Ormai da circa un mese (14 ottobre 2024) ci ha lasciato Philip George Zimbardo, noto psicologo statunitense di origine italiana, nato nel 1933. Avendo vissuto nel Bronx (quartiere multietnico di New York), fin dalla gioventù capì precocemente cosa fossero pregiudizi e comportamenti discriminatori di cui fu in parte vittima. Si laureò in psicologia, per poi diventare docente alla New York University. La sua carriera sarà così importante da fargli ottenere una cattedra alla prestigiosa università di Standford in cui sarà nominato professore emerito.
L’esperimento che ha reso famoso in tutto il mondo Zimbardo è quello della prigione di Standford (“Standford Prison Experiment”) del1971.
La domanda da cui era partito Zimbardo era: “Cosa spinge le persone a comportarsi in maniera illogica o dannosa quando sono sottoposte a pressioni sociali o istigate da figure che si ritengono autorevoli?” Zimbardo ha risposto alla prima di queste due domande, mentre la seconda è stata indagata da Milgran, compagno di studi universitari di Zimbardo, (ci dedicheremo all’esperimento di Milgram nel prossimo numero di Liberamente).
Zimbardo aveva allestito una vera e propria prigione nei sotterranei dell’università di Standfor, aiutato da Christina Maslach, all’epoca assistenze che diverrà poi sua moglie. L’esperimento prevedeva una selezione di 24 studenti maschi da una lista di 74 candidati. Secondo un criterio di scelta casuale, alla metà di loro fu assegnato il ruolo di guardia, all’altra quello di prigioniero. Le guardie indossavano uniformi color kaki, erano dotate di manganello, fischietto, manette, occhiali da sole riflettenti per impedire il contatto visivo diretto; fu concessa loro ampia discrezionalità circa i metodi da adottare per mantenere l’ordine all’interno del carcere. I prigionieri furono obbligati a indossare ampie divise sulle quali era applicato un numero, sia davanti che dietro, un berretto di plastica, avevano uan catena di ferro legata alla caviglia; dovevano inoltre attenersi a una rigida serie di regole. Questi accorgimenti erano stati adottati per ottenere effetti realistici ed anche per creare una condizione di de individualizzazione, ovvero far prevalere il ruolo rispetto all’essere umano.
Fin dall’inizio dell’esperimento si verificarono abusi e violenze ingiustificate da parte degli studenti che avevano il ruolo di guardie. Spinto dalle richieste della collaboratrice Maslach, Zimbardo decise di interrompere l’esperimento prima del termine previsto (6 giorni invece dei 14 previsti).
La successiva analisi chiarì come nell’esperimento si verificò il fenomeno di ridefinizione della situazione: da una prigione simulata i partecipanti ne crearono una vera. Venne accertato che assumere una funzione di controllo sugli altri induce ad assimilare i comportamenti e le regole dell’istituzione, contemporaneamente la de individualizzazione riduce la critica sulle conseguenze (etiche e morali) delle proprie azioni. L’esperimento di Standford dimostra l’importanza dell’ambiente nel determinare le condotte individuali, ridefinendo l’importanza delle circostanze sociali in cui si trova una persona. Fino ad allora ogni spiegazione si basava solamente sul grado di aggressività presente in ogni essere umano.
Le critiche all’esperimento della prigione saranno notevoli. Il ricercatore francese Thiebalt Le Texier ha sostenuto che l’intera esperienza è più simile ad una recita teatrale che ad un vero e proprio esperimento scientifico. Thiebalt Le Texier ha scritto che Zimbardo e i suoi collaboratori hanno
volontariamente modificato le variabili dell’esperimento, ad esempio istruendo appositamente le guardie carcerarie ad un comportamento violento e che abbia mentito per anni sulle modalità di realizzazione dell’esperimento stesso. Molti altri studiosi concordano con questa tesi, altri trovano l’esperimento valido ed interessante.
Ritengo che l’esperimento di Zimbardo abbia un numero di partecipanti troppo bassi per poter dedurre conclusioni più ampie (solo 24 partecipanti e tutti studenti universitari non sono un campione significativo), al giorno d’oggi sicuramente un esperimento simile non sarebbe approvato, considerati gli standard morali presenti nei vari comitati etici delle università.
Nel proseguire della sua carriera Zimbardo si è dedicato all’ Heroic Imagination Project, volto a promuovere l’eroismo quotidiano ed anche alla ricerca sul tempo dal punto di vista psicologico: Time Perspective Theory. Secondo questa teoria vi sarebbero diverse prospettive personali relative al flusso temporale percepite da ciascun individuo. Fondamentale come ogni persona si pone nei confronti del presente, del passato e del futuro, in
quanto il nostro atteggiamento influenza tutte le nostre decisioni
quotidiane.
Nel 2004 Zimbardo venne chiamato come perito della difesa nel corso del processo a carico dei carcerieri U.S.A della prigione di Abu Ghraib in Iraq,
cono l’intento di evidenziare le attenuanti dei carcerieri, i quali però non le ottennero.
Nel 2007, con il saggio l‘Effetto Lucifero, cattivi si diventa?
rdo (libro di 755 pagine) Zimbardo, partendo dal racconto biblico di Lucifero, Angelo Portatore di Luce che diverrà poi principe delle Tenebre analizza il problema del male nel mondo e di come una persona buona possa diventare cattiva. Nell’ultimo capitolo descrive anche gli episodi capitati ad Abu Ghraib e la sua esperienza di perito.
Recentemente non ha esitato a definire Donal Trump come un uomo affetto da disturbo di personalità.
Voglio concludere questo articolo ricordando la generosità di Zimbardo, il quale, dal 2003, ha attivato una campagna di raccolta fondi negli Stati Uniti D’America destinata alla comunità di origine dei suoi nonni: Cammarata e San Giovanni Gemini in Sicilia.
Grazie alla Zimbardoimbardo-Luczo Fund ogni anno vengono elargite borse di studio per i migliori studenti di Cammarata, San Giovanni Gemini e Corleone.
Chi desidera porre quesiti od esprimere osservazioni può scrivere al seguente indirizzo email: liberamenteeco@gmail.com