di movimento. Sapeva che nessuna tecnologia sarebbe stata sufficiente per spiegare ciò che stava per incontrare. La nebbia avvolgeva ancora l’edificio come un sudario, la stessa aria sembrava opporsi al loro ingresso, come se il sanatorio li volesse allontanare.

Appena entrati, le sensazioni di disagio furono immediate, l’atmosfera era elettrica, densa di tensione. I medium percepivano una presenza potente, qualcosa di antico e oscuro, che li osservava dalle ombre. Mentre si addentravano nei corridoi, le telecamere iniziarono a malfunzionare, catturando solo frammenti di immagini, ombre che si muovevano troppo velocemente per essere umane, sussurri di voci spezzate, urla soffocate nel silenzio.

Sanatorio Oggi

Nella cappella, durante una sessione di EVP, i ricercatori registrarono una voce di bambina che diceva:

“Alice… voglio giocare…”.

La voce era seguita da risate, fredde e distorte, che fecero rabbrividire tutti.

Nel cuore della notte, Lorenzo vide quello che temeva di più, la bambola. Immobile in un angolo della stanza, la bambola di Alice fissava il vuoto, ma lui poteva sentire la sua presenza,  era come se lo spirito della bambina fosse ancora lì, cercando una nuova vittima.

Le presenze si fecero più aggressive, tavoli che si sollevavano da soli, porte che sbattevano violentemente. Lorenzo sapeva di non avere più tempo qualcosa, o qualcuno, voleva tenerli lì.

Con il terrore che cresceva tra il suo gruppo, Lorenzo prese la decisione di abbandonare l’indagine il sanatorio non era un luogo che poteva essere sfidato senza conseguenze.

Epilogo

Nonostante le prove raccolte come voci, immagini disturbanti, movimenti inspiegabili, nessuna risposta definitiva è emersa. Il Sanatorio di Valledrane rimane avvolto nel mistero, ancora infestato dalle presenze oscure. Si dice che lo spirito di Alice sia ancora lì, nascosto nella sua bambola, in attesa della prossima anima che oserà avventurarsi tra quelle mura.

Il Sanatorio di Valledrane è un luogo da cui non si ritorna mai davvero. Chiunque entri lascia una parte di sé lì, intrappolato nell’eterno incubo di un passato che non vuole essere dimenticato.

Nelle prossime settimane pubblicheremo le foto e i video di questa esperienza paranormale condotta da Lorenzo.

MARCO PILLA
Marco Pilla nasce a Pavia il 24/09/1981 da famiglia d’alta borghesia, tra i quali il nonno materno Cremonesi Vincenzo, vecchio forgiatore, dal quale apprenderà l’antica arte della manipolazione dei metalli. Sin da adolescente si distingue dai suoi coetanei per la sua capacità manuale, creando i suoi primi oggetti in ferro ,tutto ciò sempre sotto la stretta osservanza del nonno. “Da quando ero ragazzino ad oggi non e cambiato nulla sen non l’aspetto fisico, ho sempre la stessa voglia di fare e di scoprire cose nuove per questo spesso sono in volo per il mondo. Questi miei continui viaggi ,mi danno la possibilità di apprendere in continuazione informazioni che permettono alla mia persona di aumentare sempre di più il bagaglio tecnico/culturale, anche perché io credo, anzi ne sono convinto, che all’interno di ogni essere umano ci sia una sorta di libreria, e che ognuno di noi abbia il dovere di riempirla nell’arco dei suoi giorni il più possibile, per se e per le persone che lo circondano.” Iscritto nel registro dei periti araldici presso la commercio di Pavia, iscrizione n. 253 dell’11.1.2021 C.T.U. presso il tribunale di Pavia in genealogia e scienze documentarie https://www.tribunale.pavia.giustizia.it/it/Content/Ctu?professione=-1&specializzazione=110332&idCP=85691 Inserito nella sezione artisti della celebre “Tota Pulchra”, associazione di promozione sociale, nata l’8 maggio del 2016 da un’idea di Monsignor Jean-Marie Gervais, Presidente della stessa Associazione e Prefetto Coadiutore del Capitolo Vaticano. https://totapulchra.org/index.php/chisiamo/artisti/781-marco-pilla

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