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Non dimenticare la tragica estate di 80 anni fa

di FRANCO ASTENGO

Le Fosse Ardeatine, Marzabotto, Sant’Anna di Stazzema, sono solo alcuni dei luoghi martiri in cui gli italiani, spesso anche donne e bambini muoiono per mano dei carnefici di Hitler.

Nella tragica estate del 1944 con lo sbarco in Provenza, seguito a quello in Normandia del 6 giugno, gli Alleati commettono un grave errore distogliendo forze dal fronte italiano e permettendo alle armate di Kesserling di trincerarsi su nuove linee.

Dopo l a grande offensiva che ha portato gli americani a Roma e la successiva avanzata, i piani alleati per la liberazione dell’Italia subiscono un forte rallentamento.
Le armate americane e inglesi non riescono a chiudere le forze naziste in Italia in una sacca per annientarle definitivamente.

La Wermacht è ancora forte, ben inquadrata ed equipaggiata, nonostante le perdite subite nei combattimenti attorno a Roma e lungo il fronte Adriatico.

Il comando germanico può permettersi di combattere la guerra ai partigiani con le armi più potenti di cui dispone.

L’avanzata dei partigiani che ha segnato i mesi di Luglio e Agosto con la formazione di una serie di Repubbliche indipendenti e auto amministrate in diverse parti del territorio in Piemonte, Liguria, Emilia,  Veneto, Friuli.

Le repubbliche cadono tra la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno sotto il peso di un grande dispiegamento di forze. Nel rastrellare il comando tedesco con l’intento di evitare le imboscate, impartisce l’ordine di aprire il fuoco a vista anche se s’incontrano civili, donne, bambini.

Anche la politica internazionale inizia a mostrare le sue contraddizioni.

Non si capisce bene se gli americani preferiscano evitare il totale annientamento dei tedeschi, mentre i sovietici avanzano in Europa e Churchill inizia ad avere chiaro il futuro ruolo di contrapposizione con i partiti comunisti dei paesi liberati.

In questo modo il coordinamento tra i partigiani e gli Alleati, temuto dal comando germanico, non si realizza, facendo perdere ai liberatori una fondamentale opportunità.

In settembre scatta l’offensiva contro il Monte Grappa, poi il 9 ottobre un’imponente forza di attacco composta da 13.000 soldati di Salò affiancati dai reparti tedeschi, attacca la val d’Ossola e respinge i resistenti fino al confine con la Svizzera.

Anche la Repubblica di Alba viene attaccata ma riesce a difendersi per 55 giorni, grazie agli aviolanci alleati.

Si combatte nelle Langhe e nell’Alto Monferrato dove molti partigiani riescono a sganciarsi e a sfuggire ai plotoni d’esecuzione.

In Carnia 40.000 tedeschi rinforzati da volontari ucraini sferrano l’offensiva contro le brigate Osoppo e Natisone.

Sulle Alpi e sugli Appennini liguri – piemontesi la RSI schiera due divisioni “San Marco” e “Monterosa” con esclusivi compiti di rastrellamento dei partigiani.

L’opera della due divisioni però  risulta fiaccata da moltissime diserzioni che rimpinguano le forze partigiane.

Il 13 novembre 1944, un comunicato del generale Alexander invita i partigiani a sospendere le ostilità nell’imminente inverno.

Anche questo è un passaggio fondamentale nella storia della Resistenza, troppo spesso ignorato.

L’invito del comandante britannico è respinto: le formazioni partigiane, ormai coordinate dal Corpo Volontari della Libertà con sede a Milano e nel quale sono rappresentati tutti i partiti politici del CLN, viene respinto.

Le operazioni continuarono in montagna come in città.

Si inizia così il duro inverno del 1944.

Per vincere la guerra occorrerà attendere ancora l’alba radiosa del 25 aprile e saranno ancora gli operai i protagonisti della Liberazione con le formazioni partigiane  capaci di liberare, in precedenza all’arrivo degli Alleati, Genova, Milano, Torino.

 

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