Cultura e Musica

Ricordano il Signor G.:”Elogio alla Schiavitù”

In uno dei miei rari momenti di lucidità ho avuto un’illuminazione così folgorante che lì per lì mi ha spaventato: la libertà mi fa male, anzi malissimo.
Come mi piaceva la mia mamma quando mi diceva: “Guai a te!”. Stupenda. E la maestra quando mi bacchettava le mani STOK! STOK!… certe nocche!
Eh, purtroppo quelle maestre lì non ci sono più e i bambini crescono con le mani belle lisce… ma deficienti!
Purtroppo anch’io, ormai da tempo, non ho nessuno che mi dica cosa “devo” fare. Posso fare quello che voglio. Sono rovinato. Perché è solo nella costrizione che si aguzza l’ingegno.
Mi spiego meglio. Un uomo in catene sa benissimo quello che vuole: vuole togliersi le catene. E allora lotta, ringhia, si dibatte, tende i suoi nervi, tira fuori tutta la sua energia e… SPRAAACK! Libero! “Sono libero, sono libero, sono libero!… sono libero!…” Oddio, come sono libero. E pian piano i muscoli della sua faccia si rilassano, si afflosciano, lasciando intravedere i chiari sintomi di una tristezza progressiva e infinita. Dopo un po’… ingrassa, anche.
Ma è chiaro: è la lotta per la libertà che fa bene. La libertà fa malissimo. A tutti.
Ma i danni maggiori si riscontrano e risultano più evidenti negli spiriti creativi, negli artisti, nei liberi pensatori.
Alt! Qui ci vuole la censura. Sì, un bel censore o addirittura, non mi vergogno a dirlo, un dittatore. Qualcuno che ci dica cosa dobbiamo fare e cosa non dobbiamo fare.
Sì, ma chi?
La mia maestra. La mia maestra, va lì da uno e… STOK! STOK! sulle dita. “Basta, sei un negato, non devi più scrivere”. “Ma come non devo più scrivere, che libertà é questa? Io vado in America!” Bene. E così ci liberiamo di qualche cretino.
Siamo talmente preoccupati per il sopruso fatto su un singolo individuo che non ci preoccupiamo affatto per il sopruso che subiscono tutti gli altri individui costretti a sorbirsi una valanga di cazzate.
Se qualcuno mi domandasse se sia meglio una società repressiva dove un genio venga isolato e considerato un imbecille pericoloso, o una società libera dove qualsiasi imbecille pericoloso possa diventare un genio… non avrei dubbi, sceglierei sicuramente la seconda.
Ma con un po’ di preoccupazione. Perché se abbiamo già sperimentato quanto faccia male una dittatura militare, non sappiamo ancora quanto possa far male la dittatura della stupidità.

Oggi, un pensiero va a Giorgio Gaber e aller sue riflessioni sull’uomo contemporaneo, quello degli anni Ottanta, ma, ancor più smarrito, quello del Duemila: tutto corre e lui, cercando di stare a ritmo, finisce con concludere poco.

Il bersaglio della dialettica di Gaber è la dilagante superficialità in cui è precipitata l’umanità. “La mia generazione ha perso” ha affermato il cantautore in uno dei suoi ultimi brani. La società è caduta in una sorta di nuovo Medioevo per l’artista. L’uomo perdendo la passione verso i grandi ideali, è abbandonato alla sola volontà di soddisfare i propri appetiti e i propri desideri, generando la vittoria del qualunquismo. Tutto è un gioco, tutto è in vendita, tutto è possibile, niente è proibito o sacro. Quello che erano le opinioni e le idee oggi sono ridotte a semplici trend del momento, seguiti da una massa alla ricerca di approvazione.

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