DI SILVANO MOLINAS
Le zuppe con i ceci a Milano, Pavia e Genova, i fagioli con le cotiche a Cremona e a Lodi, In diverse parti d’Italia i legumi sono protagonisti della tavola del 2 novembre. Una consuetudine antichissima, quella di associare ceci e fave al mondo dei defunti, che era già presente in epoca greca e romana: le popolazioni ioniche, prima del VII secolo a.C., credevano che durante la festa delle Antesterie – chiamata così perché cadeva nel mese di Antesterione, tra febbraio e marzo –, celebrata in onore di Dioniso, i morti tornassero sulla terra. Per permettere ai loro cari di rifocillarsi prima di far ritorno nell’aldilà, le popolazioni del tempo preparavano grosse pentole di ceci, fave e fagioli.
E ancora, i romani durante i banchetti funebri mangiavano fave, credendo che nel baccello giacessero le anime dei morti e che le loro lunghe radici collegassero il mondo dei vivi con quello sotterraneo. Il rito pagano fu ereditato dai cristiani, che erano soliti consumare le fave accanto alle tombe dei propri cari, durante le visite ai cimiteri del 2 novembre. Col tempo, nelle umili case dei contadini, si diffuse l’usanza di preparare per il giorno dei defunti zuppe e minestre di legumi, a cui le massaie aggiungevano po’ di carne e gli altri ingredienti della terra. Ecco una ricetta ligure.
La minestra di ceci alla genovese
È una ricetta ‘di magro’, senza carne ma resa molto saporita dai funghi. La suppa novembrinna o suppa di morti alla genovese si prepara lessando i ceci in acqua per almeno tre ore, poi aggiungendo, circa mezz’ora prima di terminare la cottura, un trito di cipolla, aglio e sedano, qualche fungo fresco o una manciata di funghi secchi fatti rinvenire in acqua tiepida, pomodori pelati e una foglia di salvia. Va servita caldissima con crostini di pane abbrustolito.