Sinossi-Le lesioni dell’anima
“Le lesioni dell’anima” è il secondo romanzo compiuto che mi sia trovata a scrivere, il primo che abbia deciso di condividere all’esterno. È un’opera che ha preso molti anni della mia vita, e ora so che rappresenta lo specchio della mia rivoluzione interna.
Nasce da lontano e, in realtà, nemmeno nasce come romanzo. L’idea mi fu data dal mio caro amico Massimo nell’agosto del 2012. Trascorrevamo alcuni giorni di ferie con le rispettive famiglie in un piccolo paesino del Beneventano, e un pomeriggio ci trovammo soli a goderci un aperitivo nella piazza del paese. Massimo era un grande appassionato di occulto e misteri e mi raccontò di una cartomante del vesuviano che aveva conosciuto e che gli aveva letto le carte. Scettico e dispiaciuto al tempo stesso mi confessò che non si era avverato niente di ciò che gli aveva detto. Gli parlai allora di Maurizio e delle sue doti di sensitivo, con entusiasmo crescente si appassionò ai miei racconti. «Che personaggio interessante!» mi disse alla fine, «dovresti scrivere di lui». Quel tardo pomeriggio, dunque, fu buttato un primo seme che iniziò a germogliare nella mia mente. Provai a buttar giù qualcosa, ma ne uscì un racconto freddo e impersonale che non mi piacque affatto. Accantonai il progetto e non ci pensai più.
A gennaio del 2013 Maurizio mi contattò perché lo aiutassi a scrivere una presentazione per la sua pagina Facebook. Gli parlai di quell’aborto di racconto, dal quale avevo pensato di ispirarmi per scrivere quanto mi aveva chiesto. Mi chiese di leggerlo e al termine della lettura fu lapidario: «Devi scrivere, ma non di me, di te stessa. Devi aprirti. Usa un personaggio simile a me che faccia da catalizzatore per la tua storia. È già dentro di te, devi solo tirarla fuori».
Aveva ragione, come sempre. Mi staccai dalla realtà e i personaggi divennero reali. Li vedevo muoversi nella mia testa, parlare, gesticolare, camminare. La storia si è scritta da sola. Avevo costruito una scaletta da seguire che descriveva meticolosamente tutto ciò che i miei personaggi dovevano vivere. Non l’ho mai usata, non so neanche più che fine abbia fatto. Ada e Mizio hanno percorso la loro strada e creato la loro storia. Io l’ho solo raccolta e raccontata.
Non sapevo che fossero innamorati, credevo che fossero solo due amici che si sostenevano a vicenda. Ma sempre il loro amore era lì mentre scrivevo, faceva capolino dalle pagine, voleva essere riconosciuto. Ho riscritto le scene centinaia di volte, e quando finalmente mi sono arresa ai loro sentimenti, Ada mi ha sorpreso compiendo una scelta coraggiosa quanto inaspettata.
Nell’idea che avevo di loro, Ada era il contraltare di Mizio, il suo momento di leggerezza. Nella prima stesura Ada non era affatto sorda; mai le avrei imposto un carico così pesante. Ma con prepotenza, mentre diveniva più reale dei miei stessi figli, quella donna caparbia e ostinata mi mostrava che il suo legame con Mizio era altro, era di più, non era solo passione e sentimento, era connessione, comprensione, armonia. Alchimia. Il “sentire” di cui risuona tutto il romanzo, lei lo capiva davvero perché custodiva lo stesso segreto, diverso ma uguale. Anche lei “sentiva”. Sentiva con gli occhi, sentiva con le mani, sentiva con il cuore. Capii che “sentiva” perché non udiva, aveva imparato a catturare le parole e dare loro un suono, un colore, un’emozione.
Il giorno in cui ho realizzato che Ada voleva che parlassi della sua sordità è stato molto strano per me, sono rimasta a lungo in silenzio, cercando di capire. Ho cercato nello specchio la bambina che ero stata, l’ho trovata nei puntini gialli dei miei occhi azzurri, l’ho salutata e le ho sorriso. Lei si è asciugata una lacrima, mi ha sorriso di rimando. Era sollevata, credeva che non l’avrei mai più riscattata dall’oblio in cui l’avevo relegata. Ne “Le lesioni dell’anima” ho scritto di Ada, ma anche di me e di tutti i bambini che sono stati diversi, e che sono cresciuti indossando come un abito l’immensa forza d’animo che ci vuole per imparare che la società non ti accoglie a braccia aperte se non sei uguale a tutti gli altri.
Ho scritto anche per Massimo, che oggi non c’è più, un brutto male se lo è portato via in poco tempo. Tutte le volte che torno in piazza al bar ricordo quel nostro pomeriggio e la sua risata sempre venata di malinconica ironia. Questo romanzo è il mio fiore per lui. A Napoli due diciassettenni, Ada e Mizio, frequentano lo stesso liceo. Entrambi sono a disagio tra i propri coetanei. Mizio è un sensitivo, predice gli avvenimenti dilettandosi a leggere le carte ai suoi compagni. Ha anche, tra gli altri, il potere di percepire i defunti e gli spiriti guida, ma questa facoltà lo spaventa, per cui non la usa. Ada è sorda, a sette anni un virus le ha leso il nervo acustico. Porta apparecchi acustici di cui si vergogna e per capire quanto le viene detto legge il labiale. Si sente irrilevante, non ha mai avuto un fidanzato e ne soffre molto e conosce Mizio quando si fa leggere le carte da lui per sapere quando si fidanzerà. Mizio riconosce in Ada un’anima affine e le rivela che non sa leggere le carte ma che attraverso la data di nascita e il nome di una persona percepisce messaggi che gli arrivano come voci, voci che lui “vede” nella testa. Anche Ada le voci le “vede”, giacché non le sente.
Dopo la maturità Ada si iscrive alla facoltà di Psicologia. Affascinata da tutto ciò che è esoterico e dimentica dei suoi dilemmi esistenziali, la ragazza si dedica a esplorare il sottobosco variegato di cartomanti, medium e maghi, trascinandosi dietro un apparentemente dubbioso Mizio. Spronato dal confronto con i suoi simili, Mizio si spinge oltre i confini ludici dei suoi poteri e approfondendo i suoi consulti si imbatte nel dilemma morale se sia sempre corretto dire tutto ciò che sente ed interferire col libero arbitrio. Decide di tacere quando lo ritiene giusto, ma questa scelta gli procura lancinanti mali di testa. Il disagio fisico e la popolarità di cui comincia ad essere oggetto, lo spingono a fuggire: lascia Napoli e si rifugia dal fratello in Basilicata, tagliando i ponti con tutti.
Ada parte da sola per Parigi, un viaggio che avrebbe dovuto fare con Mizio per festeggiare la sua laurea. In treno consuma la sua prima esperienza sessuale. Al suo rientro inizia ad esercitare come psicologa, poi conosce Riccardo e si sposa. La sua vita è lontana dalle suggestioni esoteriche dei tempi universitari e attraversata dal dispiacere dell’aborto spontaneo di uno dei due gemelli che porta in grembo.
A Lagonegro, intanto, Mizio ha rinunciato ai suoi poteri, e le sue giornate si susseguono monotone. Poi, suo padre muore: da lì tutto precipita; Mizio perde il lavoro, la donna, la casa. Nel momento della massima disperazione, quando si chiede perché il destino si stia così accanendo nei suoi confronti, Mizio incontra Chiara, una sciamana che diverrà la sua maestra spirituale e che metterà Mizio di fronte alla sua vera natura fisica e spirituale attraverso un duro apprendistato. Chiara insegna a Mizio a gestire le sue doti medianiche, che possono divenire la chiave – sebbene non assoluta – per aiutare le persone a ritrovare la serenità dopo una perdita o un lutto. Grazie a Chiara, Mizio ritrova un equilibrio e si riappacifica con la sua spiritualità. Quando Chiara lo ritiene pronto per tornare nel mondo esterno, Mizio rientra a Napoli e ritrova Ada.
Come se vent’anni non fossero trascorsi, Ada segue Mizio nei suoi consulti e scopre che Mizio sa aiutare le persone a identificare quella che lui definisce la loro “lesione dell’anima”, e a lenirla attraverso il contatto con il loro spirito guida. E Mizio, poi, rivela ad Ada che il bambino che ha perso è in realtà il suo spirito guida.
Conosciamo meglio l’artista ponendole alcune domande:
Ciao Maria Rosa,come nasce la storia del libro “Le lesioni dell’anima”?
Ciao Manuela, è nata nel corso degli anni. Inizialmente non doveva essere un romanzo, ma un report, una cronostoria di alcuni avvenimenti. Il mio amico Maurizio Zeni che è realmente un sensitivo mi chiese di raccontare i suoi consulti sul blog che aveva aperto, per dare un’idea di come funzionasse una seduta con lui. Mi accorsi che mi ritrovavo a fantasticare sul prima e dopo di una storia che avevo ascoltato e che mi veniva facile
romanzarci su. Ho “sentito” che c’era una storia, ho iniziato a costruire una trama che contenesse i consulti e da lì col tempo è nato “Le lesioni dell’anima”.
Da cosa prendi ispirazione per creare i tuoi protagonisti?
Dalle persone che ho incontrato nella mia vita e dai racconti di vita vissuta che ho ascoltato. Ho dentro di me un repertorio personale di voci, immagini, suggestioni che poi magicamente mi vengono incontro quando creo i miei personaggi.
“Le lesioni dell’anima” è tratto dalla tua personale esperienza di vita?
Io credo che tutte le nostre esperienze di vita finiscano per condizionarci, entrano nel nostro pensiero e nel nostro linguaggio modificandolo. Questo condizionamento si trasferisce nella scrittura in modo attivo, scrivere diventa un’esperienza catartica di rielaborazione di vicende vissute. Quindi la risposta alla domanda è: sì e no, ci sono sicuramente dei miei vissuti personali che ho portato nel romanzo, ma ho lavorato molto di fantasia.
Mi incuriosisce molto Mizio, il protagonista maschile del romanzo, chi è davvero? E’ un personaggio di fantasia oppure esiste?
Mizio esiste, come ho accennato prima Maurizio Zeni è un carissimo amico dotato del dono della sensitività, alle cui vicende e doni particolari mi sono ispirata per costruire il personaggio di Mizio che compare nel libro. Così come esistono e sono esistite tutte le donne della sua stirpe che accompagnano il sensitivo nel corso del libro: Gelsomina, Giovanna, Teresa; ho lasciato i nomi veri e mi sono ispirata ai suoi racconti per costruire una parte di trama del romanzo.
Credi che ci sia un destino già scritto per alcune persone più sensibili e ricettive del mondo sensoriale?
Una famosa frase di Tommaso D’Aquino dice che “astra inclinant, non necessitant”, ovvero gli astri inclinano ma non determinano. Vuol dire che esiste per ciascuno di noi un disegno predefinito alla nascita che porta l’anima a compiere il suo cammino evolutivo, ma siamo sempre noi a scegliere il modo in cui percorrere la strada, e quel modo dipende dal grado di consapevolezza che siamo riusciti ad ottenere. Credo che ciò valga ancor di più per persone che hanno una speciale ricettività. Quasi sicuramente il loro destino finirà per essere quello di guida per altri, ma anche qui il modo in cui lo faranno segnerà una differenza.
Da quanto tempo scrivi e hai in serbo un altro lavoro a breve?
Scrivo sin da quando ero piccola, mi cimentavo in piccoli racconti già alle scuole elementari. Ma era un’attività che riservavo a me stessa, era per il mio piacere personale, anche se distrattamente ho sempre accarezzato il sogno di pubblicare un libro. Ho scritto già un romanzo che però non ho mai sottoposto a una casa editrice.
Con Ada e Mizio per la prima volta ho sentito l’esigenza di portare fuori da me qualcosa che era uscito della mia mente. Adesso sto scrivendo un altro romanzo, che spero di riuscire a terminare a breve.
Quanto è importante per te raccontare storie in questo periodo storico così
complicato? La scrittura è salvifica?
La scrittura è salvifica sempre, in qualunque momento storico della nostra esistenza, è memoria, monito, è maestra. Oggi, con l’avvento dei social, appare ancora più importante. Con l’avvento dei social, il pensiero è diventato scritto, molto più che in passato, ma è un pensiero veloce, evanescente, spesso solo autoreferenziale che lascia poco spazio alla riflessione critica. Proprio per questo scrivere storie che aiutino a riflettere sulle cose, sulla realtà che ci circonda, che aiutano a riconquistare il diritto inalienabile alla individualità e al rispetto di tutte le diversità diventa un’azione fondamentale, un vero imperativo morale per chi sa farlo.
Pensi che la tua scrittura faccia sognare i lettori?
Le lesioni dell’anima è un libro pieno di sentimenti, di emozioni e di interiorità. È il libro perfetto per chi ama le storie d’amore, ma non cerca il lieto fine, per chi ama farsi stupire da una scrittura semplice, scorrevole, ma che non conduce mai lì dove ti aspetti. Ed è il libro giusto per chi si pone delle domande sull’esistenza, e si porge con cuore aperto a riflettere sull’amore, sui doni che l’esistenza ci porta, che vuole – insieme ai suoi protagonisti – cercare le risposte ad alcuni dei grandi perché della nostra esistenza.
Grazie Maria Rosa e in bocca al lupo con “Le lesioni dell’anima”.
Grazie a te per la bella intervista!
Di Manuela Montemezzani