Politica

Una riflessione sull’utilità del test antidroga per gli amministratori comunali, partendo da un fatto accaduto in Lombardia.

di ROBERTO TOMATIS

Siamo a Rovato, in provincia di Brescia. Durante un botta e risposta, riferendosi a un post pubblicato sui social da un sostenitore della minoranza, il sindaco ha dichiarato: “Mi danno dell’ubriaco… introduciamo una verifica per tutti i consiglieri e assessori con il test del capello (droga test capello, ndr)”.

Sembrava una provocazione destinata a rimanere tale, invece, a distanza di pochi giorni, la minoranza risponde spiazzando tutti: “Nei prossimi giorni faremo il test del capello. Non solo, depositeremo all’ufficio protocollo i risultati e li renderemo pubblici”. Un approccio al “problema droga” estremamente trasparente.

Il punto di riflessione sta nel constatare che la delinquenza più diffusa ruota intorno al mondo della droga. Un terzo dei carcerati è accusato di reati collegati allo spaccio. Sui media si dà risalto all’arresto dello spacciatore di turno, ma si dimentica completamente l’altra parte del fenomeno, quella del consumo.

Se dalle Amministrazioni comunali deve arrivare l’esempio ai cittadini, sarebbe certamente un bel segnale se i membri dei Consigli comunali si sottoponessero al test e pubblicassero i risultati, come hanno fatto a Rovato.

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