Fu uno dei principali santi che illustrarono la Francia nel secolo sesto. Nacque a Chàtelat l’anno 588. Dimostrando da piccolo grande attitudine ai lavori di cesellatura, fu messo a lavorare da un certo Albone, orefice. Impegnandosi con ingegno e con cura si acquistò in breve grande stima. Avuti per le mani una volta alcuni libri della Sacra Scrittura se ne innamorò talmente, che quando aveva un po’ di tempo libero lo dedicava alla lettura dei libri santi. Più tardi fece conoscenza col tesoriere del re Clotario II che lo incaricò di fare un seggio reale, dandogli egli stesso il metallo dorato. Eligio. colla materia avuta, costruì due troni bellissimi e il re ne fu contentissimo, ma quello che più lo fece meravigliare fu la lealtà del cesellatore. In breve si divulgò la fama delle sue virtù anche a corte, ed il re stesso lo ebbe in grande considerazione, facendogli cospicue donazioni. Delle ricchezze ricevute egli nulla conservò per sè ma tutto diede in elemosina, in modo particolare per il riscatto degli schiavi e per aiutare le comunità religiose. Morto re Clotario, il figlio e successore Dagoberto, ebbe eguale stima di Eligio. Sovente chiedeva a lui consigli e norme per la sua condotta privata. Nel frattempo era rimasta vacante la sede episcopale di Noyon e di Tournaz; ad occuparle furono eletti Eligio ed Audoeno. Eligio sorpreso della sua elezione, tremò alla vista dell’episcopato, ma quasi costrettovi, accettò domandando qualche tempo per prepararsi a ricevere gli ordini sacri. Passati diversi giorni in continua preghiera e mortificazione, finalmente, conosciuta con certezza la volontà di Dio, ricevette la santa ordinazione a Rouen. Preso poi commiato dal re, si portò alla sede di Noyon, ove si dedicò con zelo e fervore al suo nuovo ufficio di pastore. Il primo anno lo spese per la riforma del clero, quindi si diede con tutte le forze alla conversione dei numerosissimi pagani che risiedevano nella sua diocesi. Però essi erano talmente ostinati che non volevano neppure sentire parlare del Vangelo; ma la carità del Vescovo, la sua fortezza e la sua soavità commossero quei cuori, e molti si convertirono. Eligio, come già Pietro Crisologo, si propose di abolire le feste o meglio i bagordi che si facevano nelle calende di gennaio, e non si diede pace finché non ebbe ottenuto l’intento. Governava egli la sua diocesi da diciannove anni e mezzo, quando il Signore gli fece sentire prossima la sua fine. Si dispose allora con generosità e fervore a dare al bel quadro dell’anima sua gli ultimi ritocchi, finché assalito da mortale malattia, serenamente volò al Creatore cantando con gioia il « Nunc dimittis ». Era il 1 dicembre del 659.
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