In tutto l’Occidente, i primi vent’anni del XXI secolo sono stati segnati da una serie di movimenti di protesta e manifestazioni di frustrazione collettiva: dal movimento no-global d’inizio anni 2000 a quello no-vax durante la pandemia di COVID-19, passando per il «Vaffanculo-Day» di Beppe Grillo, gli Indignados spagnoli, Occupy Wall Street, il voto per la Brexit, l’elezione di Donald Trump, i Gilets Jaunes francesi e le proteste legate a #MeToo e #BlackLivesMatter. Ciascuno di questi eventi ha ovviamente una storia particolare, ma c’è anche un filo rosso che li unisce: la rabbia nei confronti delle istituzioni. Ma come si spiega questa animosità crescente, dati i livelli di benessere materiale e di diritti acquisiti storicamente senza precedenti? Ridurre la rabbia odierna a un’espressione di emotività irrazionale o all’ignoranza delle masse, è un errore. Per uscire dal vortice in cui siamo caduti è necessario comprenderne le ragioni. Nel fornire un’interpretazione di ciò che Hegel avrebbe chiamato lo Zeitgeist, cioè lo «spirito del tempo», Vent’anni di rabbia propone una rilettura storico-filosofica degli ultimi due decenni che apre nuove prospettive di azione sul futuro.
L’autore, Carlo Invernizzi Accetti, Professore di Scienze Politiche presso la City University of New York, ne parla con Pamela Pansardi, Professoressa Associata dell’Università di Pavia e Fabio Rugge, Professore Emerito, già Rettore, dell’Università di Pavia