Capitolo II
“MUSICA: QUESTIONE DI CUORE E DI SGUARDI”
Avete presente quando ci si ritrova con famiglia e amici, seduti su un divano, e si comincia a parlare dei ricordi più cari, legati a persone o a momenti del passato? Subito dopo ecco che sbuca qualche fotografia a testimoniare ciò di cui si sta discorrendo e ci si scopre turisti catapultati in uno spazio già noto, ma che si desidera esplorare nuovamente. Per noi, nati tra gli anni Ottanta e Novanta, parlare della nostra infanzia senza citare il Karaoke di Fiorello, i pomeriggi in compagnia degli amici e di Bim Bum Bam e le passeggiate spensierate con il walkman (prestando attenzione alla strada!) è quasi impossibile. Ma che audiocassette (termine “alieno” per i Millenials) non potevano mancare nella camera di un giovane dell’epoca?
Certamente chi amava il genere pop non poteva fare a meno di seguire i primi passi di un curioso duetto, che aveva scelto il proprio nome, “883”, dalla tipologia della cilindrata di Harley Davidson, motocicletta tanto anelata dai cantanti.
“Hanno ucciso l’Uomo Ragno”: un titolo bizzarro, dal significato molto più profondo e metaforico di quanto non possa sembrare; era il momento dell’emersione, anche aggressiva, dei mass media, i quali sarebbero stati disposti ad “uccidere” pur di affermarsi. Nonostante il duetto stesso temesse la reazione del pubblico per via di un testo sotto un certo punto di vista rischioso, i riscontri furono incredibilmente soddisfacenti. Anzi, possiamo addirittura affermare che Spiderman abbia lanciato un nuovo fenomeno musicale.
Ormai è chiaro di chi si stia parlando: classe 1967, cinquant’anni compiuti da poco e un nuovo album che freme dalla voglia di uscire e far ballare.
Berrettino, Ray-ban, sorriso da “duro da battere”, Max Pezzali si interroga sul percorso che ha compiuto nel primo mezzo secolo di vita, di cui venticinque anni di carriera.
Dal 2012 ha deciso di avvicinarsi nuovamente ai giovani di questa generazione, collaborando con i rapper in voga e rilanciando alcune canzoni della sua discografia degli anni precedenti. Tuttavia chi l’amava sin dagli esordi lo continuerà ad amare perché le sue canzoni sono come una fotografia: se le apprezzi la prima volta, le apprezzerai sempre di più, negli anni, sfogliandole come ricordi.
Da quel trionfo al Festival di Castrocaro, nel 1991, in coppia con Mauro Repetto, ai giorni nostri, con alle spalle un matrimonio, la nascita di un figlio e un nuovo importante legame amoroso: tanti cambiamenti, anche di residenza, ma Pavia, la sua città natale, rimane il nido che lo aspetta a braccia aperte e, nonostante tutto, la personalità di Max è rimasta invariata.
I biglietti dei suoi concerti vanno a ruba e, facendosi largo fra la folla, è facile incontrare persone di ogni età, perché Max comunica a tutti, senza distinzione. Il suo linguaggio è molto diretto e il significato che emerge dai suoi testi è spesso espressione di una voce che urla anche nei nostri pensieri più silenziosi.
Come accenna la scelta del nome del duetto che lanciò Max, un’altra sua passione è rappresentata dal rombo delle Harley-Davidson, celebre brand americano di motociclette. Il cantante adora scorrazzare per le colline dell’Oltrepò Pavese, a bordo di queste potenti due ruote, cercando ispirazione per nuove strofe che, a loro volta, accompagnano i nostri viaggi.
Max intona quelle parole, con quel sorriso, che sogneresti o come fidanzato o come fratello maggiore. Il primo bacio sulla guancia, inutile specificarlo, è arrivato anni dopo, insieme all’ autografo e a una stupenda fotografia, scattata proprio nel giorno del suo 27º compleanno.
Estate 2000: inizia la fase dell’adolescenza e la musica è una compagnia fedele sia delle giornate spensierate sia di quelle meno. Essa riesce, infatti, a comunicare qualcosa nel cuore di Elisa, che sta conoscendo i primi battiti, quelli che han un altro sapore. Paola Turci rappresenta una delle cantanti nazionali che più la ispira. Non in maniera nitida, ma quella ragazza, lei l’aveva già sentita nominare per alcuni Festival di Sanremo precedenti, anzi, di alcune sue partecipazioni non ne era al corrente.
Estate 2017, 1° luglio: Paola presenta un suo concerto al Castello Visconteo di Pavia. La vicinanza tra il pubblico e lei, “la principessa”, come si definì, su quel palco, creò una forte sintonia. “Bambini” la rese celebre nel Festival di Sanremo del 1989, ma Elisa, all’epoca, sapeva appena parlare: la memoria non può certo aiutarla, ma Paola era già “una chitarra e zero frontiere”. Anche e soprattutto oggi, la cantautrice trasmette messaggi di solidarietà alle donne, che non hanno ancora raggiunto una netta parità con l’altro genere, invitandole, con uno dei suoi successi più recenti, “a farsi belle” per piacere innanzitutto a loro stesse.
Elisa si riconosce di nuovo nella cantautrice: le occorrono pochissime ore per leggere quel libro autobiografico. A volte, mentre scorre le pagine, Ely si ferma e, guardandosi con distacco, le sembra che sia lei ad aver parlato e agito, perché Paola e lei sono simili come mai avrebbe pensato.
Uno dei testi che non le passa inosservato è:” Io e Maria”, nel cui brano viene raccontata una sognata love-story tra due amiche, prima sposate, ora separate che si trovano per chiacchierare, ma, in preda alla solitudine, una si innamora dell’altra, ma non sa come gestire questo nuovo battito. In fondo, entrambe avevano al fianco uomini e analizzare a fondo le diverse sfaccettature dell’omosessualità era ancora scandaloso. E questa canzone, così sensuale e confortante al tempo stesso, tiene compagnia nelle prime serate fredde, mentre la protagonista passeggia, rapita dai pensieri, con l’espressione “a quale nuovo amore per lei”.
Negli anni ha imparato che non è un errore esprimere anche disappunti. Spesso indossiamo maschere senza nemmeno rendercene conto. Abbiamo voglia di urlare e non lo facciamo: la nostra salute peggiora e, spesso, ce ne rendiamo conto quando ormai il problema si è manifestato e ridurlo occorre tempo molta determinazione. Elisa l’ha provato sulla propria pelle e continua a cercare una spiegazione, anche se difficilmente la ritrova, o, forse la conosce, ma non lo vuole ammettere.
“Un amico è così”: nemmeno cinque anni fa, Elisa imparava questa canzone che risale al lontano 1996 di Laura Pausini una delle sue cantanti preferite ogni volta che parte quella musica e li riesce a commuoversi una volta poteva anche riconoscersi nelle frasi che avrebbe dedicato a qualcuno.
Non importa l’età: un’occhiata, un sorriso e una risata sono gli ingredienti base per allacciare un rapporto: se dura da oltre dieci anni, come pochi, con qualche incomprensione, ne vale la pena.
In una fresca notte di inizio agosto, in cui le stelle sembrano brillare in maniera più intensa e il temporale ha spazzato via l’afa, Ely cammina, offesa per la mancanza di rispetto da parte di una solita persona che si definisce “sorella”, quando, anche in tempo di isolamento, la sentiva solo per sfogarsi dei problemi suoi. Essendo molto empatica, Ely non vorrebbe fare agli altri ciò che la fa soffrire, ma alcuni le rendono instabile equilibrio su cui si basa in questo momento non merita la sua premura egli si sente brutta dentro ma sa che manipolazione nessuno lo rimprovera quindi a sbagliare non è lei che già non era giustificata con la persona in questione dei caratteri opposti da piccola una timida e l’altra vivace. Ora, l’opposto: anzi, è in una vivace ma pronta a riprendere ogni parte di sé sparse ogni volta che si è lasciata per eccesso di bontà e cielo limpido e sempre di stare su qualche picco godersi con l’armonia di corpi astrali senza ombra di dubbio rivolge gli occhi alla sua scorge quattro luccichii.
Lei non è ribelle, ma onesta, solo che, ai giorni nostri, essere onesti è quasi una sfida contro il nulla.