In conclusione di molte incertezze che hanno attraversato il campo del centro-destra di governo alla fine il CdM ha deciso per l’election day: 8-9 giugno maxi turno elettorale accorpando europee, regionali del Piemonte e amministrative per 6 capoluogo di Regione, 21 capoluogo di Provincia e altri oltre 3.500 comuni.
Un accorpamento sul cui esito appare il caso di sviluppare alcuni spunti di riflessione ricordando che la scelta di far votare al sabato e alla domenica deriva da una esigenza europea di contemporaneità nello spoglio delle schede.
Andando per ordine:
1) La partecipazione al voto.
Le elezioni comunali faranno da traino al voto per le europee che tradizionalmente risultano le meno interessanti per l’elettorato? Le ultime prove riguardanti le elezioni comunali hanno smentito il luogo comune di tornate che interessano maggiormente l’elettorato perché riguardano l’Ente più vicino ai bisogni dei cittadini. Il tema della partecipazione rappresenterà la vera incognita di questa prossima tornata elettorale. A questo proposito si ricorda che nel 2014 (l’occasione del falso 40% per il PD(R)) si registrarono 27.448.926 voti validi su 50.662.460 aventi diritto, pari al 54,18% ; nel 2019 (per l’exploit della Lega) 26.783.732 su 50.974.994 aventi diritto pari al 52,54%;
2) Come si collocherà il voto italiano nel quadro europeo.
E’ questa l’incognita più grande non soltanto per via della formazione della maggioranza a Strasburgo necessaria per l’elezione della presidenza della Commissione ma per la necessità (ormai ineludibile) di considerare quello europeo come lo spazio prioritario dell’agire politico: un’esigenza posta dalla gravità della situazione internazionale. Sorge anche un interrogativo non marginale: quanto influiranno sul voto italiano i “rumors” (vedi exit poll) sugli esiti del voto nelle nazioni in cui si voterà nei giorni precedenti alle elezioni italiane, nell’assenza di una vera capacità di collegamento tra le forze politiche a quel livello ?
3) Rapporto tra voto locale e voto nazionale.
Si pone così il tema delle alleanze e del rapporto tra voto proporzionale (con sbarramento) previsto per le europee e il voto diretto per l’elezione di presidenti di Regione e di Sindaci con premio di maggioranza alle coalizione. Appare evidente che una omogeneità (per quanto possibile) nella presentazione a livello locale, una compattezza di coalizione almeno per i comuni capoluogo agevolerebbe certamente l’espressione di voto in particolare se accompagnata da una “griglia interpretativa” posta sul terreno programmatico sulla base della quale sviluppare il confronto nel corso della campagna elettorale, magari tenendo alcuni punti comuni di intreccio tra voto locale e voto europee pur mantenendo nella dimensione sovranazionale i necessari elementi di distinzione.
Un avvio di iniziativa comune tra le forze dell’opposizione su questi punti potrebbe fornire un segnale di “diversità” non trascurabile nell’intento di favorire la partecipazione di ampi strati di elettrici ed elettori colpiti dalla sindrome della volatalità e in costante ricerca di un ipotetico “nuovo”, fenomeno che dovrà essere verificato a destra nella ricerca di un assestamento stabile dopo le elezioni politiche del 2022 e la formazione del governo e che rimane assolutamente incerta nel centro-sinistra mentre rimane del tutto inevasa la domanda di avviare un dibattito sul tema delle diverse formule elettorali, considerati anche gli evidenti profili di incostituzionalità presenti nella formula elettorale adottata per le elezioni legislative nazionali.