Due Chiacchiere con l' Arte

Luciano Vasta , SCRITTORE

BIOGRAFIA 

Luciano Vasta.

E’ nato a Lamezia Terme, ma da qualche anno vive a Modena.
Da sempre impegnato nel sociale, negli anni ha svolto con continuità attività politica e sindacale.
Dopo aver lavorato nell’Agenzia delle Dogane per 40 anni, da quando è in pensione ha potuto riprendere i suoi interessi: musica e scrittura.
Scrive per diletto canzoni del genere cantautorale e da diversi anni è iscritto alla SIAE in qualità di autore sia delle musiche, che dei testi.
Dal 2023 ha iniziato a partecipare a concorsi letterari con lusinghieri risultati.

Gennaio 2023, Vincitore del terzo premio alla settima edizione del Premio Letterario Sul Fondo dedicato alla Shoah, con un racconto breve intitolato “Johann e Kerstin”.

Luglio 2023, Vincitore primo premio assoluto tra i romanzi inediti nella settima edizione del Premio Letterario Internazionale Castrovillari Città Cultura, con il romanzo “Il Fatto”.

Luglio 2023, Finalista del Concorso Letterario StorieNoir 2023, con il romanzo giallo inedito “Un buco di troppo” secondo libro di una trilogia incentrata sul Commissario Barbieri.

Agosto 2023 Finalista al Premio Letterario Edizioni Italiane con lo stesso romanzo giallo.

Settembre 2023, Menzione Speciale per una mia canzone, “Per tutti gli abbracci non dati”, nell’ambito del Premio Letterario Internazionale Aspromonte.

Maggio 2024 Vincitore della Rosa d’Argento al Premio Letterario Internazionale Per troppa vita che ho nel sangue – Premio Antonia Pozzi a Pasturo – Lecco, con il patrocinio del Comune di Roseto degli Abbruzzi, con il libro “La Follia di Marina”.

Giugno 2024 nella terna finalista del Premio Letterario Internazionale Casinò di Sanremo Antonio Semeria sempre con il libro “La follia di Marina”.

Luglio 2024, Finalista al Premio letterario Xenia, con menzione d’onore, con il romanzo “La follia di Marina”.

 

SINOSSI DELL’ OPERA

La Follia di Marina.

Il libro si divide in due parti.
La prima, che si svolge nell’arco di sette mesi, racconta la vita di una ragazza, Marina, che all’inizio degli anni Sessanta, vive in un paesino sperduto nelle montagne calabresi rimasto ancora estraneo alle rivoluzioni che avevano attraversato il mondo ed alla modernizzazione che stava vivendo invece il nostro Paese in quegli anni.
La ragazza, dopo la perdita della madre e dopo essere stata costretta a lasciare la scuola, si invaghisce di un venditore ambulante, vedendo in lui la possibilità di lasciare quel piccolo paesino così refrattario ai cambiamenti.
Solo che, dopo essere rimasta incinta, il ragazzo, sposato con figli nella città dove vive, si eclissa lasciandola sola in balia della furia del padre-padrone e della riprovazione di tutto i paesani.
Perso il bambino, a causa della botte del padre, Marina, ormai “disonorata”, pensa di lasciare il paese, ma prima incontrando il genitore dà in escandescenza e prova a colpirlo, così viene rinchiusa nel vicino manicomio.
La seconda parte si svolge all’interno dell’ospedale psichiatrico dove vengono alla luce le condizioni decisamente disumane ed i maltrattamenti subiti dai “pazienti”, trattati spesso alla stregua di oggetti.
Questa parte attraversa i successivi sedici anni di Marina, e descrive il progressivo annullamento (anche grazie all’abuso degli psicofarmaci ed al ricorso all’elettroshock) della personalità della ragazza, nella cui mente i ricordi della vita precedente gradualmente si sbiadiscono, fino ad essere cancellati.
In questi anni di internamento Marina si aggrappa ad alcune figure che riescono a farle provare dei sentimenti.
Il racconto, sia nella prima che nella seconda parte, è intervallato da ricordi di episodi vissuti da Marina, che costituiscono dei quadretti della vita del suo paesino natio.

 

INTERVISTA ALL’ AUTORE

 

Ci parli del libro? Del perché ha voluto trattare questo argomento?

La follia di Marina parla di un argomento assai spinoso, cioè la realtà dei manicomi, che fino a meno di cinquant’anni fa erano ancora aperti e rappresentavano una vergogna per il nostro paese. Il romanzo è stato presentato tra gli inediti al Premio Letterario Internazionale Antonia Pozzi a Lecco ed ha ottenuto La Rosa d’argento, un riconoscimento assai prestigioso che ha attirato l’attenzione di una piccola casa editrice indipendente di Milano, la VJ Edizioni, che mi ha convinto a pubblicarlo.
Racconta la storia di una ragazza sedicenne che all’inizio degli anni Sessanta, in un paesino sperduto delle montagne calabresi, dove il progresso era ancora assolutamente sconosciuto, si sottrae alle convenzioni in uso e si ribella al padre il quale, dopo una violenta lite, la fa rinchiudere nel vicino manicomio. Qui la ragazza subisce violenze, umiliazioni e maltrattamenti che la prostrano e la conducono ad un continuo e progressivo distacco dalla realtà.
Era in uso infatti, soprattutto prima della guerra, con un’accentuazione nel periodo fascista, ma anche in tempi più recenti fino all’approvazione della Legge Basaglia, rinchiudere dentro i manicomi quanti con comportamenti “diversi” e fuori dai canoni, “disturbavano” quella che era la cosiddetta morale comune. Erano soprattutto le donne ribelli che ne pagavano le conseguenze, ma anche gli omosessuali e i nemici politici.
L’idea di scrivere un libro su questa storia, è nata lo scorso autunno quando lessi un articolo che parlava di una giornalista americana, Nellie Bly, vissuta a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento, che mi ha molto incuriosito. Lei, oltre ad essere una donna molto determinata e femminista convinta, era soprattutto, come si direbbe oggi, una giornalista d’inchiesta, una antesignana visto che quel tipo di giornalismo ancora non esisteva. Incaricata di scrivere sui manicomi, di fronte al muro di gomma con il quale si scontrò, Nellie fece una cosa incredibile: si finse pazza e si fece rinchiudere in un manicomio, operazione che si rivelò facilissima, visto che i medici la etichettarono immediatamente “soggetto da internare” con una superficialità incredibile, a testimonianza che nei manicomi ci si finiva facilmente. Lì dentro toccò con mano e visse in prima persona i maltrattamenti, le angherie e le violenze che subivano le pazienti. Dopo dieci giorni il suo giornale riuscì a farla uscire da quel posto e lei scrisse un articolo grazie al quale scoppiò un grande scandalo. Nel suo breve periodo di permanenza nel manicomio, Nellie aveva stretto una particolare amicizia con una ragazza, anche lei perfettamente sana di mente, come molte altre lì dentro, così, essendo diventata ormai famosa, dopo qualche anno volle tornare in quella struttura, ma la ragazza non solo non la riconobbe e la ignorò, ma sembrava anche completamente astratta, come se vivesse in un mondo tutto suo: in soli pochi anni di permanenza in quel luogo, il distacco dalla realtà si era completato. Finito di leggere l’articolo, in quel momento nella mia mente era appena nata Marina.

– Come nasce la passione scrittura.

Ho sempre amato scrivere, è una passione che ho coltivato da sempre, ma l’ho sempre fatto solo per me, senza mai pensare che un giorno sarei arrivato a pubblicare qualcosa. Il direttore editoriale della VJ Edizioni, mi ha però convinto così ho pubblicato il libro con loro. In realtà, più che lo scrittore, pensavo di fare il musicista. Infatti, oltre che dalla scrittura, sono stato sempre molto attratto dalla musica e sono autore di canzoni sia per quanto concerne i testi, che le musiche, per cui sono regolarmente iscritto alla SIAE.

– Perché secondo lei le donne hanno sempre ricoperto un ruolo scomodo e controverso nella storia?

In una società prettamente patriarcale, qual è quella che si è sviluppata nel corso dei secoli, il ruolo delle donne era, come sappiamo, relegato ad alcune funzioni da svolgersi esclusivamente all’interno dell’ambito familiare, ruolo che era totalmente funzionale al mantenimento dello status di predominio dei maschi. È evidente che, nell’Ottocento e nel Novecento, qualsiasi donna che provasse a distaccarsi da questo schema, era pericolosa e vista con diffidenza, come succedeva, ad esempio alle donne di cultura, perché ciò metteva in discussione gli schemi preordinati: in questo caso chiudere queste donne nei manicomi era una soluzione a quello che veniva percepito come un problema. Molto spesso le religioni non hanno fatto altro che peggiorare la situazione, individuando la donna, nella sua presunta debolezza, quale vittima ideale del demonio, se non essa stessa strumento del demonio e questo ha permesso all’uomo di continuare a marginalizzare il ruolo delle donne, senza riconoscerne il ruolo che invece avrebbero dovuto avere.

– Secondo lei com’è cambiata negli ultimi anni la figura della donna?

È evidente che oggi la donna abbia un ruolo molto più attivo all’interno di questa società, però troppo spesso, per poter ambire a posti di potere, deve essere assimilata a modi di agire e di pensare tipicamente maschili. Una delle espressioni che odio di più per indicare che una donna ha le caratteristiche per poter svolgere un ruolo di comando, è quella di dire “è una donna con le palle”: terribile. È evidente che comunque il ruolo della donna nell’età moderna è decisamente cambiato, però attenzione perché spesso si tratta di un cambiamento più formale che di sostanza. Le donne, infatti, oggi sono decisamente più consapevoli di loro stesse, hanno sicuramente un ruolo diverso proiettato verso l’esterno e non più limitato all’interno del nucleo familiare, però non bisogna dimenticare il fatto che ancora oggi, anche in un Paese che si dice moderno come il nostro, la donna che lavora al pari o più dell’uomo, troppo spesso è comunque responsabile dell’andamento delle cose di casa (o viene comunemente ritenuta tale), con tutti i lavori aggiuntivi che ciò comporta, secondo pregiudizi duri da scardinare.

– Donne, figlie, mogli e poi madri, limitativo e poco realistico. La sua opinione in merito.

È quello che ho appena detto, questo è uno schema decisamente limitativo e limitante, oltre che poco attinente alla realtà. Però ancora troppo spesso è così. Nel mio libro La follia di Marina, tutti i personaggi hanno un nome, tutti tranne uno: la madre della protagonista Marina, che muore nelle primissime pagine, ma che poi è presente più che mai per tutto il libro. Non è stata assolutamente una dimenticanza la mia, né tantomeno è indice di una minore attenzione verso quel personaggio, anzi, al contrario. Il fatto di non volerle dare un nome è stata una precisa scelta, perché per me quella donna, che incoraggia la figlia ad andare via dal paese e che la spinge a fare una vita diversa dalla sua, incarna esattamente tutte le donne del suo tempo, le quali erano (tristemente) considerate solo ed esclusivamente in base al ruolo che avevano all’interno della famiglia, quindi erano via via madri con l’obbligo di accudire e crescere i figli; mogli con l’obbligo di ubbidire al marito e di assecondarlo; massaie con l’obbligo di badare e mandare avanti la casa e preparare da mangiare per marito e figli; e via dicendo. La vita di quelle donne, quindi, era costituita esclusivamente di obblighi verso altri, senza nulla concedere a sé stesse. La madre di Marina quindi, a seconda della situazione, incarnava esattamente tutto questo ed è per ciò che non ho voluto limitarne la portata dandole un nome, perché ho voluto che avesse il nome di tutte le donne che si trovavano (e purtroppo alcune volte ancora oggi, si trovano) in quella identica situazione.

Nella società attuale cosa secondo lei caratterizza una donna, libera e anticonformista?

Non vorrei apparire scontato, ma è palese che l’uomo per millenni ha costretto le donne a vivere con l’idea che il piacere femminile non esistesse, o comunque fosse un peccato, facendole rifuggire dal sesso, se non per adempiere al dovere coniugale, sfruttando soprattutto il terrore per le potenziali conseguenze che l’atto sessuale può comportare per le donne stesse.
Ho fatto questa premessa perché credo che una delle più grandi conquiste della donna, che le ha permesso di essere via via sempre più libera e di autodeterminarsi, sia stata la possibilità di poter decidere la propria sessualità e questo è coinciso con l’invenzione della pillola anticoncezionale che ha affrancato la donna dalla spada di Damocle delle gravidanze indesiderate, cosa che aveva permesso per secoli agli uomini di tenerle soggiogate. La scoperta di poter fare sesso liberamente, senza quella paura, è stato il primo passo affinché la donna scoprisse la consapevolezza di sé, di poter decidere della propria vita e le ha permesso di diventare quindi più libera. Non a caso la prima diffusione della pillola negli Stati Uniti e l’inizio dei movimenti femministi, sono temporalmente coincidenti. Oggi la donna, pur con i limiti a cui accennavo prima, ha acquisito coscienza di sé e del ruolo che ha nella nostra società, per cui una donna libera è una donna che sa di poter decidere cosa sia più giusto per sé, senza aver bisogno di nessuno.

– Molti dicono che la troppa indipendenza della donna abbia come dire reso l’uomo meno forte più debole e insicuro.
Lei cosa ne pensa?

Io non la porrei in questi termini, perché è evidente che questa autodeterminazione della donna abbia fatto venir meno le certezze, vere o presunte che fossero, nel cui mito l’uomo è sempre vissuto, arrogandosi in base a ciò il diritto di decidere per tutti. Però, secondo me, il problema non è la debolezza dell’uomo (perché se accettassimo che la sua insicurezza oggi sia un problema, riconosceremmo il ruolo che si era costruito), quanto piuttosto parlerei di impreparazione al tipo di società che si sta delineando. Quindi che l’uomo perda sicurezza, per me non è un problema; il problema è quello di capire come strutturare una società dove la fragilità e le incertezze, a prescindere dal genere, non siano più viste come un segno di debolezza e dove il “potere” non sia più associato all’idea di forza.

– Dove possiamo trovare il libro?

Il libro si può richiedere nelle migliori librerie e ovviamente si può anche ordinare nei maggiori siti on-line come Feltrinelli, Ubik, Il Libraccio e presto sarà disponibile anche su Amazon, oltre ovviamente nel sito della casa editrice, la VJ Edizioni. L’ottima accoglienza che ha avuto, ha già portato ad una prima ristampa, cosa che mi rende particolarmente orgoglioso

– Progetti futuri

Quando saranno finite le presentazioni per far conoscere Marina e la sua presunta follia in giro per le librerie d’Italia, vorrei rimettere mano ad un mio vecchio romanzo, che lo scorso anno ha già comunque vinto il primo posto assoluto in un Premio Letterario per romanzi inediti, per renderlo adatto alla sua pubblicazione, sperando che raccolga gli stessi commenti estremamente positivi che sta raccogliendo La follia di Marina.
Inoltre, a rimarcare l’ampiezza delle mie passioni, mi piacerebbe mettere in piedi uno spettacolo costituto da mie canzoni, intervallato da versi di poesie.
Anche questo è un progetto ambizioso, ma perché pormi dei limiti?

 

Di Manuela Montemezzani

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