Due Chiacchiere con l' Arte

Claudio Negrato

LIBERARE IL VERSO CHE ABBIAMO CHIUSO DA QUALCHE PARTE, DENTRO DI NOL

 

Alla maggior parte di noi adulti capita, finito il percorso scolastico, di relegare la poesia dentro uno spazio separato, un piccolo angolo del nostro sentire, che ci siamo convinti non ci appartenga più. La

 

teniamo là, come uno dei tanti oggetti che non ci servono, ma che non sappiamo deciderci di buttare. All’idea di poesia sono rimasti incollati il ricordo dei versi imparati a memoria a scuola, delle parafrasi costruite faticosamente con equilibrismi intorno a un lessico che non ci appartiene, della caccia alle

 

figure retoriche separate dalla nostra vita, come abitudini ormai abbandonate.

 

Ci siamo dimenticati della bellezza emotiva che la poesia emana, anche quando necessariamente dolorosa. E che noi, per riuscire a vivere in questo mondo e in questo tempo, abbiamo un maledetto bisogno di bellezza.

 

Rimaniamo forse aggrappati a quel sentire vivo della nostra adolescenza, alla scoperta di un esistenzialismo sofferto, tutto nostro e privato, agli amori sconfitti o mai confessati, alla ricerca apparentemente inutile che avevamo intrapreso: dare un senso alla vita,

 

Raramente pensiamo alla poesia come qualcosa che possa occupare uno spazio nel nostro presente. Nelle sue liriche Claudio Negrato unisce queste due forze prepotenti che esistono dentro di noi: la

 

naturalezza della trascorsa adolescenza e gli echi di quei poeti ormai considerati classici. Con i suoi versi ci vuole dire che la poesia non se ne è andata dalle nostre vite, ma forse è ancora

 

dentro di noi, qui e ora, magari sepolta da strati di indifferenza verso le nostre emozioni più profonde, perché per sopravvivere abbiamo eretto barriere emotive che non permettono di accedere e ricordare chi siamo stati e le emozioni provate in adolescenza o da bambini.

 

Il sentimento che suscita la poesia ci inchioda al momento che stiamo vivendo, perché non accetta di

 

essere abbandonata, ma continua a dare un senso a emozioni che pensavamo di avere abbandonato. Una scorza verde e sensibile, che riposa sotto la secca corteccia che ci siamo costruiti per resistere alla vita di ogni giorno.

 

Claudio può aiutarci, con le scoperte da cercare tra le sue pagine, a spiegare con parole quello che malgrado tutto continuiamo a sentire dentro di noi: il linguaggio della poesia ci permette di stare nel mondo, abitando prima di tutto noi stessi, ci då modo di riscoprirci, di rivelare chi siamo. La poesia, che non riusciamo a cacciare dalla nostra vita, più che spiegare ci aiuta a sentire, è la chiave che ci permette di accedere a molti altri nostri sé.

Biografia

Mi chiamo Claudio Negrato (Venezia, 1982), poeta e insegnante veneziano. Vivo e lavoro lungo la Riviera del Brenta, a Mira, assieme a mia moglie Margherita e ai miei tre figli. Insegno Letteratura italiana e Storia presso un istituto turistico di Dolo, il Maria Lazzari, e tengo corsi di scrittura creativa per i miei allievi. Dottore di ricerca (Università Ca’ Foscari di Venezia e Université Paris 8), ho nel mio curriculum alcune pubblicazioni accademiche sulla lingua poetica di Ludovico Ariosto e sui linguaggi politici di Gasparo Contarini. Ho anche insegnato per diversi anni la lingua italiana agli stranieri presso la Società Dante Alighieri di Venezia.

Da poco tempo ho avuto il coraggio di uscire allo scoperto e ho ottenuto le pubblicazioni di Sentire il gusto della luna, Edizioni Tripla E, 2023, e di Ho sete di cuore, Le Mezzelane, 2023. Entrambi i volumi sono acquistabili in qualunque libreria e presso gli store online.

Claudio Negrato

Sinossi

Ho sete di cuore è una silloge poetica suddivisa in 8 sezioni, ognuna delle quali termina con una poesia dedicata a un fiore protagonista dei mesi di aprile e maggio, quando sono stati composti tali testi: il papavero, con l’acceso rossore della sua pelle, dei suoi petali.

 

 

Ogni sezione racconta di un viaggio dell’anima che si rapporta con gli affetti e con la realtà verdeggiante della Riviera del Brenta, bagnata dal fiume dell’aristocrazia veneta. L’anima è un vero e proprio oggetto messo in esposizione, come in un museo, mentre talvolta è un cantiere aperto.

“Recipiente di una voce” è invece la sezione che maggiormente indaga la “copertina” dell’anima, ovvero il corpo della donna amata, nel dettaglio di un ciuffo, di un orecchio (appunto, recipiente di voce), di un piede, di una mano.

Particolare e diretta a un pubblico ampio e specifico è la sezione “L’ultimo gesto”, con poesie dedicate ai maturandi del poeta-professore.

Claudio Negrato

Di Manuela Montemezzani

 

 

 

 

 

 

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