Di Fabrizio Uberto
In un articolo uscito qualche giorno fa, Corrado Augias esprimeva tutto il suo apprezzamento per la la senatrice Liliana Segre, la quale, pur essendo sopravvissuta alla Shoah, non ha mai dato segno di risentimento e di odio nei confronti di chicchessia, ma al contrario ha sempre improntato la vita alla compassione ed all’amore verso il prossimo. La Segre, sottolinea Augias, ci ha insegnato a non odiare e tutti noi avremmo dovuto far tesoro di un così prezioso esempio ed insegnamento.
Il condizionale è d’obbligo, perché in realtà, quello cui assistiamo negli ultimi tempi ( e non solo), è una proliferazione di conflitti, di guerre civili, di sanguinose rese dei conti in zone nevralgiche del Mondo. Ma oltre alla guerra esterna, esiste anche quella “interna”, che tormenta l’animo di molte persone e rende problematici i rapporti umani, familiari e sociali tra membri di una stessa collettività. Questa ” guerra”, che si nutre spesso di complessi di inferiorità, risentimenti e rivalità, scaturisce essenzialmente da una condizione di infelicità ed insoddisfazione per la qualità ( considerata mediocre o scarsa) della propria vita, che raramente viene attribuita a se stessi, ma al contrario ascritta al destino o ad eventi incontrollabili.
Il Covid che a detta di alcuni, avrebbe dovuto renderci migliori, in diversi casi ha invece peggiorato le relazioni umane, favorendo comportamenti guardinghi, chiusi in se stessi, da parte di individui tanto capaci di ” connettersi” sui social, quanto inetti a “sintonizzarsi” con il prossimo nella vita reale.
A tutto questo si aggiunge una certa incapacità di mettersi in discussione, di intraprendere seri percorsi di auto- analisi o spirituali, che sarebbero salutari per comprendere e poi cercare di superare i ” nodi” che ostacolano una vera serenità interiore.
Sotto questo profilo, potrebbe essere d’aiuto uno dei capolavori della letteratura mondiale, ” La Divina Commedia”. Che altro è infatti ” il Viaggio” di Dante, se non un percorso di auto- conoscenza? Il grande Poeta non chiude gli occhi verso quel ” Male”, che lungi dall’essere connaturato all’animo umano, è spesso frutto di una scelta auto- distruttiva: al contrario ci si cala dentro, ” ficcandovi” uno sguardo tanto consapevole quanto misericordioso. Ma è proprio questa esperienza del ” sottosuolo” e della ” miseria” terreni , che gli consente di evolvere il suo cammino verso una possibilità di riscatto, fino a culminare in quell’ascesi che lo conduce alla “serenità” della luce divina, nel suo significato più profondo e meno convenzionale.
A questo dovrebbe tendere l’uomo contemporaneo: viaggiare dentro se stesso, fare i conti con le proprie debolezze e vulnerabilità, comprendere alla fine che unica vera salvezza è il ridimensionamento dell’Ego, unito al desiderio di beneficiare gli altri, attraverso empatia e compassione. Insomma la nostra sola ” Bussola” dovrebbe essere proprio il celeberrimo impulso che chiude la Commedia: “L’Amor che move il Sole e le altre stelle”.