Cronaca

Israele versus Palestina: Storia, non tifoserie

Intervento dello scrittore Fabrizio Uberto

In questi giorni tragici non solo per il Medio oriente, ma anche per la collettività internazionale che sembra risucchiata nel vortice infantile del battibecco tra tifoserie, sento l’esigenza di ricostruire per sommi capi e il più oggettivamente possibile, l’annosa vicenda delle relazioni tra Israele e Palestina.
Dopo il terribile genocidio del popolo ebraico consumatosi durante la seconda guerra mondiale, L’Onu, sulla spinta di un desiderio generale di risarcimento, nel 1947 adotta la decisione di dividere il territorio sito tra la regione attualmente occupata da Israele e la allora Transgiordania ( ora Giordania), in due Stati: quello ebraico che avrebbe posseduto il 55 per cento dei territori e quello ” Arabo-Palestinese”, che avrebbe usufruito del restante 45 per cento. Ma i Palestinesi, spronati dagli Stati arabi, disconoscono questa risoluzione dell’Onu e danno il via ad attacchi per cacciare gli Ebrei dal loro territorio.
Nel 1948 l’allora Presidente di Israele Ben Gurion proclama comunque la nascita dello Stato Ebraico. Senonché ben sei eserciti della Lega Araba ( tra cui Libano, Egitto, Arabia Saudita ed altri), attaccano Israele, con l’intento di sopprimerlo una volta per tutte.
Quest’ultimo, pur non disponendo di un esercito ancora attrezzato, respinge l’offensiva e conquista ulteriori territori ( Gaza, il deserto del Negev e la Galilea). Da qui inizia l’esodo dei profughi palestinesi che  riparano soprattutto in Cisgiordania e in Libano, mentre migliaia di Ebrei si rifugiano entro i confini di Israele, dando vita così ad un esodo incrociato.
Gli Stati Arabi non riconoscono il nuovo assetto: Israele lascia alcuni territori occupati in seguito alla guerra, che potrebbero costituire il nuovo Stato Palestinese, Ma neppure questa volta si concretizza questa possibilità, perché l’Egitto invade Gaza, la Transgiordania occupa la Cisgiordania e diventa il regno di Giordania insieme a Gerusalemme Est.
Per circa vent’anni questi territori restano annessi ai due Paesi Arabi.
Nel 56 il nuovo Dittatore dell’Egitto Nasser mira a nazionalizzare il canale di Suez, per disarmare commercialmente Israele. Quest’ultimo, con l’ausilio dei suoi alleati occidentali, si oppone a tale disegno, sconfiggendo l’esercito di Nasser e liberando Suez.
E veniamo alla cosiddetta” guerra dei sei giorni”.
Nel 67 quasi tutti gli Stati Arabi attaccano ancora una volta Israele, con l’intento di annientarlo, ma lo stato Ebraico grazie alla sua incisività e sapienza militare, riesce a spuntarla e a vincere la guerra.
Israele però approfitta di questa vittoria, per espandersi in Cisgiordania, a Gaza e nel Sinai fino a Sharm El Sheik, comprese le alture del Golan. Occupa militarmente queste terre ma non le annette, proponendole di cederle agli Arabi in cambio della pace e ad un pieno riconoscimento della sua esistenza. Arabi e Palestinesi non accettano questo patto e iniziano a confliggere tra loro. In particolare ( siamo nel 70), la Giordania stermina migliaia di palestinesi dell’OLP.
Nel 73 scoppia la guerra del Kippur. Gli ebrei ( proprio nei giorni in cui festeggiano l’omonima festa) vengono di nuovo attaccati dagli eserciti degli Stati Arabi ( Egitto e Siria, con il supporto di tutti gli altri). All’inizio in difficoltà, Israele lancia una controffensiva grazie in particolare a un Generale, Ariel Sharon, che riesce a portarsi con le sue truppe a ridosso del Cairo. A questo punto viene concordato un armistizio. Ma gli Stati arabi rifiutano di negoziare e di accettare la restituzione delle zone occupate, in cambio della Pace; ciò nonostante Israele si ritira unilateralmente dai nuovi territori, mantenendo quelli acquisiti nel 67.
Nel 78 l’Egitto, grazie al suo nuovo Presidente Sadat, conclude un accordo negoziale con la controparte ebraica e favorisce la cosiddetta” pace di Camp David”, stipulata tra Begin ed Arafat, in base alla quale Israele restituisce i territori occupati all’Egitto ( Sinai e gli altri, tranne Gaza che gli Egiziani non vogliono). Nell’82 i palestinesi dell’Olp si insinuano nella guerra civile libanese tra le milizie sciite, sunnite, druse e cristiano-maronite. La Siria invade il Libano per cacciare i Palestinesi e Israele attaccato da sud dai primi, occupa a sua volta il Libano. In questo contesto si consuma la vergognosa strage nei campi di Sabra e Chatila: un commando filo-siriano uccide il neo Presidente cristiano del Libano Gemayel e i cristiano- maroniti entrano nei predetti campi profughi, trucidando senza alcuna distinzione, terroristi e migliaia di innocenti civili.
Sharon viene processato in Israele, con l’imputazione di non essersi attivato per impedire quella strage. Ma il Libano non si normalizza, perché da Sud arrivano gli Hzebollah, la Milizia “Partito di Dio”, finanziata dall’Iran, che strumentalizza lo stesso Libano per attaccare nuovamente Israele. Nell’ 87, anche in seguito all'”Intifada”, sollevazione palestinese contro Israele, nasce Hamas, organizzazione politico-militare sunnita, con base a Gaza, con un duplice volto: pubblico, con il quale chiede la restituzione di tutti i territori occupati ( compresi quelli israeliani) e attiva in quella zona servizi scolastici e sanitari; segreto, in quanto compie e rivendica attentati Kamikaze compiuti contro obiettivi israeliani.
Si arriva al 93. Ad Oslo il premier israeliano Rabin e il leader palestinese Arafat firmano un accordo negoziale, in base al quale l’Olp rinuncia al terrorismo e riconosce Israele, e quest’ultima riconosce a sua volta l’Olp e il diritto dei palestinesi di avere un loro Stato in gran parte della Cisgiordania e in tutta Gaza.
Purtroppo però nel 95 un fanatico ebreo uccide Rabin.
Dopo il breve interregno del già allora ” nemico della pace” Netanyahu, che si dimette per corruzione, le elezioni israeliane consacrano la vittoria del progressista Barak che nel 2000 a Camp David negozierà con Arafat un possibile accordo, sulla carta molto favorevole ai palestinesi. Infatti vi si riconosce la possibilità di creare uno Stato Palestinese con Gerusalemme est capitale, in buona parte della Cisgiordania e a Gaza. Ma Arafat rifiuta l’offerta, senza avanzare controproposte, gli accordi sfumano e il leader OLP si avvia sul viale del tramonto.
E arriviamo al 2001. Sharon vince le elezioni come nuovo Capo del Likud. Sorprendentemente decide di ritirare le truppe da Gaza e caccia gli 8000 coloni che vi si erano insediati. Accetta il principio dei due popoli in due Stati ma il suo partito lo considera un traditore. L’ex Generale allora esce dal Likud e fonda una nuova formazione politica ” Kadima”, favorevole ( in accordo con il laburista Shimon Peres) a riproporre gli accordi di Oslo. Un ictus però riduce in stato vegetativo Sharon e fa tramontare qualsiasi prospettiva negoziale.
Netanyahu ritorna al Potere e ha un unico progetto: sabotare completamente gli accordi di pace, incoraggiare di nuovo gli insediamenti ebraici in Cisgiordania, nonché appoggiare Hamas per colpire i palestinesi moderati dell’Olp e l’autorità di Abu Mazen.
Il leader del Likud si rivela una carta disastrosa per Israele: oltre a proporre una riforma della giustizia che ha il solo scopo di mantenerlo al Potere nonostante le nuove accuse di corruzione, firma gli accordi di Abramo con il Barhein e gli Emirati arabi uniti ( che accantonano completamente la problematica palestinese).
Lo stesso Netanyahu concentrando l’esercito israeliano a fare la scorta ai coloni, a Nord e al Centro del Paese, lascia sguarnito il fronte sud di Gaza, dando il via libera alla mattanza perpetrata il 7 ottobre da Hamas.
Il resto è storia di questi giorni: all’ignobile carneficina di civili perpetrata da Hamas, fanno seguito i bombardamenti indiscriminati su Gaza da parte da Israele e l’uccisone di migliaia di innocenti ( tra cui moltissimi bambini). Di questi crimini di guerra, Israele e il suo scellerato leader dovranno rispondere davanti alla comunità internazionale.
Al netto di ciò, dalla predetta ricostruzione storica si evidenziano alcune costanti. La volontà di diversi Sati arabi di annientare Israele ( ben incarnata dalle tre guerre scatenate contro quello Stato), la tendenza di quest’ultimo ad espandersi dopo aver vinto la guerra, la mano tesa di alcuni governi israeliani verso i palestinesi e gli ingiustificati dinieghi dei leader di questi ultimi. E ancora: una sostanziale indifferenza degli stati arabi rispetto al problema palestinese, nonché la cecità e la violenza con le quali la destra israeliana ha sempre considerato la causa della controparte. Ebbene finché queste pulsioni resteranno, continueremo ad assistere a massacri di innocenti e nessun passo verso la pace e il riconoscimento di uno Stato Palestinese, potrà essere seriamente compiuto.

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