Araldica
L’araldica è lo studio dei blasoni, cioè degli stemmi: essi sono detti anche armi o scudi, in greco ἀσπίς (aspís), donde il sinonimo aspilogia. In altre parole, è quel settore del sapere che ha lo scopo di individuare, riconoscere, descrivere e catalogare gli elementi grafici utilizzati, nel loro insieme, per identificare in modo certo una persona, una famiglia (v. Armoriale delle famiglie italiane), un gruppo di persone o un’istituzione.
Storia
L’araldica si è sviluppata nel Medioevo in tutta l’Europa come un sistema coerente di identificazione non solo delle persone, ma anche delle linee di discendenza (in quanto il blasone poteva essere trasmesso in eredità ed esprimere il grado di parentela), il che la rende un sistema unico del suo tempo.
Non esiste una teoria veramente soddisfacente che possa spiegare la nascita e il repentino sviluppo dell’araldica, in tutti i paesi d’Europa. La maggioranza degli studiosi la ritiene apparsa nel XII secolo con la nascita dei tornei, utilizzata dai membri dell’aristocrazia e del clero, ma è stata anche avanzata l’ipotesi che essa sia nata durante le Crociate, quando i cavalieri cristiani avrebbero imitato l’usanza islamica di distinguere i cavalieri per mezzo di emblemi, colori e disegni simbolici applicati sugli abiti e sulle bardature dei cavalli, sugli scudi e sugli stendardi, al fine di riconoscere alleati e avversari. In seguito si sarebbe diffusa a poco a poco in tutta la società occidentale, tanto che anche importanti famiglie ebraiche sentirono il bisogno di dotarsi di uno stemma. Per quanto riguarda l’Italia, la più antica immagine dell’araldica ebraica (1383) si trova in un manoscritto appartenuto a un certo Daniele di Samuele, proveniente da Forlì e oggi al British Museum.
Definizione
Non rientrano tra gli oggetti di studio dell’araldica le bandiere e i loghi o marchi di natura commerciale o industriale.
L’araldica fornisce solo la giustificazione storica e la base concettuale di costruzione, ma poi le abbandona al momento in cui esse vengono rigidamente regolamentate da leggi e decreti che riguardano la loro esatta riproduzione e dimensione; i secondi, perché si tratta di espressioni grafiche rigide, immutabili e specificate nell’unica forma ammessa.
Per chiarire meglio il concetto, basti ricordare, per il primo caso, le discussioni sorte al momento della definizione delle esatte tonalità di colore della bandiera italiana, quando in araldica il termine verde indica genericamente qualunque tono di colore che rientri nella definizione di verde, ma senza specificare un codice cromatico univoco da utilizzare.
Nel secondo caso, si immagini cosa succederebbe se un grafico dovesse riprodurre il logo di un prodotto commerciale senza conoscerlo, ma basandosi esclusivamente su una descrizione orale ridotta all’essenziale; il suo disegno sarebbe, molto probabilmente, alquanto differente dall’originale.
L’araldica invece vuole dare la possibilità a qualunque disegnatore, quale che sia il suo stile o l’epoca e il luogo in cui vive, di produrre un oggetto grafico – il cosiddetto stemma – che contenga tutte le informazioni essenziali per corrispondere senza alcun errore alla stringata descrizione – definita blasonatura – dello stemma stesso. Se il disegno è stato eseguito secondo le regole araldiche, chiunque conosca tali regole è in grado di ricostruire l’esatta descrizione semplicemente guardando il disegno, e viceversa.
Marco Pilla