CronacaPolitica

Pavia in lutto per la scomparsa dell’ex ministro Virginio Rognoni

Ex democristiano, alla guida del Viminale negli anni di piombo, si è spento nella sua abitazione a 98 anni

Pavia piange la morte di Virginio Rognoni, spentosi a 98 anni nella sua casa. E’ stato uno dei politici italiani più conosciuti del novecento.  Nato a Corsico, in provincia di Milano il 5 agosto 1924, si è diplomato presso il Liceo Classico Ugo Foscolo di Pavia, dove  si distinse in attività antifasciste. Durante i suoi studi universitari è stato alunno a Pavia dello storico Collegio Ghislieri (1946-47) e si è laureato in giurisprudenza nel novembre del 1947 all’Università degli Studi di Pavia. Successivamente è stato borsista Fulbright alla Yale University fra il 1949 e il 1950. Diventato professore di Istituzioni di diritto processuale presso la facoltà di giurisprudenza dell’ateneo pavese, ha esercitato la professione di avvocato. Aderì e divenne un importante esponente della Democrazia Cristiana, venendo eletto a Pavia, ove fu consigliere comunale dal 1960 al 1964 e vicesindaco nonché assessore all’urbanistica dal 1964 al 1967. Successivamente è approdato alla politica nazionale, venendo eletto deputato alla Camera per sette legislature (dal 1968 al 1994).È stato vicepresidente della Camera dei deputati dal 1976 al 1978. Dopo le dimissioni di Francesco Cossiga da ministro dell’interno a seguito dell’assassinio di Aldo Moro, fu nominato al suo posto, restando in carica dal 1978 al 1983. In qualità di ministro ha affrontato i difficili anni della lotta armata e della violenza terrorista (i cosiddetti anni di piombo). Assunse il dicastero quando in Italia si contavano più di 200 organizzazioni terroristiche attive (nel 1979 si registrò la cifra record di 659 attentati)[2]; ebbe a dichiarare nel 1998, audito dalla Commissione stragi, che al momento dell’entrata in carica, ad effetto del caso Moro, erano fra le priorità quelle «ad un tempo di rassicurare l’opinione pubblica e di mettere in qualche modo inquietudine dentro le formazioni brigatiste». Per questo ebbe l’idea di un gruppo interforze specificamente dedicato, alla cui guida chiamò il generale dei Carabinieri Carlo Alberto dalla Chiesa, in passato protagonista di azioni importanti fra le quali gli arresti di Renato Curcio e Alberto Franceschini[3]. Dalla Chiesa, nella qualità di «Coordinatore delle forze di polizia e degli agenti informativi per la lotta contro il terrorismo», rispondeva direttamente a Rognoni[]In breve tempo il gruppo giunse a scoprire il covo brigatista di via Monte Nevoso, a Milano, nel quale a seguito di irruzione non solo furono tratti in arresto gli occupanti, ma al termine di una perquisizione durata 5 giorni fu reperito il Memoriale Moro. Anni dopo, nello stesso appartamento, fu reperita una seconda tranche di documenti nascostivi dai brigatisti. Rognoni in seguitò definì gli arrestati “tutta la commissione strategica” dell’organizzazione terroristica, e sempre garantì «sulla base della lealtà e delle dichiarazioni del generale Dalla Chiesa e sulla base della lealtà e delle dichiarazioni del giudice Pomarici» (il giudice che si occupò sia del primo che del secondo ritrovamento di carte nello stesso covo) che i documenti non erano stati parzialmente occultati o sottratti. In altra sessione della Commissione Stragi, il generale Bozzo, collaboratore di Dalla Chiesa confermò la regolarità delle operazioni, sia pure da posizioni di malcelata critica nei confronti del suo superiore. Sul fronte del contrasto alla criminalità organizzata, Rognoni fu promotore insieme a Pio La Torre della legge 13 settembre 1982, n. 646, nota infatti con il nome di entrambi[8]; La Torre era stato assassinato per mano di mafia nel mese di aprile del 1982 e Rognoni aveva dopo poco richiamato il generale Dalla Chiesa, che aveva nominato prefetto di Palermo con la promessa – o almeno l’aspettativa dell’ufficiale – di conferirgli poteri straordinari. La norma, che introduceva nel codice penale italiano il reato di associazione per delinquere di tipo mafioso al discusso art. 416 bis, fu approvata dal Parlamento 10 giorni dopo l’assassinio di Dalla Chiesa, che 100 giorni dopo la nomina fu freddato insieme alla giovane consorte.Tra le riforme più significative a firma di Rognoni vi è stata la smilitarizzazione della Polizia di Stato, attuata nel 1981. Di essa pose in risalto la «organicità globale dell’Amministrazione della Pubblica Sicurezza alle dipendenze dirette dell’autorità politica, al di fuori, quindi, di ogni sospetto di corpo separato».
Terminata questa esperienza di ministro divenne presidente del gruppo parlamentare della Democrazia Cristiana alla Camera. Fu nominato ministro di grazia e giustizia nel secondo governo Craxi e nel sesto governo Fanfani (dal 17 aprile 1987 al 29 luglio 1987) e ministro della difesa nel sesto e settimo governo Andreotti (dal 26 luglio 1990 al 28 giugno 1992). Dopo l’incarico di ministro della difesa seguirono gli anni della fine del sistema dei partiti usciti dal dopoguerra, crisi scatenata dalle inchieste di Mani pulite e dal processo per mafia a Giulio Andreotti. Rognoni subì gli effetti della rivoluzione politica degli anni novanta e, dopo l’ultima rielezione alla Camera nel 1992, terminò la sua esperienza parlamentare. Nel 1994 aderì al nuovo Partito Popolare Italiano guidato da Mino Martinazzoli, ma la sua presenza nelle istituzioni di fatto si interruppe e solo nel 2002 l’ex ministro tornò alla ribalta per la sua ultima esperienza istituzionale, quella di vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura: eletto come membro laico (con 598 voti in quota La Margherita), ne fu vicepresidente dal 2002 al 2006 (venendo eletto con 21 voti). Terminata quest’esperienza, ha affermato di percepire come proprio partito quello Democratico. Nel 2007 Rognoni è stato scelto come uno dei dodici saggi de L’Ulivo chiamati a scrivere il manifesto del Partito democratico. Come Presidente del Collegio dei garanti del Partito Democratico ha affermato che «La storia dei cattolici democratici è legata, con i suoi valori, alla comprensione della laicità della politica, al gioco della libertà e al dovere della giustizia. Questa coscienza i cattolici l’hanno trovata nel Pd» Rognoni è stato presidente della Commissione per i diritti umani della Presidenza del Consiglio dei ministri, presidente della Società Nazionale di amicizia Italo-Araba, presidente del Centro nazionale di prevenzione e difesa sociale (CNPDS) di Milano e del centro culturale Giancarlo Puecher di Milano e anche membro del comitato esecutivo dell’Aspen Institute. Nel 1981 ha ricevuto in Germania la “Gran Croce al merito della Repubblica Federale di Germania” come riconoscimento per l’azione svolta nella lotta contro il terrorismo.
Nel 1989 ha pubblicato il libro “Intervista sul terrorismo”, a cura di Giuseppe De Carli, nel quale in forma di intervista racconta le vicende e i retroscena che si sono addensati attorno ai fatti più clamorosi di quegli anni. E’ stato sposato per 57 anni con Giancarla Landriscina, morta a 80 anni nel 2016. Insieme hanno avuto quattro figli. E’ stato molto vicino allo sport pavese e per anni è stato socio del Panathlon Club Pavia

 

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