di FABRIZIO UBERTO
Cronaca di un naufragio annunciato.
La sconfitta di ieri sera con la Svizzera, netta e indifendibile da nessun punto di vista, sancisce per la nazionale italiana la fine dell’avventura europea e il mesto ritorno a casa.
Ovviamente questo non è stato un fulmine a ciel sereno: l’undici di Spalletti è stato altamente deficitario in tutte e tre le partite giocate prima di questa fatale di Berlino.
Ma al netto della non eccelsa tecnica di alcuni giocatori ( considerati comunque dei buoni professionisti) ciò che ha colpito lo scrivente ( e da quel che ho sentito, anche diversi commentatori), è stata soprattutto una vera e propria mancanza di professionalità.
Ed è proprio questo il punto che, a mio parere, va messo a fuoco: le prestazioni dei nostri calciatori sono state fiacche, persino inedite nella loro sprovvedutezza. Al di là delle scontate considerazioni sulle labili motivazioni da parte di una categoria di strapagati, esiste un quid di peculiare che ha reso ancora più amara e sconfortante la parabola di questa Nazionale.
Perché quella che io ho definito come mancanza di professionalità si connota, nella specie, come atteggiamento rinunciatario, abulico, contrassegnato da assenza di carattere e di determinazione. Si può anche perdere, ma dignitosamente, lottando, gettando come si dice con espressione ormai abusata, “il cuore oltre l’ostacolo”.
E qui veniamo al succo del problema, che sempre a mio giudizio, è del tutto extra- calcistico. In qualsiasi contesto ( da quello lavorativo a quello relazionale), per realizzare i propri obiettivi, occorre crederci, lottare, e soprattutto aver fiducia in se stessi e nelle proprie potenzialità. Quante persone conosciamo nella vita di tutti i giorni che si lamentano continuamente delle loro situazioni carenziali, attribuendone la responsabilità al destino o agli altri in generale, non volendo ammettere che sono invece passività, immobilismo e disistima nei propri confronti, ad ostacolare in modo decisivo la realizzazione di certi traguardi?
Dunque, si dovrà riflettere a lungo su questa debacle della Nazionale. Potranno cadere teste e rivalutarsi i settori giovanili ( assai più brillanti), ma fintanto che non si analizzeranno a fondo i citati aspetti psicologici e non si opererà un salto di qualità, nel segno di un ritrovato carattere e spirito combattivo, temo potremo ancora assistere a prestazioni mediocri e a sconcertanti sconfitte.