Due Chiacchiere con l' Arte

Cristina Pitrè , SCRITTRICE

SINOSSI DELL’ OPERA

Il diario di mia madre, trovato in un cassetto del suo comodino, mi ha fatto ripercorrere la
difficile strada di bambina, di adolescente e di donna. Una strada segnata dalla violenza di
mio padre verso mia madre. Una vita vissuta a proteggerla. Un quadro familiare dominato
dalla paura e dalla sopraffazione dove io e lei eravamo unite da un legame viscerale e
profondo. Fin da bambina ho dovuto camminare in punta di piedi perché il padre-padrone
che prima mi accarezzava, tutt’a un tratto mi avrebbe potuto afferrare e portare nella sua
tana per ferirmi. Un uomo che, all’interno delle mura domestiche, usava la violenza
psicologica e la violenza fisica per raggiungere i propri scopi e sottolineare il suo potere. Un
uomo che ho odiato e amato a tal punto da considerarlo la mia guida, finendo così in una
trappola mortale.

 

BIOGRAFIA DELL’ AUTRICE

Cristina Pitrè, nata a Roma. A dodici anni si è trasferita con la sua famiglia a Pesaro, una piccola città sul mare dove ha studiato pianoforte al Conservatorio Gioacchino Rossini e dove ha iniziato a insegnare nelle Scuole dell’Infanzia. Le sue passioni sono la musica e l’arte, passioni che trasmette ai suoi piccoli alunni. Sposata, è tornata a vivere a Roma e ha due figlie.

 

INTERVISTA ALL’ AUTRICE

 

La passione per la scrittura quando è nata?

  Durante una seduta di psicoterapia ho letto un pezzo del diario di mia madre ritrovato nel cassetto del suo comodino dopo la sua morte. La psicoterapeuta mi ha chiesto cosa ne avrei voluto fare. “Voglio far sapere la verità” le risposi. “E allora scrivi, scrivi un libro. Lo puoi fare.” Da quel giorno mi chiudevo nello studio e riempivo fogli bianchi con la scrittura. Più scrivevo più mi sentivo leggera.

 

il libro racconta una storia vera, quanto è più difficile parlare di argomenti che si ha in qualche modo vissuto?

Il libro è stato scritto in un periodo medio lungo, in questo modo ho avuto la possibilità di far emergere i ricordi, anche quelli traumatici. Mentre trascrivevo ho avuto la possibilità, gradualmente, di andare in una elaborazione della dimensione traumatica. Ho ricostruito la mia vita come un puzzle. Un puzzle a cui mancavano dei tasselli che andavo a cercare scavando dentro di me, aprendo porte che avevo serrato per non rivivere il dolore. Tutto quello che affrontavo lo scrivevo e tutto ha iniziato ad avere un senso. Ho voluto raccontare in prima persona, rischiando di andare incontro a problemi in famiglia. Ma era troppo forte il desiderio di verità. Raccontare la verità è stata la mia migliore medicina. Questo libro vorrei che fosse un messaggio di speranza per coloro che hanno subito o stanno subendo violenza, ma bisogna trovare il coraggio di riattraversare quelle porte chiuse e sconfiggere i nostri mostri, perché una vita migliore si può avere. Posso dire che è così che ho sconfitto il buio e creato la luce.

 Perché voler comunicare agli altri tramite la scritta?

3) Il gesto della scrittura è un gesto antico, è la volontà di lasciare un segno e, nel mio caso di tramandare quella che è stata la mia esperienza. Sono convinta che condividere le nostre esperienze possa essere un gesto di prevenzione e possa dare l’opportunità di poterne parlare. Ci sono degli eventi traumatici che si amplificano e aumentano il danno che la persona subisce proprio perché rimangono dei segreti, dei segreti che una persona si porta per sempre senza avere la possibilità di raccontarli e in qualche modo di elaborarli.

 La scrittura nel 2024?

4) Nel corso degli anni la scrittura si è fatta sempre più asciutta, tanto che lo stile più in voga oggi lo si potrebbe definire minimalista.
Ho l’impressione che viene considerato un libro di valore quel libro che nessuno deve essere in grado di capire cosa c’è scritto perché esistono forme espressive che si focalizzano su un uso articolato della struttura della frase. E’ come se ci fosse una ricerca di originalità. La ricerca di originalità a volte è sincera, frutto di un’idea, di un seme dal quale poi nasce una pianta vigorosa; in altri casi invece è la semplice volontà di attirare l’attenzione: prima dell’editore e poi del
pubblico. Tornando alla forma direi che, come nel mio caso, c’è una scrittura che sgorga direttamente dal cuore e altre, invece, non vissute ma pensate, immaginate, alle quali a volte serve l’aiuto dell’artificio.

Cosa manca oggi per poter emergere come autore?

5)- Prima di tutto c’è una grossa difficoltà: essere pubblicati. Il mercato è saturo. La concorrenza è troppa e agguerrita. Le case editrici più note non prendono in considerazione le Nuove Voci e pubblicano libri “più sicuri”. Gli autori emergenti si trovano a doversi rivolgere a piccole case editrici, spesso a pagamento, e a dover svolgere una costante attività promozionale per far conoscere il proprio libro. Direi che manca l’attenzione.

 Progetti futuri?

6) Ho deciso di dedicare parte del mio tempo a raccontare e condividere con i giovani la mia esperienza perché possa essere uno stimolo per farli parlare, confrontare, per condividere le loro paure e superare quella sensazione di solitudine che li opprime. Una sensazione che potrebbero vivere da quando sono bambini avendo assistito alla violenza domestica. Ma il mio pensiero è più che altro rivolto alle donne. Perché la nostra voce non può essere controllata. La nostra voce deve essere ascoltata. Bisogna prendere la paura e trasformarla in forza, per potersi ribellare e dire di no.
Il mio libro è una testimonianza di una lotta per la sopravvivenza, per l’amore e per la libertà.

Dove troviamo il libro?

7)-Il libro si può trovare in versione cartacea distribuita da Messaggerie Libri S.p.a. in versione digitale(ebook) in tutti i formati necessari: Epub(per iPad, Kobo,ecc..) e Mobypocket(per Kindle).La versione ebook dell’Opera è distribuita in centinaia di store on line(tra cui Amazon, in Mondadori, la Feltrinelli).

 

Di Manuela Montemezzani

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