Il progetto che vede collaborare il Comune di Pinarolo Po con il centro antiviolenza C.h.i.a.r.a. Onlus è stato ufficialmente siglato lo scorso sabato, in occasione di un incontro conviviale, pur essendo incentrato su un tema di non facile dialogo, soprattutto quando a parlare sono estratti narrativi di donne, che hanno conquistato la libertà, “pagando con la vita”. Donne la cui frase: “Andrà tutto bene”, quando erano obbligate tra le mure di casa, nel periodo più contagioso della pandemia, non era certo confortante e se, già prima il carattere della compagno o marito, rivelava un lato insofferente, se non aggressivi, in questi mesi, che sembravano infiniti, le occasioni di sfogo, spesso sproporzionate al problema, erano numerose. Molti uomini, i cosiddetti “capifamiglia”, hanno perso il lavoro e, nella maggior parte degli stessi erano gli unici a sostenere economicamente la famiglia.
In occasione del primo incontro con il centro antiviolenza, che le volontarie de “La Casa del Popolo”, han intitolato “Tè letterario”, è stato presentato il libro, pubblicato da Rizzoli, “Ferite a morte”, di Serena Dandini. Non appena lo si osserva, sia dal titolo, sia dagli sguardi cupi, circondate da rose, che quasi tutelano volti che ambiscono di nascondersi dal lettore. Quei fiori potrebbero essere un ultimo regalo, in quell’ “ultimo appuntamento”? “Ultimo” è, infatti, un aggettivo che è ricorso spesso nel pomeriggio: come hanno ricordato Patrizia Guidetti e la collega, “ULTIMO” non è un aggettivo a caso: quasi in ogni vicenda, l’incontro è l’ultimo, non perché ci si comprenda, quanto perché l’uomo non accetta un “NO” dalla “SUA” donna.
Un altro imperativo è aggiungere, nelle scuole, una disciplina che possiamo chiamare, con un’ ellissi, “educazione sentimentale”. I giovani iniziano precocemente gli approcci relazionali, anche nella sfera intima, spesso un poco alterati dall’alcool e, nel peggior dei casi, da altre sostanze, quindi ogni adulti, a seconda dal ruolo che assume verso i ragazzi, può e deve intervenire se ascolta e nota qualche parola e gesto che non è canonico, soprattutto se fra una parte “forte” e una “debole”.
Quante le riflessioni emerse, nonché qualche lacrima causata dalla giovane età di una parte del pubblico, lacrima di una ingiusta paura verso un futuro, in cui una “brava ragazza” deve temere di innamorarsi di un “ragazzo”, poiché quel” ragazzo” non è possibile sapere quanto “bravo” sia verso lei. Una domanda sorge da un partecipante: “Che cos’è l’amore?”, una provocazione alla quale un bambino ti risponde in pochi secondi; un adulto, sempre che riesca, non avrebbe molte parole, poiché le delusioni, quasi sempre ricevute, in questo sentimento, gli offuscherebbero la razionalità.
Un sorso di tè, un invitante aperitivo e l’empatia delle due operatrici della Onlus han riunito le persone, che già si sentono parte di una grande ambizione: annullare l’espressione “femminicidio”.
Non è oggi, non sarà questa settimana, però se si cammina insieme, porgendo la mano a chi incespica, il viaggio può essere anche divertente. Le poesie d’amore, che hanno “cantato” gli autori alle loro amate torneranno, come ogni moda, con qualche innovazione, e, soprattutto, in questo caso, con molte emozioni, di cui, in parte, ci siamo dimenticati!