Il 22 maggio, dal 1930, nella basilica di San Pietro in Ciel d’Oro, è sede di una delle ricorrenze religiose più sentite della città: la festa di Santa Rita.
Il nome della Santa era Margherita Lotti, figlia di Antonio Lotti e Amata Ferri, abitante a Roccaporena, frazione a 5 km da Cascia. In un clima di fragile calma, Antonio e Amata svolgono la funzione di “pacieri”. I genitori di Rita sono particolarmente stimati e gli statuti del libero comune di Cascia affidano loro l’arduo incarico di pacificare i contendenti o, almeno, evitare stragi cruenti fra famiglie in conflitto.
Il giovane che s’innamora di lei, e che lei ricambia, si chiama Paolo di Ferdinando di Mancino. Rita indica a Paolo la via più autentica di un’esistenza vicina a Dio, allontanandolo dalle idee politiche ghibelline, che erano stata abolite. Egli viene assassinato nei pressi del “Mulinaccio”, circa nel 1406, in cui si era trasferito con Rita e i suoi due figli. Rita se ne accorge, accorre ma non le resta che cogliere il rantolo finale del marito.
Dopo l’assassinio del marito e la tragica morte dei suoi due figli, Rita si rifugia nella preghiera. È in questo momento che deve aver maturato con forza il desiderio di elevare il suo amore ad un altro livello, ad un altro sposo: Cristo.
Nel 1407 ca, inizia la sua nuova vita nel Monastero di Santa Maria Maddalena. Qui riceve l’abito e la Regola di Sant’Agostino, che professa e vive nei suoi quaranta anni di permanenza nel Monastero fino alla morte: contemplazione, preghiera e penitenza sono state sicuramente le coordinate dei cinquanta anni di vita claustrale di Santa Rita da Cascia.
La nostalgia per la sua Roccaporena, il ricordo di Paolo e dei figli si fa sentire vivo. Forse Rita, che ha sempre pregato per le loro anime, ora che sente avvicinarsi la fine, avverte una pena in cuore: sapere se il Signore abbia accolto le sue sofferenze e preghiere in espiazione dei peccati dei suoi cari. Chiede un segno all’Amore e il cielo le risponde.
Ad una sua parente, che era venuta a trovarla, chiede di passare nel suo orto di Roccaporena e cogliere una rosa e due fichi. È un gennaio nevoso e freddo. La parente si reca all’orto e trova le due rose e i due fichi richiesti, che coglie e porta a Rita. Le sue preghiere sono state esaudite: il marito, morto ammazzato e i due figli, morti uno dopo l’altro, sono stati accolti da Dio in Paradiso.
Con un fisico ormai provato dalle numerose sofferenze, Rita, dal 18 maggio 1947, giace nella Basilica Santa Rita a Cascia, dentro l’urna d’argento e cristallo realizzata nel 1930.
Il processo di beatificazione ha inizio il 19 ottobre 1626, sotto il pontificato di Urbano VIII, che ben conosce la Santa essendo stato vescovo di Spoleto fino al 1617.
il 24 maggio 1900, Leone XIII proclama Santa la Margherita di Cascia.
Giovanni Paolo II, nel grande giubileo del 2000, il 20 maggio concede udienza generale a una pellegrina speciale e ai suoi fratelli. Rita da Cascia giunge di nuovo a Roma, volando con la polizia di stato, l’arcivescovo diocesano Mons. Riccardo Fontana, il rettore Padre Bolivar Centeno e Padre Giovanni Scanavino, il giorno 19 maggio. È subito scortata presso i suoi confratelli in Sant’Agostino in campo Marzio. L’intera giornata trascorre in preghiera, fino a notte fonda. Il giorno dopo, accompagnata da un tripudio di gente, mentre già i devoti l’attendono in piazza San Pietro, accorsi da ogni parte del mondo, si realizza l’incontro tra il Vicario di Cristo, l’umile Santa di Cascia ed i suoi fratelli; testimoniando al mondo che il messaggio d’amore e di pace deve ancora oggi trionfare. Da quest’incontro, per volontà del Sommo Pontefice, Santa Rita viene di fatto inserita nell’edizione tipica latina del messale romano del 2001.
La rosa è il simbolo della Santa: come la rosa, Rita ha saputo fiorire, nonostante le spine che la vita le ha riservato, donando il buon profumo del perdono di Cristo e sciogliendo il gelido inverno di tanti cuori.
Sono tempi cattivi, dicono gli uomini. Vivano bene ed i tempi saranno buoni. Noi siamo i tempi.
Sant’Agostino