INTERVISTA ALL’ AUTORE
Parlaci della tua passione per la scrittura.
All’inizio scrivevo e basta. Mi faceva bene. Non mi facevo grosse domande. Mi mettevo lì e scrivevo scrivevo scrivevo. Già dalle scuole medie mi piaceva scarabocchiare racconti, favole, poesie e filastrocche. Insomma raccontavo storie mie, inventate, senza grosse domande, senza velleità artistiche, per il puro gusto di farlo e soprattutto per quel che mi restituiva: emozione e soddisfazione. Poi ho perso mio padre, intorno ai vent’anni, e nella silenziosa disperazione di quella situazione lì, mi è venuto spontaneo mettermi a scrivere. Era l’unica cosa che sapevo fare davvero. L’unico luogo in cui mi sentivo al sicuro. La scrittura diventò improvvisamente un mezzo per restare vivo, per buttare fuori qualcosa che dentro sarebbe marcito. Insomma, si dice spesso, ma nel mio caso è stato proprio così: la scrittura in un qualche modo, mi ha tenuto in piedi. Ho scritto centinaia e centinaia di pagine, due romanzi adolescenziali, poesie, riflessioni pseudofilosofiche. Tutta roba che custodisco gelosamente e che non pubblicherò mai. Poi però è successo anche altro, che quello che scrivevo diventava vero, vivo, mi apparteneva al pari di un’amicizia o di una relazione, così ho iniziato a raccontare, quasi per gioco, storie inventate. Racconti. Romanzi. Ai primi riconoscimenti degli addetti ai lavori, alle prime pubblicazioni, ho capito che quel che scrivevo era apprezzato e che valeva la pena tentare di seguire quella strada lì. Perché non mi restituiva solo soddisfazione, o emozione, ma era un modo per far esistere qualcosa che non sarebbe esistito, se non lo avessi raccontato. Un modo per dare vita, e vitalità, alle storie che, quando funzionano, sono in grado di intrattenere, far riflettere, appassionare.
Da dove nascono le tue storie dei libri?
Ho lavorato per quindici anni a bordo dei treni come capotreno. Il contatto con una ricchezza così ampia di umanità e quel continuo movimento su e giù per l’Italia erano fonte di grandissima ispirazione. Un incontro, un sorriso, un inciampo, un imprevisto, sono tutte scintille narrative eccezionali. Poi servono le “antenne”, certo, per cogliere le storie che si nascondono dietro i fatti della vita. E quelle vanno allenate con buone letture, ricerca, attenzione, sguardo.
Che libro avresti voluto scrivere tu?
Cecità, di José Saramago, senza dubbio. Se dovessi scegliere un libro italiano, invece, Sostiene Pereira, di Tabucchi, anche se è stato scritto in portoghese e poi tradotto.
A che pubblico ti rivolgi?
I miei libri non sono narrativa di genere né hanno contenuti violenti o riservati a un pubblico adulto. Sono romanzi per tutti gli over 16, toccano tematiche spesso trasversali come la solitudine, l’amore, l’amicizia, la malattia. Posso dire che sono apprezzati da un pubblico molto eterogeneo sia in termini anagrafici che culturali. Questo è per me motivo di grande soddisfazione.
Progetti futuri
Il primo è curare l’uscita del mio ultimo romanzo “L’equilibrio indifeso”, che parla di amore e malattia mentale, di quel che succede volte nella vita quando tentiamo di tenere in equilibrio rimorsi, rimpianti, errori e paure. E di come possiamo affrontare tutto questo senza fare del male alle persone che amiamo.
Il secondo è portare avanti un Laboratorio di scrittura creativa sul racconto breve e sul romanzo che conduco da sei anni e che ha portato più di 40 esordienti a scrivere e pubblicare le loro opere. Mi piace molto, mi appaga, trasmettere la passione smisurata che ho per la scrittura e per la costruzione delle storie.
Dove possiamo trovare I tuoi libri
Ho pubblicato sei romanzi e una raccolta di racconti, tutti distribuiti a livello nazionale. I primi titoli hanno ormai quasi vent’anni e sono di difficile reperibilità. Conto, infatti, di proporli a nuovi editori per far vivere loro una seconda giovinezza. Gli ultimi titoli invece sono piuttosto recenti, dal 2016 in poi, e sono reperibili su tutti gli store digitali e in libreria. Nello specifico, l’ultimo, di cui vi parlavo prima, L’equilibrio indifeso (Graus Editore) è uscito il 22 aprile scorso ed è già un piccolo caso editoriale, ha esaurito la prevendita e sta andando benissimo. Questo mi rende molto felice, perché la storia di Anna e Roberto (sì, il protagonista è un mio omonimo!) mi sta molto a cuore, e scriverla non è stato affatto facile, ha occupato quasi quattro anni della mia vita toccandone aspetti molto dolorosi.
Di Manuela Montemezzani