Chi non ha mai sofferto di mal di schiena?. Chi non è mai andato in panico, con la schiena dolorante, all’idea di doversi piegare per raccogliere, ad esempio, una penna?. Chi si è sentito tutto dolorante senza una specifica causa fisica?. Lo sapete che il nostro cervello riesce ad essere influenzato dalla percezione del dolore anche dopo che la lesione fisica è guarita?. Questo perché? Perchè ci si focalizza sul rischio di ulteriori lesioni fisiche o dolore estremo e il cervello riceve messaggi di “catastrofizzazione” del dolore al di là dell’evento fisico.
Stiamo parlando del dolore cronico che è stato riconosciuto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come uno dei maggiore problemi mondiali di salute pubblica in generale. Interessa trasversalmente tutti e a qualunque età. Ci tenevo a scrivere su questo problema perché manca ad oggi una cultura sul tema del dolore cronico che ci permetta di usufruire tempestivamente di percorsi, di diagnosi e cure che non siano le eccessivi dosi di antidolorifici di cui abusiamo tutti. Sono proprio le conseguenze di un eccessivo uso e dipendenza da analgesici che hanno spinto i ricercatori a ricercare approcci alternativi e anche farmaci alternativi. Molte volte persino lo specialista non riesce ad individuare una causa specifica del dolore e non sa che approccio terapeutico percorrere. Eppure anche in questo caso parliamo di dolore cronico senza che ci sia una precisa lesione fisica.
In Italia una 1 persona su 5 soffre di dolore cronico e questo ha risvolti invalidanti da un punto di vista fisico, psichico e relazionale. Il 90% dei casi è trattabile e curabile, ma non tutti sono a conoscenza delle cure disponibili. Sono 10 anni che è stata approvata una Legge, la 38/2010, che impegna il sistema a occuparsi di cure palliative (CP) e terapie del dolore (TP), in tutti gli ambiti assistenziali, in ogni fase della vita e per qualunque patologia ad andamento cronico ed evolutivo.
La Terapia del Dolore è praticata prevalentemente da un medico anestesista ed è per questo che ho rivolto alcune domande al Dott. Luca Ferrero, specialista in Anestesia e Rianimazione a Torino, altamente qualificato nella terapia del dolore e uno dei maggiori esponenti della stessa in Italia.
Dott. Luca Ferrero lei usa spesso affermare questo mantra ai suoi pazienti: “sconfiggiamo insieme il dolore per raggiungere un equilibrio totale del corpo e vivere in salute e serenità”
“Una delle mie battaglie più importanti è quella di poter portare il dolore dei miei pazienti a livello zero, non soltanto attraverso cure e innovazioni scientifiche, ma anche attraverso la rielaborazione del dolore a livello mentale. Ad esempio mi succede di avvalermi di trattamenti psicologici soprattutto nel caso del dolore cronico. Traumi, pressioni, abusi, emozioni di rabbia e vergogna, possono essere anche un fattore scatenante del meccanismo di allarme del cervello che sintetizza nel dolore fisico. Quando tratto il problema del dolore cronico, la mia asticella è fissata molto in alto, più di quanto la normale medicina lo sia oggi. Moltissimi insegnano a convivere con il proprio dolore cronico, mentre per me è importante eliminare la cosiddetta “sindrome di catastrofizzazione ” o “disturbo post traumatico da stress”. In questo modo possiamo agire in modo proattivo su quei pazienti in cui il dolore nelle fasi iniziali rischia di diventare cronico.”
Che cosa è la medicina del dolore e in che cosa consiste la terapia del dolore?
“Le persone che manifestano dolore cronico devono essere curate in modo coordinato e specialistico come succede per tutte le altre patologie croniche. Ecco perché viene definita la medicina del dolore, perché integra e promuove diverse specialità e percorsi di cura sul paziente in modo proattivo e preventivo. Il dolore è sempre diviso in almeno 3 componenti perché non esiste un dolore puramente fisico; dobbiamo parametrarci con la parte fisica o somatica, con quella cognitiva e con quella emotiva. Non si deve sopprimere totalmente il dolore perché è proprio lui il segnale d’allarme che il cervello ci invia per dirci che qualcosa non sta andando, ma possiamo gestirlo per non cronicizzarlo. Inutile dire che chi soffre di dolore cronico ha spesso una forte componente cognitiva ed emotiva. Quindi dolore continuo che crea stress e disabilità, i quali di conseguenza aumentano il dolore. Come lei ha giustamente citato, è in questa Legge 38/210 il punto focale del tutto. L’attuazione di questa Legge riguarda pazienti di malattie reumatiche, oncologiche, dalle cefalee alle patologie neurodegenerative. La lotta al dolore non deve essere riservata a pochi, ma deve essere impegno di tutte le specialità mediche per fornire percorsi chiari, dare ascolto e informazione al paziente per potersi curare. La centralità della questione per me è che deve essere un diritto irrinunciabile quello di non soffrire.”
Per Terapia del Dolore cosa intendiamo?
“La Terapia del Dolore riconosce, valuta e tratta nel modo più specifico il dolore di tipo cronico con terapie e trattamenti alternative alla farmacologia classica con i famosi FANS (Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei). Con la Terapia del Dolore o algologia, io intendo quei trattamenti terapeutici e scientifici riservati ai dolori acuti e cronici benigni e neoplastici. In questa branca della medicina si alternano visite ambulatoriali per infiltrazioni altangiche, peridurali, intrarticolari, mesoterapia, agopuntura e ossigeno ozono terapia in sinergia con terapie farmacologiche specifiche che prevedono anche l’utilizzo della cannabis. Altri percorsi di trattamenti della Terapia del Dolore devono essere invece eseguiti in sala operatoria perchè sono cure che esigono il massimo livello di sterilità e di un controllo radiologico durante la procedura. Questi trattamenti hanno grande soddisfazione per il paziente da un punto di vista fisico ed emotivo.”
Lei ha citato la Cannabis tra le varie terapie e la domanda d’obbligo è che cosa si intende la cannabis per uso terapeutico?
“La prima documentazione in cui si cita l’uso terapeutico della cannabis risale a circa 3000 anni fa e la si trova nei testi medici cinesi. Queste proprietà sono state, nel corso del tempo, confermate da numerosi studi e prove cliniche dalla medicina occidentale, fino ad oggi. In Italia, come è riportato dal Ministero della Salute, la cannabis per uso terapeutico può essere prescritta solo dal medico e solo nel caso che i trattamenti convenzionati non diano risultati soddisfacenti o non sono più sufficienti a controllare i sintomi indotti dalle suddette patologie. I farmaci oppiacei nel trattamento delle patologie dolorose sono per me strumenti terapeutici d’elezione e in Italia restano sotto impiegati e indebitamente screditati da episodi di abuso negli USA. Dobbiamo tornare, grazie anche alla Legge 38, a dare importanza all’uso di farmaci oppiacei nella terapia del dolore cronico, sgombrando così il campo da falsi miti. Se il loro impiego è appropriato e monitorato da medici specialisti non si incorre in alcun rischio. Invece il loro mancato utilizzo nel trattamento dei pazienti, sottrae gli stessi ad una cura utile per raggiungere un equilibrio psicofisico, e li fa continuare a vivere in uno stato di sofferenza inutile e disabilità. La via che dobbiamo per correre è quella che sta in equilibrio tra l’abuso e il non uso”.
Virginia Sanchesi
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