S. Leone visse nella prima metà del fortunoso secolo v, che vide il dissolvimento e lo sfacelo finale dell’impero dei Cesari, e gli effetti meravigliosi del Pontificato cattolico, che trasformò ed avviò l’Europa in quei secoli di ferro alla civiltà cristiana. Nato in Toscana, ma educato nella città eterna, rivelò fin da principio un ingegno non comune, ingegno che applicava con tutto il vigore della sua verginale giovinezza alla scienza sacra. Per l’alta dottrina che ben presto raggiunse e per il suo zelo, fu caro al Papa S. Celestino I, che lo creò arcidiacono: fu stimato dal popolo e dai dotti, tanto che il celebre Cassiano gli dedicò i suoi libri sull’incarnazione, chiamandolo « decoro e splendore della Chiesa Romana e del sacro ministero ». Ma Iddio lo riserbava a cose più grandi. Nell’anno 440, trovandosi Leone in Francia, ove s’era recato per dirimere una enntesa mori S. Sisto III. ed il clero concorde lo elesse Papa. Reduce dalle Gallie, umile e fidente in Dio, abbracciò la sublime e ardua missione, che esercitò in modo sì mirabile da meritarsi il titolo di « Grande ». Esplicò la sua attività in tutti i campi dello zelo: attese instancabilmente all’istruzione del popolo e alla santificazione del clero che formarono le sue maggiori preoccupazioni. Nel frattempo, col concorso di ricche e pie persone costruì molte chiese. Fu il martello degli eretici : combattè i Manichei, ma soprattutto smascherò l’eresia di Eutiche, il quale, adulterando il mistero adorabile dell’Incarnazione del Verbo, scuoteva i fondamenti della religione cristiana. E nel Concilio di Calcedonia, dove per ordine suo si erano radunati ben 630 Vescovi, l’eresia di Eutiche e nuovamente quella di Nestorio furono confutate e condannate, principalmente coll’esposizione della lettera che egli aveva inviato a S. Flaviano, capolavoro e monumento dell’antichità cristiana sul dogma dell’Incarnazione. Leone si prese pure la cura materiale dell’Italia e di Roma, e quando l’imperatore e l’esercito, impotenti a frenare le orde sitibonde del Flagello di Dio, Attila, fuggivano impauriti, il santo Pontefice, fidente nell’aiuto di Dio, si recò sulle rive del Mincio e fece retrocedere il fiero conquistatore. Poco dopo risparmiò pure Roma dalla totale distruzione minacciata dal vandalo Generico. Questa forza morale per cui Leone s’imponeva perfino agli imperatori più crudeli, era l’effetto della sua umiltà, della sua carità e della sua dolcezza, che lo facevano amare e rispettare non solo dal popolo, ma dai principi e dagli imperatori, dai barbari e persino dagli stessi eretici. Dopo un pontificato glorioso di ben 21 anni, nel 461 andava a ricevere il premio da quel Dio che aveva tanto amato e glorificato. Fu scrittore profondo tanto che la Chiesa lo dichiarò Dottore. Anzi san Leone è debitore d’una gran parte della gloria che sempre godè nella Chiesa alle sue 69 omelie e 173 lettere, monumenti autentici della sua pietà e del suo ingegno.
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