Due Chiacchiere con l' Arte

Antonio Grasso , SCRITTORE

NOTA DELL’AUTORE
Se qualcuno mi chiedesse come mai un romanzo sugli anni ’80 ambientato ai giorni nostri, risponderei che, in fondo, è lo specchio
della mia anima, facendo mio anche il concetto che noi siamo il nostro passato.
E se qualcuno mi chiedesse qual è la ragione di questo mio legame
con quel periodo, risponderei che non è solo di natura nostalgica ma
è piuttosto una necessità di recuperare quella capacità di stupirci
e meravigliarci ancora di qualcosa, del tutto assente ai giorni nostri.
Tutto qui?
No, perché se volessi essere più preciso, mi verrebbe da aggiungere
che la grande assente è soprattutto la capacità di meravigliarci insieme.
Il termine condivisione è oggi, forse, tra quelli più utilizzati nei nostri discorsi quotidiani ma la declinazione attuale è decisamente distante da quella che lo contraddistingueva ai tempi della “Milano da
bere”.
Condividere davvero, in modo tangibile e concreto, l’ultima novità
tecnologica, così come l’ultimo modello di ciclomotore, non era
cosa deputata a un social network ma alla piazzetta sotto casa, alla
citofonata al compagno di classe, all’impegno preso la mattina a
scuola.
E pensate cosa doveva essere, fare tutto questo senza telefonini e
applicazioni di messaggistica istantanea!
Condividere, quindi, significava anche darsi un appuntamento per
una certa ora, in un certo luogo, e poteva capitare che nessuno arrivasse.
E a quel punto te ne tornavi a casa.
Punto e basta.
Nella prima parte del libro ho quindi cercato di fotografare, come
fosse un’istantanea dell’epoca, cosa significasse essere un adolescente di quel periodo; quale fosse il terreno socioculturale, politico
e di costume sul quale un quindicenne di allora si trovasse a camminare, notando, per certi versi, quanto è lontano dal nostro humus benché sia passata solo una manciata di anni.
Accantonato il momento amarcord, alcuni “lettori zero” mi hanno
poi chiesto quanto di autobiografico ci fosse nel libro.
Rispondo con il criterio che da sempre utilizzo nella vita quotidiana
e professionale: parla solo di ciò che conosci.
I punti di contatto con la mia vita personale, quindi, non rivestono
alcun connotato autobiografico ma sono limitati unicamente
dall’esigenza di riportare circostanze credibili e funzionali alla narrazione, attingendo da ciò che appartiene al mio bagaglio di conoscenze ed evitando di addentrarmi in terreni a me sconosciuti, che
avrebbero minato la credibilità e il senso di immersione del lettore
nel mondo che ho cercato di ricreare.
Viceversa, aggiungo che ho sempre cercato di coordinare il mio
immaginifico con una piattaforma rappresentata da fatti storici, riferimenti e cose, il più possibile verificati e rigorosi, nella speranza,
almeno parziale, di offrire un canone di verosimiglianza e credibilità alla realtà fantasiosa descritta nel libro.
Infine, vorrei dichiarare quanto questo romanzo rappresenti un atto
di amore verso il “mio mondo” che qualcuno potrebbe definire
da nerd.
È, perciò, un romanzo da o per nerd?
Non lo so, sono solo consapevole che, a prescindere dalle classificazioni, ognuno ha il proprio mondo, identificabile come
un complesso di persone, affetti, oggetti e luoghi che ci fanno stare
bene.
Tra gli affetti per me importanti inserisco i miei adorati cani.
Spesso mi chiedono come faccio ad amarli così tanto.
«Come si fa a non amarli?!» rispondo io.
Io li ammiro, nel senso più etimologico del termine, perché se è vero che siamo entrambi mammiferi, è altrettanto vero che ci siamo
evoluti in direzioni diverse. Per quanto concerne la strada delle facoltà razionali, più o meno, noi umani ne abbiamo percorso un bel
tratto, per quanto riguarda, invece, quella empatica, beh… forse…
dai cani avremmo solo da imparare.
Nel libro mi sono, poi, divertito ad aggiungere molti easter eggs:
citazioni, omaggi, riferimenti incrociati, simboli ed elementi distintivi del “mio mondo” e di quella cultura pop incredibile che è stata
l’epoca dei paninari.
Dopo avervi svelato alcuni retroscena della scrittura di questo romanzo, concludo ringraziando di cuore le persone che mi hanno
sostenuto durante questa esperienza.
Ringrazio la mia famiglia, mia moglie Eugenia in primis che mi ha
sempre spronato in questa avventura, senza mai farmi pesare le ore
di tempo dedicate al Cacciatore (e sottratte ad altro…).
Ringrazio il mio comitato di “lettori zero” (tra questi, mia madre e
il mio amico Stefano) e Luca Binaghi per la sua amicizia nonché
per la professionalità e dedizione che ha dimostrato nel realizzare la
splendida copertina, capace di trasmettere e riassumere tutto lo spirito del romanzo.
L’ultimo ringraziamento lo dedico a chiunque leggerà questo mio
libro, nella speranza che possa rappresentare un momento di piacevole evasione dalla propria quotidianità e, per alcuni, un pretesto
per avvicinarsi ad un mondo così lontano ma, in fondo, davvero così vicino.

 

 

 

Brevi note degli autori.
Da Goldrake al Colosso.
Quando cresci con il marchio indelebile di chi ha assistito all’invasione in
massa dei robottoni giapponesi, non puoi che maturare portandoti dentro
un seme che, prima o poi, è destinato a germogliare.
Il seme era stato gettato nel terreno del nostro inconscio già da quel 4
aprile 1978, quando una raggiante Maria Giovanna Elmi, alle ore 19.00
circa, coadiuvata dalla parodia ironica di Dario Fo, annunciava la prima
puntata di un fenomeno mediatico che, da quel momento in poi, avrebbe
segnato una linea spartiacque tra i mondi ovattati, rassicuranti ed edulcorati di Walt Disney e Hanna & Barbera, e la fantasia, anche a tratti delirante, dell’universo Go Nagaiano, proiettato verso un nuovo e inatteso
piano di collocazione al quale andava sempre più stretta l’etichetta “per
bambini”.
RAI 2, infatti, trasmetteva la prima puntata di “Atlas Ufo Robot”, alias
Goldrake.
E da lì in poi, nulla fu più come prima.
Fondere violenza, amore, amicizia, onore e dottrina shintoista in una serie
animata, significava irrompere come un fulmine a ciel sereno nella cultura popolare di massa, rompendo con una rassicurante e omologata tradizione e prestando il fianco a critiche, anche feroci, ma pure raccogliendo
tangibili e appassionate manifestazioni di vero amore per il nuovo mondo
che stava nascendo.
E quindi, dicevamo, prima o poi quei semi sarebbero germogliati e, nel
nostro caso, il Colosso è proprio uno di quei germogli.
A voi decidere se il frutto di quei semi sia succulento e maturo al punto
giusto.
A noi è piaciuto abbastanza e siamo lieti e orgogliosi di condividerlo con
voi.
“Abbastanza” perché, a nostro modo di vedere, per quanto buoni possano essere i semi che a suo tempo ci furono donati, i loro frutti mai e poi
mai potranno avvicinarsi a quelli dolci e polposi che assaporammo durante la nostra giovinezza.
Però noi ci abbiamo provato anche se, come dice il buon Joda, non esiste
provare, esiste fare o non fare.
E, quindi, ci piace credere che l’abbiamo fatto, in tutto, in parte o per lo
meno “abbastanza”.
E Roma… Roma cosa c’entra con Goldrake?
Questo lo scoprirete o lo avrete già scoperto leggendo la nostra storia.
Ci piace solo aggiungere che ci siamo divertiti assai, anzi parecchio, a intessere trama e ordito per realizzare, come farebbe un bravo artigiano con
il suo telaio, quello che è il nostro tappeto narrativo.
Abbiamo cercato di rispettare il contesto storico ma, in qualche occasione,
è stato necessario concederci qualche licenza. A tale proposito invochiamo la vostra indulgenza e sappiate che non lo si è fatto per irriverenza o
superficialità ma per amalgamare meglio il nostro canovaccio narrativo
alle dinamiche socioculturali della Roma Imperiale dell’80 d.C.
Quando si indugia troppo con una prefazione (o postfazione) sappiamo
che si corre il rischio di annoiare e, quindi, pensiamo sia giunto il momento di accomiatarci da questa breve e confidenziale chiacchierata.
Tuttavia, prima di volgere al termine e come è solito farsi in queste occasioni, non ci si può sottrarre al rito dei ringraziamenti che, tuttavia, nel
nostro caso è particolarmente sentito e carico di emozione.
Un ringraziamento doveroso, innanzitutto, va alle nostre famiglie, per
averci sopportato nei giorni (…e nelle notti…) passati a studiare caldaie a
vapore e inni di guerra romani.
Tutta la nostra riconoscenza viene poi rivolta al comitato dei nostri preziosissimi lettori “zero”, senza i quali l’opera non avrebbe assunto
l’attuale fisionomia. Li vogliamo ringraziare, proprio a uno a uno: Anna,
Claudia, Illya, Michela, Paolo, Gino, Michele, Fausto, Cristina, Diego, Irene, Valentina e Cristian.
E un ultimo, ma non meno importante e caloroso ringraziamento, lo dedichiamo a chi ha tra le mani questo nostro lavoro.
La nostra più grande aspettativa e speranza è che possa avervi fatto passare dei momenti di serena evasione e, con un pizzico di presunzione,
sia riuscito anche a trasmettervi tutta la passione e l’amore con i quali è
stato realizzato.
Sempre vostri.
Luca & Antonio

INTERVISTA ALL’ AUTORE

 Ci parli della sua passione per la scrittura.
La mia passione per la scrittura, in realtà, è una conseguenza naturale legata al mio immaginifico. Ho avuto,
sin dall’infanzia, in dono un serbatoio colmo di fantasia
che, via via negli anni, è stato riempito dal carburante
più potente che ci sia, ovverosia, il mio universo nerd dal
quale attingo e nel quale mi sento immerso, ora come allora. Scrivere, quindi, significa dar corpo a quei pensieri,
trasformarli in una sequenza di lettere, di parole che altro non sono se non la necessità di concretizzare
l’esigenza comunicativa, la “vocina” che dentro di me
bussa al mio “io” e mi chiede di portare queste storie al di
fuori del mio mondo. Inoltre, per quanto mi riguarda,
scrivere rappresenta anche il momento nel quale mi rifugio nel mio “mondo sicuro” e grazie al quale, in qualità
di autore, intraprendo io stesso un viaggio. Infatti, quando inizio a scrivere una storia capita che, a volte parta in
una direzione e poi mi ritrovi, se non proprio da un’altra
parte, a percorrere tutti quei viottoli laterali che, per
quanto mi riguarda, rappresentano il lato più affascinante del cammino.
* * * * *
 Ci parli di come nascono le storie che lei racconta
nei suoi libri.
Quando cresci in un ambiente permeato di cultura
pop, robottoni giapponesi e mondo NERD non puoi che
maturare portandoti dentro quei semi che, prima o poi,
sono destinati a germogliare. Tutti i miei racconti, le mie
storie, i miei romanzi, quindi, sono un atto di amore verso quel mondo. Lo è “Il cacciatore di fulmini (38911 bytes
free)”, il cui titolo, in modo più che eloquente, richiama il
computer simbolo degli anni ’80, ovverosia il Commodore 64. (“38911 bytes free”, infatti, è una parte della dici-
tura che compariva sulla schermata di avvio della macchina). Ma lo è anche il “COLOSSO CDLIII”, una graphic
novel di fantascienza in salsa steampunk, ambientata
nella Roma antica di Tito (80 d.C.), realizzata con il mio
amico e illustratore Luca Binaghi e che rappresenta un
vero e proprio omaggio all’universo Go Nagaiano e al
mondo dei robottoni giapponesi degli anni ’80.
Questa, tuttavia, costituisce solo la base narrativa, il contesto sul quale si incardinano le mie storie perché, a farla
da padrone, è in realtà il valore dell’amicizia, magari sviluppata proprio su quei banchi di scuola nei quali, fianco
a fianco e non attraverso un sistema di messaggistica, si
interagiva con il proprio compagno di banco per ritrovarsi insieme, poi, di nuovo nel pomeriggio, tra compiti,
Subbuteo e una partita all’Atari 2600.
È l’amicizia in ogni sua declinazione, dunque, il vero collante, il leitmotiv presente in tutte le mie storie.
Come avrà capito, io sono un figlio degli anni ’80 e, come
tale, in ogni mia opera ci sarà sempre un pezzettino di
quel mondo a farla da padrone. Mi permetta di aggiungere che verso quei meravigliosi anni, da alcuni definiti
vuoti e plasticosi, in realtà dobbiamo spesso volgere il
nostro sguardo perché è proprio là che si sono gettate
molte delle basi sulle quali poggia la nostra società attuale. Il fatto è che ci stiamo avviando a diventare un presente senza passato, senza memoria, e spesso dimentichiamo, come diceva qualcuno, che possiamo guardare
più lontano soltanto perché sediamo sulle spalle di chi ci
ha preceduti e non solo, come a volte ci si illude, per
l’acume della nostra vista.
* * * * *
Da dove nascono i suoi personaggi.
La ringrazio della domanda alla quale rispondo molto
volentieri. Spendo molte energie nella caratterizzazione
dei personaggi dei miei racconti. Il nostro quotidiano già
ci offre meravigliosi esempi del variegato universo umano. A me, in quanto autore, spetta solo il compito di
prendere questa piattaforma ed edificarla con l’aiuto della mia fantasia. Anche per quest’ultimo aspetto, come è intuitivo immaginare, attingo dal mio serbatoio, dal mio
brodo culturale di cultura pop nel quale mi immergo
sempre volentieri. Vorrei anche aggiungere qualcosa sui
tratti caratteristici dei protagonisti delle mie storie. Per
quanto mi riguarda, non credo nella costruzione
dell’eroe e dell’antieroe ma ritengo che vi siano esseri
umani che compiano azioni giuste e azioni sbagliate (a
volte anche con tutti i limiti del caso nel delineare in modo netto questa distinzione). Ciò si traduce in personaggi
imperfetti, caratterizzati da debolezze, dubbi e ripensamenti e ciò a prescindere dal fatto che si trovino dalla
parte “giusta” o “sbagliata” della storia.
* * * * *
 Scrivere nel 2024.
Sicuramente il mondo della scrittura, almeno per
quanto concerne questo momento storico, deve fare i
conti con il mondo dell’editoria. “Il cacciatore di fulmini”,
così come il “COLOSSO CDL III” non sarebbero che un
paio di file di qualche kilobytes se non ci fosse stata la
lungimiranza di qualche editore disposto a dare fiducia a
un autore pressoché sconosciuto. Personalmente, anche
in considerazione del proliferare del fenomeno
dell’editoria a pagamento, mi sentirei di indirizzare un
neo-autore verso i concorsi. Nel mio caso, ad esempio, la
mia opera prima “Il cacciatore di fulmini” è giunta finalista in diversi concorsi di rilevanza nazionale e, in tale
contesto, ho avuto il piacere e la soddisfazione di essere
pubblicato dalla “Leonida Edizioni”, casa editrice che segue in modo molto minuzioso e professionale, ma al tem
po stesso familiare, i propri autori pre e post pubblicazione. COLOSSO CDL III”, realizzato con Luca Binaghi,
invece è edito dalla “CITYLAND COMIX”, casa giovane
che, in questo caso, ha dato spazio ad un progetto ambizioso nell’ambito della linea autoriale del proprio catalogo.
* * * * *
 Perché, secondo lei, lo scrittore in questi anni è una figura sottovalutata.
Io non so se sia una figura sottovalutata. Probabilmente, in questo momento storico, scrivere rappresenta
una forma di intrattenimento che paga pegno rispetto ad
altre modalità più user friendly di passare il proprio
tempo libero. L’offerta martellante di pacchetti digitali di
contenuti in streaming, i vari “game pass” e i social, relegano la lettura tra le ultime possibili scelte in materia di
intrattenimento. Lo scrittore, come logica ripercussione,
ne paga le conseguenze. Si legge poco perché si fa altro.
* * * * *
 L’editoria secondo lei.
Ritengo che l’attuale punto di incontro tra la domanda
e l’offerta rappresenti anche l’attuale stato di salute del
mondo dell’editoria. Personalmente ho l’idea, tuttavia,
che questo punto di incontro si posizioni decisamente più
in basso rispetto ai decenni passati. È sufficiente scorrere l’elenco dei libri più venduti nella varie piattaforme
per renderci conto che, accanto a buoni libri, si stiano affermando sempre di più testi di autori improvvisati, biografie di influencer e manuali su arti nobili e meno nobili
ma che, tuttavia, suscitano gli interessi di un pubblico
sempre più numeroso. È la “colpa”, se così possiamo chiamarla, è vicendevole perché i numeri, quelli sì, hanno sempre ragione. Se è vero, infatti, che spetta al pubblico dei lettori scegliere bene è anche vero che spetta
agli autori offrire contenuti interessanti che vadano a
indirizzare il pubblico nelle loro scelte. Ci vuole coraggio
da parte degli editori nel puntare su contenuti di qualità
e, di conseguenza, fiducia e interesse dei lettori a sceglierli.
* * * * *
 Ci parli della lettura in questo periodo storico.
È una domanda alla quale in parte ho già risposto.
Lettura e scrittura sono due facce della stessa medaglia
che, come tale, deve essere forgiata e curata su entrambi
i lati.
* * * * *
 Dove possiamo trovare questi libri.
Dunque, la mia opera prima, il romanzo “Il cacciatore
di fulmini (38911 bytes free), edito nel 2023 da Leonida
Edizioni è disponibile presso tutte le piattaforme on line.
Per quanto concerne, invece, la graphic novel “COLOSSO
CDLIII”, questa è direttamente disponibile sul sito della
casa editrice “Cityland Comix”. Prossimamente lo sarà
anche sulle piattaforme on-line.

 

Di Manuela Montemezzani

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