Il punto di BrunoPolitica

La manovra economica tra sogni svaniti e dura realtà

L’antica canzone di Cenerentola, ma anche il fondatore della psicoanalisi Sigmund Freud, sostenevano non solo che “i sogni son desideri di felicità”, ma anche che, se si dimenticasse il presente, “i sogni potrebbero diventare realtà”. Siffatte certezze non valgono per la dura realtà della economia e dei conti pubblici italiani e, tantomeno, per le mirabilie che abbiamo ascoltato nella recente campagna elettorale (aumento delle pensioni minime a mille euro, meno tasse per tutti con la flat tax, abolizione della Legge Fornero e altre diverse piacevoli promesse da marinaio). Sono bastate due settimane per far capire al Presidente del Consiglio Giorgia Meloni che governare la Nazione Italiana, è agli antipodi della faciloneria elettorale e che la “coperta” è  davvero corta.
Si motiva così, da un lato la riconversione “draghiana” della Meloni in economia; e la radicalizzazione degli annunci identitari e populisti dall’altro.  Nella Conferenza Stampa di presentazione della nota di aggiornamento del Nadef 2023, la coppia Meloni – Giorgetti, appariva mille miglia lontana dal verbo del Vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini e dalle sue continue fughe in avanti sulla Legge Fornero, sul Ponte sullo Stretto, sulla Flat Tax e su altre strombazzate amenità.  Le risorse finanziarie disponibili a tutto il 31 dicembre 2022 sono pochine (9,5 miliardi) e verranno interamente utilizzate per “prorogare” le misure già in essere del Governo Draghi sui bonus carburanti e sul caro bollette. Sino alla fine dell’anno non vi sarà alcuna innovazione e alcuna misura aggiuntiva né sul caro energia, né per interventi su altre filiere o criticità.
Si potrebbe ben dire che il tanto vituperato Mario Draghi vive e combatte tra noi e con la persona del Ministro Giancarlo Giorgetti.  Le risorse già richiamate dei 9,5 miliardi, altro non sono che circa 5 miliardi del cosiddetto tesoretto lasciato da Draghi (maggiori entrate per l’extra gettito dell’IVA) e circa 4,5 miliardi indotti dal miracolo dell’aumento del Pil del 3° trimestre 2022. Altro non c’è! Quindi, sul versante economico, almeno per il breve periodo, si registra una perfetta continuità con le misure di politica economica e fiscale del precedente Esecutivo; al punto che si capisce sempre meno “il perché” si sia tolta la fiducia a Draghi.
Ma la nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza, non traguarda solo l’ultimo trimestre 2022; ma deve indicare il quadro sinottico delle previsioni economiche macro 2023 e le aspettative di quadro sulle dinamiche del Pil, del debito atteso, del trend dell’indebitamento e della finalizzazione delle risorse.
Insomma le fondamenta su cui costruire la manovra di bilancio 2023; un Disegno di Legge che deve essere preventivamente approvato dalla UE nelle sue variabili pregnanti e, poi approvato dalle due Camere entro e non oltre il 31 dicembre 2022, per non incorrere nel cosiddetto esercizio provvisorio.
Il Nadef 2023, infatti, prevede di finalizzare circa 23 miliardi in ragione d’anno.
I 23 miliardi, anch’essi utilizzabili per i 3/4 per mitigare i costi dei carburanti e dell’energia per famiglie e imprese, sono il risultato di tagli orizzontali previsti per i Ministeri e, soprattutto, per l’aumento tendenziale del deficit anno di un punto e mezzo di Pil (un punto di Pil vale circa 16 miliardi).
Tradotto in vulgata, significa che nel 2023 ci dovrebbero essere circa 15 miliardi usati per l’energia e poco più di 7 miliardi utilizzabili per tutte le altre voci di spesa del bilancio (fisco, scuola, sanità, pensioni, etc.)
Come ognuno può vedere e capire….siamo ben lontani dagli 80/100 miliardi che servirebbero per dare uno scossone all’economia in stagnazione, risolvere la questione dell’energia per il sistema delle imprese e per le famiglie e dare risposte alla priorità dell’aumento delle retribuzioni del lavoro dipendente, del reddito del lavoro autonomo e delle pensioni; variabili reddituali sempre più taglieggiate dalla inflazione che viaggia su valori del 12 per cento. Il nuovo Nadef e i binari obbligati della Legge di Bilancio 2023, confermano che i sogni elettorali resteranno tali e la dura realtà della crisi economica, della inflazione e della caduta del potere d’acquisto e dell’aumento della povertà, sono destinate a restare inevase, con buona pace del nuovo Governo di Destracentro e dei roboanti proclami elettorali. Se la manovra 2022 – 2023 è questa che ho tentato di descrivere, dove stanno le novità che dovrebbero caratterizzare il nuovo Governo a guida Giorgia Meloni?
La risposta, almeno a guardare i primi atti, sta in misure e annunci che “non costano”, ma che chiariscono le “identità” populiste dello schieramento di Destracentro, ne informano simbolicamente gli atti e rappresentano un vero e proprio tentativo di distrazione di massa. Si spiegano così le proposte senza capo né coda sull’aumento del contante a 10 mila euro (averceli!). Una vera e propria “presa in giro” per un Paese con 15 milioni di poveri e con 25 milioni di persone in difficoltà, mentre l’evasione fiscale ammonta a quasi 120 miliardi di euro.  E si spiega così il surreale Decreto Legge, immediatamente esecutivo, che con la scusante dei cosiddetti Rave Party giovanili, getta ombre sui diritti democratici e risulta davvero scritto con i piedi, andando ben oltre una giusta e rigorosa legge sulle illegalità consumate nei Rave.
E si spiega sempre così il pugno di ferro sui migranti salvati in mare da morte sicura dalle navi ONG.
Chi scrive è convinto che vadano criticamente ripensate le politiche della accoglienza degli immigrati seguite dal Centrosinistra nell’ultimo decennio: vadano modificate le norme del Trattato di Dublino che caricano l’Italia di costi e oneri insopportabili e salvano gli altri Paesi europei da responsabilità equivalenti; vadano definiti criteri di ripartizione europea giusti ed esigibili; vada realizzata una tastiera di interventi volta al controllo e al governo europeo delle politiche verso le migrazioni strutturali, soprattutto, provenienti dall’Africa.
Vada, in buona sostanza, ascoltata la lezione del Santo Padre sull’equilibrio tra accoglienza, integrazione e distribuzione dei migranti in tutti i Paesi europei. Tutto ciò premesso, risultano davvero disumani e disastrosi i provvedimenti che si stanno assumendo in queste ore, peraltro, esclusivamente mirati solo al 16% degli immigrati che arrivano con le ONG e non verso l’84% che arrivano con barconi, barche, barchini e canotti gestiti da trafficanti di morte o salvati dalla Guardia costiera.

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