Sinossi
O per Sole o per Ombra si può leggere come il ritratto di un’epoca, il 1982. O come un giallo a bassa tensione, la storia di un furto inesplicabile. Quello di un quadro iperrealista che celebra la vittoria in un campionato minore di una squadra di calcio di provincia. Furto nel quale si imbattono casualmente tre scalcinati e sognatori studenti universitari, che hanno buoni motivi per sospettare di una sedicente organizzazione politico-religiosa, nata negli anni di piombo intorno all’università locale. L’indagine che ne segue è un grottesco percorso di formazione, o piuttosto di dis-formazione, condotto sul crinale del caso e del caos, che sfiora il sottobosco del commercio clandestino di opere d’arte, s’imbatte in copisti-filosofi senza scrupoli, forse implicati nella morte dell’autore del quadro rubato, e collezionisti arricchiti che aspirano al delirio di un museo totale, fatto di soli originali sottratti al flusso del tempo. Quindi O per Sole o per Ombra è anche una riflessione sul valore dell’immagine, del segno come comunicazione, in un decennio ancora senza rete e smartphone, ma dominato dal trionfo del medium televisivo, tra telepromozioni e spettacolarizzazione dell’effimero. Prevale su tutto la sensazione di un mondo di cartapesta, in cui nulla si prende veramente sul serio e la funzione teatrale dilaga in un vero/finto continuamente reversibile e tale da non rispettare nemmeno il confine tra aldiquà e aldilà, chiamato in causa a più riprese.
Sicché infine il libro vuole essere una interrogazione ironica sul senso delle cose che accadono e sulla nostra ridicola pretesa di dare un ordine, una logica ad una materia che continuamente si fa beffe di noi. E anche quando, alla fine, un qualche equilibrio si ricompone, è altamente dubbio se nella storia abbiamo avuto qualche parte, o se non sia la storia ad essersi servita di noi per mettersi in scena.
Domande
Come nasce un libro giallo?
Personalmente sono attratto dalle situazioni di confine. Le narrazioni che gravitano intorno all’infrazione di quella che siamo abituati a considerare normalità, cui però in determinate circostanze, diventa facilissimo derogare. “ Quelli che vanno all’ultimo confine passano sempre il limite” diceva Dostoevskij, uno che se ne intendeva.
L’infrazione della legge, quindi il crimine, è una sottospecie di questa nebulosa molto più ampia. Più facile da circoscrivere, perché sottolineata da un evento concreto e brutale.
Prima c’è quindi la situazione, che può essere ispirata a un fatto di cronaca reale, o alla reminescenza letteraria di un crimine immaginario o alla metabolizzazione e reinterpretazione dell’uno e dell’altro. Ma subito dopo c’è il mistero, il perché, il “come è stato possibile”. Il mio romanzo O per Sole o per Ombra è anche un giallo, poiché il motore della vicenda è il furto di un’opera d’arte contemporanea, ma parla, in modo più ampio, del valore dell’immagine come segno. È inoltre il ritratto di un’epoca (la storia è ambientata nel 1982), e soprattutto è una interrogazione ironica sul senso delle cose che accadono e sulla nostra pretesa di dare un ordine a una realtà che continuamente si fa beffe di noi.
Culturalmente, noi umani abbiamo l’innata propensione a voler costruire logiche che spiegano gli eventi, concatenazioni di cause ed effetti. Ma poiché tali concatenazioni sono determinate dall’agire delle persone, cioè di altri esseri umani, se si va a scavare davvero nel profondo si scopre che le ragioni dei crimini sono del tutto irrazionali (mi si perdoni il controsenso). Certo, si uccide sempre per vendetta, per odio, per necessità, o per rimuovere un ostacolo che impedisce di raggiungere un certo obiettivo, ma poi se si indaga si scopre sempre che non era la via giusta, la più intelligente, o semplicemente la più “economica”. Ecco, questo aspetto della insensatezza delle azioni estreme (e tout court delle azioni umane) mi interessa molto.
Vedo dalla sua biografia che scrive anche poesie, quale forma di espressione la caratterizza di più?
Non mi trovo meglio nella narrativa, piuttosto che nella poesia. Sono piuttosto “dimensioni mentali” completamente diverse, che richiedono un approccio alla comunicazione verbale molto differenziato. Oserei dire una diversa forma di istinto per la scrittura.
Probabilmente questa é la ragione per cui non riesco a scrivere contemporaneamente poesia e prosa, saltando da un registro all’altro. Ho periodi di sola narrativa e ho periodi di sola poesia. A volte molto lunghi. E con delle lunghe pause di distacco tra gli uni e gli altri. La stesura di O per Sole o per Ombra è cominciata negli anni ‘90, ma il libro ha visto la luce solo nel 2021. In mezzo ci sono 4 redazioni, nate in diverse stagioni creative, nelle quali non mi sono dedicato ad altro.
Credo che il pensiero poetico richieda, per così dire, l’attivazione di certi neuroni, e il pensiero narrativo, di altri.
Perché secondo lei il genere giallo è uno dei generi più letti ?
I cosiddetti gialli ci accompagnano da sempre. Pensi all’Odissea: è divisa esattamente a metà. I primi 12 libri raccontano la Telemachia e il viaggio di Ulisse, che ritorna a Itaca. I successivi 12 ci presentano un tema perfettamente giallo, che Omero sviluppa come un giallo: i Proci hanno usurpato il suo regno e ne insidiano la moglie. Come potrà Ulisse, rimasto solo e senza mezzi, ottenere di nuovo ciò che gli spetta?
Mi riallaccio alla risposta alla prima domanda: i gialli rappresentano una realtà estremizzata, ma plausibile, quotidiana. Giornali e telegiornali ci lanciano allarmi continui: dentro una trama gialla potremmo cadere noi stessi in qualsiasi momento, che ci piaccia o no. Ciò è inquietante e affascinante al tempo stesso, ed è esattamente quello che accade ai protagonisti di O per Sole o per Ombra, tre scalcinati e sognatori studenti universitari, che sono casualmente testimoni del furto e hanno buoni motivi per sospettare di una sedicente organizzazione politico-religiosa.
Ogni trama gialla ha a che fare con la percezione di quel “limite” invisibile di cui parlavo prima. I gialli tradizionali inoltre sono rassicuranti: si basano sul presupposto che, se il male esiste, abbiamo anche tutti gli strumenti per capire come sono andate le cose, e quindi per porvi rimedio. Con i gialli postmoderni, come il mio, si aggiunge un livello di indagine in più, perché il punto di partenza è che la realtà è qualcosa di troppo complesso per poter essere compresa e dominata completamente dall’uomo. Rimane la sensazione che qualcosa ci sfugga, che noi stessi siamo ingranaggi di un meccanismo che non comprendiamo.
Che importanza ha per lei la lettura in questo periodo storico?
Se parliamo della funzione narrativa, oggi di essa si sono appropriati strumenti dotati di supporti prevalentemente visivi, con una definizione altissima e sempre crescente dei particolari: cinema, televisione, video, social media…Tutte interfacce che sottraggono spazio all’immaginazione umana. Il testo scritto ha un diverso potere evocativo, che lascia ampia libertà a una co-creazione di cui la mente del lettore è protagonista. Per quanto sia meticolosa la descrizione verbale, anche di un semplice oggetto, toccherà sempre al lettore farsi un’idea personale di quell’oggetto, un’immagine immaginaria, che non sarà mai la stessa per tutti. Questo potere di spingere la mente a farsi lei stessa narratrice è lo stimolo alla creatività più forte che esista . Poi c’è la materia prima del testo, che è la parola. La parola è la forma del pensiero astratto. Se ci si appropria della parola, ci si appropria anche della capacità di pensare, di creare pensieri nuovi. E questo avviene solo attraverso l’esercizio della lettura, e della scrittura.
Come poter avvicinare i giovani alla lettura, secondo lei?
Le statistiche dicono che, in realtà, i bambini leggono tanto e volentieri. Diciamo fino alle medie. Poi si rompe qualcosa. L’adolescenza è aggredita da altre forme di comunicazione, più spettacolari, più ammalianti. E più facili. Il fascino della forma prevale sulla sostanza. Non sono un esperto del settore, ma posso portare un’esperienza personale. Come vicepresidente di una associazione che si occupa di letteratura, a partire dal 2014 ho portato nelle scuole superiori i poeti partecipanti al festival di poesia che abbiamo organizzato a Como ogni anno. Poeti provenienti da ogni parte del mondo. E ogni anno i ragazzi leggevano e studiavano le poesie di cui poi avrebbero parlato con gli autori. E ogni anno si stupivano che la poesia non fosse solo una cosa del passato, relegata dentro le antologie scolastiche, ma che ci fossero persone che ci si dedicassero, persone come loro, che esprimevano attraverso la poesia i loro stessi sentimenti e che avevano i loro stessi dubbi e perplessitá di fronte al mondo e alla vita. E ne uscivano coinvolti ed entusiasti…Forse il problema è semplicemente questo: non far sentire la letteratura come qualcosa di concluso, storicizzato, e soprattutto di estraneo alla vita. E in questo la scuola ha una grandissima responsabilità. E opportunità.
Il suo autore preferito e perché?
Ce ne sono tanti. Parliamo di punti di riferimento nella narrativa: Dante rimane sempre uno dei più grandi di tutti i tempi, e non solo per la Commedia. Come Shakespeare, Dostoevskji e Proust. La loro opera ha aperto nuove strade al pensiero, cambia il modo di sentirsi umani e continua ad essere di ispirazione per l’invenzione del linguaggio, come espressione di ciò che esiste ma non ha ancora voce.
In generale amo gli scrittori che mi offrono nuovi modi di guardare la realtà e mi aprono nuove visioni sul senso dell’esistenza.
Una galassia contemporanea nella quale trovo molte consonanze è quella del postmoderno nordamericano: Thomas Pynchon, David Foster Wallace e Mark Danielewsky hanno scritto autentici capolavori.
Dei narratori italiani non ho una conoscenza sistematica. Posso dire che mi entusiasmano Giuseppe Genna e Antonio Moresco.
Dove possiamo trovare il libro?
O per Sole o per Ombra è disponibile sul sito dell’editore Porto Seguro
O presso i principali store on line. O può essere richiesto in qualsiasi libreria.
Di Manuela Montemezzani