Attualità

L’Umanità al bivio? L’uomo che verrà

di FABRIZIO UBERTO

Sotto il profilo etimologico, nel termine vacanza c’è quello di vuoto. Ed è proprio quest’ultimo, l’elemento che inquieta molte persone, perché induce a un rapporto più intimo con se stessi e conseguentemente ad una maggiore riflessività.
Per questo, proprio nel periodo in cui interrompiamo la routine lavorativa, ci capita di avvertire ( pur nell’apprezzamento dei benefici della bella stagione), un’angoscia sottile. Quest’ultima però non si identifica nella tradizionale accezione di paura immotivata o senza oggetto.
In questi giorni la nostra inquietudine ha un Focus definito, e cioè il Futuro della nostra generazione e soprattutto quello dei nostri figli o nipoti. In altre parole ci interroghiamo sull’ “Uomo che verrà”.
Non sappiamo ( a dirla come Maurizio Costanzo), cosa ci sia dietro l’angolo e così la nostra mente si rivolge ai cosiddetti “corsi e ricorsi storici”. Ed allora realizziamo che sempre nella storia dell’Umanità si sono alternate fasi di distruzione ed auto-distruzione ad altre di ricostruzione o di vera e propria palingenesi, ( un esempio per tutti: la seconda guerra mondiale).
Sarà così anche questa volta? Segnali sempre più preoccupanti ci mostrano un imbarbarimento dei comportamenti privati e pubblici, nonché un’apparentemente ineluttabile corsa del ” treno ” della guerra verso tunnel senza via d’uscita.
Restiamo afasici, in uno stato d’animo commisto di disgusto e di assuefazione, di fronte alle immagini di pestaggi squadristi ai danni di giornalisti inermi, o a quelle dell’energumeno trafficante di esseri umani ( il camionista che prende a cinghiate le ragazze extracomunitarie che hanno la sola colpa di desiderare una vita migliore), come anche al cospetto delle volgarità del futuro probabile Presidente degli Stati Uniti che parla di deportazione degli immigrati e li definisce come ” animali”.
Questi tragici esempi di cervello all’ammasso, oltre all’ottusità di governanti che non hanno saputo proporre alcuna “exit-strategy” rispetto a guerre che diventano ogni giorno più feroci, mi induce a ritenere che forse siamo arrivati di nuovo a un punto di non ritorno, vicini al culmine di una traiettoria auto-distruttiva, al di là della quale esistono solo catastrofi.
Ma davvero anche questa volta abbiamo bisogno di un’ involuzione collettiva, di questo “cupio-dissolvi”, che paradossalmente nella storia dell’umanità ha determinato anche una sorta di lavacro planetario, ad una catarsi etica delle coscienze?
Attenzione: con le armi nucleari, sappiamo bene che questa sarebbe una strada senza ritorno.
Nel contempo però ( sarò banale), piccoli gesti, ci dicono che un altro mondo è possibile. I tentativi di mobilitazione ( attraverso il referendum) contro pericolosi provvedimenti di discriminazione dei cittadini, le aperture giurisprudenziali verso un più ampio riconoscimento del diritto ad un’assistenza sanitaria e fine vita dignitosi, persino gli abbracci tra politici normalmente incompatibili nel corso della Partita del Cuore, ci inducono a sperare che forse è ancora possibile un’inversione di rotta, rispetto all’ottusità di quei trend nostalgici e guerrafondai che troppe volte hanno insanguinato la storia dell’umanità.

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