Entro soltanto io dentro il padiglione, la guida mi aspetta fuori.“Puoi anche andare al primo piano Giacomo, io ti aspetto qua” e silenziosamente inizio a salire le scale.Sotto i miei piedi scricchiolio di macerie: materiali e dell’anima.
Mi accoglie un silenzio avvolgente, gelido, quasi fastidioso.Giro fra le stanze vuote e giro la testa di scatto perché mi sembra di aver visto un particolare interessante.Scatto e vado avanti, senza fermarmi.Dopo svariati anni da questo scatto decido di pubblicarlo.Ecco cosa ho visto con la cosa dell’occhio al primo piano di un padiglione del manicomio di Rovigo: una rete di un letto con un cappello appoggiato sopra.Questa è una delle tante #fotomaiviste che ho in archivio e che ora, a distanza di anni, trovo il senso, e il coraggio, di mostrare.Il cappello sul letto è un simbolo di mala sorte, nato a seguito del movimento quasi meccanico del medico che si apprestava alla visita urgente. Si getta il cappello sul letto, senza voler perdere tempo.Di chi sarà quel cappello?Sarà morto qualcuno in quel letto?Le risposte non sono rilevanti, è rilevante il potere della narrazione: raccontare una storia vuol dire immergersi dentro, respirare la stessa aria, imparare lo stesso linguaggio, gli stessi usi e costumi.Raccontare vuol dire diventare un po’ altro per poter tornare a essere nuovamente noi stessi. Però più ricchi.Non riuscirei a raccontare il manicomio dalla parte esterna delle mura: il manicomio lo si può raccontare solo attraversando il confine.Quando abbiamo gli occhi puntati sulla strada e, per un attimo, voltiamo la testa per vedere da dove siamo partiti.E da dove molti non sono usciti.Il manicomio lo si racconta guardando negli occhi chi l’ha vissuto, trovando il coraggio di farci interrogare da quel silenzio che ci penetra nelle ossa.Il manicomio lo si racconta cercando le persone dove adesso non ci sono più, cercando segni e testimonianze che ci raccontano un passato estremamente drammatico per essere vero.Lo si racconta vivendolo, respirandolo e restituendo alle persone quel patrimonio di storie che chiede solo di essere diffuso.Perché, quando si racconta il manicomio, si parla di persone.E queste persone, da troppo tempo invisibili, hanno il potere di farci vedere un presente diverso.Proprio grazie alle loro storie.E con questo post voglio inaugurare una sfida che mi occuperò tutto l’anno: per i cento anni di #BASAGLIA pubblicherò 100 foto del mio archivio raccontandole.
Perché raccontare vuol dire diventare un po’ altro per poter tornare a essere nuovamente noi stessi. Però più ricchi.