Politica

Maturità = Trasformismo

Riflessione del politologo Franco Astengo

Gli esponenti del M5S che hanno votato in Parlamento l’aumento delle spese militari fino al 2% del PIL hanno argomentato la loro decisione con il refrain (molto di moda di questi tempi da quelle parti) della raggiunta “maturità” del movimento ( o meglio dei suoi parlamentari, nella logica più piena del concetto di autonomia del politico).

Questa questione della “maturità” richiede un approfondimento di riflessione: qual’è in realtà il significato reale di una affermazione del genere enunciata proprio nel momento in cui ci si accoda al consueto “bellicismo governativo”?

In premessa a un qualche approfondimento emergono alcuni interrogativi: a) se adesso quegli esponenti del M5S giudicano loro stessi “maturi” ciò significa che nel momento in cui si sono presentati al voto si giudicavano evidentemente “immaturi”. Difficile distinguere la concretezza della fase di passaggio da una condizione all’altra, salvo che nello specifico si consideri la raggiunta maturità nell’adeguamento all’incoerenza e al trasformismo imperanti nel sistema politico, prima del Regno di Sardegna (connubio Cavour / Rattazzi) e poi del Regno d’Italia e della Repubblica. Diciamo che “maturità=trasformismo” potrebbe rappresentare la formula magica di definizione per questi personaggi; b) se una buona parte dell’elettorato italiano (oltre il 30%) vota soggetti che si autovalutano come “immaturi” la patente di immaturità va consegnata anche ad elettrici ed elettori, che difatti nel giro di pochi anni hanno consegnato veri e propri plebisciti a personaggi diversissimi tra loro. Una “evanescenza” elettorale verificatasi ,saltato il tappo sia del voto di appartenenza sia di quello d’opinione, lasciando spazio a un “voto di scambio di massa” con riferimento alla personalizzazione (80 euro, reddito di cittadinanza, respingimento dei migranti). Operazione non riuscita a Berlusconi (ricordate “meno tasse per totti”) perché sul suo cammino si trovavano ancora forze politiche sufficientemente strutturate. Il passaggio da PDS e Margherita a PD (votato esclusivamente al governo come fine esaustivo dell’agire politico) è risultato, alla fine, del tutto esiziale per l’intero sistema politico.

L’estetizzante dannunzianesimo che ha fatto la fortuna del M5S ( di dannunzian-futuristi,in realtà, si sta trovando traccia anche in situazioni ben più drammatiche) si è sviluppato sull’onda echeggiante il “me ne frego” e ha toccato il culmine con lo sciagurato referendum sul taglio del numero dei parlamentari: vero e proprio simbolo dell’avversione alla democrazia rappresentativa.

Si tralascia in questa sede un dettagliato racconto delle vicende di questi ultimi tre anni (governo giallo – verde, governo – giallo rosso) ricordando soltanto l’acconciarsi (opportunistico?) all’attuale esecutivo presieduto da uno dei massimi protagonisti di quella élite finanziaria europea che il M5S all’epoca dell’immaturità aveva avversato fino in fondo, al punto da accostarsi ai “gilet gialli” francesi.

La vicenda politica italiana non può essere completamente affogata dentro la necessaria solidarietà all’invaso popolo ucraino e il dibattito lasciato esclusivamente al chiacchiericcio dei nuovi strateghi della geopolitica.

C’è materiale abbondante su cui riflettere per coloro che pensano ad una alleanza organica in un quadro democratico-progressista-costituzionale con ciò che resta del M5S : salvo muoversi in un quadro di utilitaristico calcolo elettorale, ma anche in questo deprecabile caso i conti dovranno essere fatti con l’oste, secondo un vecchio motto della saggezza popolare.

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