Inchiostro su pelle
Tre storie (non sempre) sbagliate
Sinossi
Tre minorenni autori di reato, tre vite con un’infanzia segnata da vicende intime e familiari, sofferte e a tratti profondamente dolorose, condividono un’esperienza importante nella comunità Rosa dei Venti di Palmi, in provincia di Reggio Calabria.
Un luogo dove stanno svolgendo un percorso di messa alla prova, il cui esito positivo li potrà condurre all’estinzione dei reati commessi e avviare verso la costruzione di una nuova vita, fuori dal circuito penale. Un luogo fatto di persone che con la loro autenticità, riescono a dare un impulso motivazionale ai tre adolescenti.
Quindici anni dopo, Jacopo, Daniel e Diego, portatori sani di lealtà e determinazione, ormai uomini con storie diverse e lontane dalla devianza, si raccontano riempiendo ogni singolo minuto di una lunga notte, ripercorrendo sia i ricordi d’infanzia sia il periodo della comunità.
Alle luci dell’alba, dopo un sonno ristoratore e con la complicità della maestria culinaria di Daniel, arrivano a meditare su un progetto che potrebbe cambiare ulteriormente il corso delle loro esistenze.
Un romanzo a tinte forti, intriso di sofferenza e tormento, compensato da dosi generose di autentica amicizia e dal desiderio permanente di un incancellabile riscatto, dal quale emerge il tanto e silenzioso lavoro pedagogico e sociale, finalizzato alla costruzione concreta della comunità educante.
Attualmente, il Romanzo è adottato in diverse istituzioni scolastiche, come testo per lo svolgimento di laboratori di Educazione Civica.
Parole chiave: pedagogia, giustizia riparativa, valori, comunità educante, tutela minori.
Ulteriori spunti
Una storia particolare (in verità, tre storie in una), che parla anche della loro rispettiva infanzia e del rapporto che hanno avuto con la famiglia, gli amici, lo sport, gli affetti.
Un’infanzia non sempre facile e priva di ostacoli che nel tempo, li portati a commettere reati.
Il libro mette in evidenza alcuni aspetti che appartengono a tutti: adulti, fanciulli, adolescenti.
Il libro intercetta emozioni vissute, passioni ricercate e sogni, a volte solo sognati e a volte realizzati.
Si affrontano i temi della legalità, della difficile comunicazione con gli adulti, ma anche del valore forte dell’amicizia.
Di tutto questo se ne può parlare con l’Autore, perché quelle storie (non sempre) sbagliate, le ha vissute in prima persona; quei ragazzi e tanti altri con storie simili e mai uguali, li ha conosciuti direttamente nel suo lavoro quotidiano sia come Pedagogista e Criminologo, sia come Giudice Onorario presso il Tribunale per i Minorenni.
Potrebbe essere un’occasione importante, per ascoltare e se vorrete, porre domande e magari, scoprire “curiosità” di un mondo parallelo che alcuni di voi (o forse molti), potrebbero aver conosciuto attraverso la serie TV “mare fuori”, con la differenza sostanziale però, che in questo caso, non si tratterebbe di una ricostruzione cinematografica, ma di vita reale.
Duilio Loi, pedagogista scolastico e forense, criminologo.
Laureato in Progettazione pedagogica e servizi socio-educativi, specializzato con un master di 2° livello in Progettazione pedagogica nei servizi della giustizia civile e penale, nel tempo ha perfezionato la sua formazione in Mediazione e potenziamento cognitivo e ha conseguito un master di 2° livello in Criminologia forense.
È titolare dello Studio Pedagogico Pavese di Stradella, CTU per il Tribunale di Pavia, consulente peritale in alcuni studi legali e coordinatore genitoriale presso l’ordine degli Avvocati di Pavia; è professore a contratto presso l’Università di Perugia.
E’ Socio APEI e componente della commissione scientifica dell’Associazione.
Consulente pedagogico e criminologo presso diversi istituti scolastici, è impegnato in progetti di giustizia riparativa. Ha partecipato inoltre a progetti nazionali ed europei su didattica, inclusione e aspetti educativi, ed è autore di diverse pubblicazioni di settore. Impegnato nella prevenzione del disagio, della devianza giovanile e nel contenimento della violenza di genere, è giudice onorario presso il Tribunale per i Minorenni di Milano.
Domande:
Quanto le famiglie influiscono sulla crescita personale di ogni individuo?
Il processo di crescita di un individuo, risente molto delle influenze dell’ambiente di vita in generale e di quello familiare in maniera particolare, essendo la famiglia (di solito), il primo ambiente di relazione, nonché, l’agenzia educativa primaria. Come sosteneva Jean-Jacques Rousseau: “veniamo al mondo selvaggi, spetta alla Società educarci”. Società, di cui la famiglia, nonostante gli inesauribili e frenetici eventi trasformativi sociali, rimane punto fermo e importante.
Le influenze determinate dalle relazioni familiari, possono ovviamente incidere in senso positivo e/o negativo, in base ai valori fondanti che si riescono a trasmettere già dalla prima infanzia, in termini quantitativi e ancor più, in termini qualitativi. Per essere più partici: il cosa e il come e in buona sostanza: i comportamenti, gli stili di vita e la coerenza nelle relazioni e nella comunicazione intra familiare.
Tale edificazione, si sviluppa e al tempo stesso si appoggia, sulle inclinazioni e sulle caratteristiche naturali di cui l’individuo è a sua volta potatore, secondo un imprinting genetico.
Un kit di partenza necessario, che andrà poi unito e mescolato, a quanto gli ambienti extra familiari (Scuola, Amicizie, Società), riusciranno a completare e integrare.
Se un bambino proviene da una famiglia, con seri problemi, spostato in un contesto “normale” può cambiare la sua vita o avrà delle ripercussioni?
Per dare una risposta maggiormente esaustiva, sarebbe opportuno specificare cosa si intende con “seri problemi” (compresa la loro natura) e ancor di più, cosa soprattutto oggi, identifichiamo come “contesto normale”.
Rispondo in astratto, considerando i cosiddetti “canoni tradizionali” e, riagganciandomi alla risposta precedente, posso dire che un ambiente “meno” problematico non nuoce, anzi, può favorire un processo di crescita sicuramente migliore e se ci saranno eventuali ripercussioni, con buona probabilità saranno positive.
In specifico, bisogna comunque considerare l’età del fanciullo al momento del cambio di ambiente; va da sé, che più è grande in termini anagrafici, più sarà complesso il processo di adattamento e bisognerà fare i conti con gli eventuali “strascichi” di quanto nel frattempo è stato acquisito e metabolizzato.
Questo libro tratta delle tematiche molto forti e attuali, il messaggio sembra molto positivo e di rinascita, a chi vuole trasmettere questo messaggio?
In origine, volevo parlare di “giustizia riparativa”, rendendo visibili ragazzi e addetti ai lavori solitamente relegati nell’ombra o destinati all’oblio, con il passare dei mesi, scopro piacevolmente, che si dirige con naturalezza, parallelamente almeno a tre categorie sociali: in primo luogo agli adolescenti, che spesso vengono dipinti solo per i comportamenti negativi, dimenticando che se accolti e “messi alla prova” possono tirare fuori cose molto migliori di quanto si pensi. L’opinione pubblica è molto influenzata dai fatti di cronaca (spesso orrendi e inaccettabili), ma la tendenza alla generalizzazione, rende tutto emergenziale e sposta il focus dalle problematiche strutturali. A loro va quindi il messaggio, teso a restituirgli dignità e cittadinanza, in un mondo che spesso li vuole tali e che strumentalmente, ci viene disegnato e proposto al “contrario”. No, non lo è e la dimostrazione, risiede nel fatto che dopo 10 minuti di dialogo con gli autori di reato e con i loro coetanei distanti dal reato, ti rendi conto di quanta curiosità alberghi nelle loro stanze di vita quotidiana e di quanto bisogno di ascolto abbiano.
Il fatto che il Romanzo oltre che lettura narrativa, sia anche diventato “oggetto di studio”, essendo stato adottato in diversi Istituti Comprensivi come testo di riferimento per i laboratori di Educazione Civica, è il segnale di quanto bisogno ci sia di ritornare ai fondamentali educativi, per dare ai nostri ragazzi, la possibilità di attivare il pensiero complesso, quel pensiero che al tempo stesso è: critico, creativo e affettivo, come ci ricordano due giganti della Filosofia e della Pedagogia, quali Edgar Morin e Mattew Lipman.
In secondo luogo ma non certo per minor importanza, ai Genitori che spesso mancando di strumenti e progettualità, a volte inconsapevolmente, finiscono per non aiutare i propri figli o lasciandosi sedurre dal volerne essere “amici” e/o strenui difensori dell’indifendibile, oppure, sopraffatti dall’ansia di non riuscire a educarli, sobbarcandosi un peso non facilmente misurabile e tollerabile.
In ultimo, sempre in ordine paritetico, il Romanzo è rivolto agli “addetti ai lavori” ossia, agli operatori del diritto, del sociale, dell’istruzione e dell’educativo, che silenziosamente svolgono un lavoro quotidiano di straordinaria importanza. Lo fanno purtroppo, con limitate risorse e scarsa gratificazione di ritorno e come accennato prima, rischiano di essere colpevolmente dimenticati. Dare loro volto e voce, mi è sembrato non solo un atto dovuto, ma anche risarcitorio per l’importanza di quello che svolgono.
In estrema sintesi, nella dedica iniziale del Romanzo che ripropongo, credo siano racchiusi tutti: “A quelli dal cuore ruvido e disordinato che per ragione, amore o passione, mettono il proprio Io al servizio del Noi”.
La storia potrebbe essere ambientata in qualsiasi luogo, perché si pensa sempre al sud come fonte di disagio e di problematiche esistenziali?
Nonostante ci siano realtà sociali degradate e alcune, anche abbandonate a se stesse, contesti dove la popolazione adolescente spesso non ha alternative di scelta e viene reclutata dalla criminalità organizzata, credo che la narrazione stereotipata del sud negativo e depresso, diventi un alibi per non affrontare i problemi di importanza fondamentale, quali istruzione e lavoro. Dico questo in quanto situazioni analoghe, le ritroviamo nelle periferie delle città del centro e del nord.
Ciò detto, va ricordato invece che ci sono realtà resilienti e molto avanzate, che fortunatamente, sono disseminate sull’intero territorio nazionale, in termini geografici.
Proprio per sfatare questo alone di negatività attribuita al Sud, stando al romanzo, ricordo che è ambientato a Palmi, in Calabria ed è proprio grazie a due fattori umani locali: gli educatori della Comunità e la Cittadinanza che si realizza il riscatto dei tre protagonisti. E’ lì che avviene la presa di coscienza del disvalore relativo ai reati commessi, il loro processo di riparazione, l’acquisizione della licenza media, l’inserimento nel mondo del lavoro, la consapevolezza che una vita “altra” può esistere. Tutto ciò è avvenuto con l’aiuto delle persone di quei luoghi: concrete e dal volto umano.
La criminalità giovanile, un problema sempre più visibile agli occhi di tutti, sempre più visibile anche per via dei social che amplificano le tematiche e anche l’informazione, ma cosa manca ai giovani secondo lei?
I social media, giocano un ruolo amplificatore e volte anche di induttore della criminalità in ambito minorile; mi riferisco principalmente agli “atti persecutori” (stalking) e ai reati a loro connessi derivanti da comportamenti quali ad esempio, il cyberbullismo, che non potrebbero avvenire in questa forma e misura, se non ci fosse la rete e la tecnologia. Reati ai quali vanno aggiunte altre forme di crimine connesse quali: minacce, adescamento, diffamazione, estorsione, detenzione e diffusione di materiale pornografico, truffa e furto di identità. Tutte forme che legittimamente spaventano e devono far riflettere.
Ciò detto però, anche qui bisogna stare attenti a collocare nella posizione corretta il reato, altrimenti si finisce per crearne un polverone, affrontando in maniera scomposta il problema e le sue conseguenze.
I dati della giustizia minorile (fonte ministero delle Giustizia) relativi ai ragazzi in “messa alla prova” riferiti al 2022, ci dicono che dato 100, ai reati sopra richiamati, tutti compresi e non necessariamente (almeno alcuni di essi) esclusivamente ascrivibili e direttamente o indirettamente connessi ai reati cyber, va riservato all’incirca il 5-6%.
Posto che 1 (uno) solo di essi inteso come dato assoluto e non percentuale, deve indurci a prendere le misure correttive adeguate, risulta doveroso non fosse altro per correttezza e onestà intellettuale, collocarlo nel giusto alveo.
Essendo impossibile “fermare il vento con le mani” e visto che, di tecnologia e social, tutti, Adulti in primis ci nutriamo abbondantemente, diventa necessario e prioritario attivare in forma strutturale e sistematica un processo di educazione digitale, teso a prevenire e contenere il fenomeno. Come?
• Alzando la soglia di età dei minori all’accesso ai devices e alla rete (un undicenne non va da solo a mediaworld a comprare uno smartphone o un tablet e non dispone di x € per l’acquisto);
• Contenendo il tempo trascorso in rete e l’uso del dispositivo. Laddove non è possibile evitare l’acquisto (perché c’è sempre un Nonno o una Zia che ha provveduto al regalo del device per la Comunione), opportuno applicare “app” di verifica delle ore trascorse e della navigazione (parental control) e apportare alla fonte un correttivo attraverso l’impostazione delle regole d’uso e quando serve, facendo valere l’autorità connessa al ruolo genitoriale, attraverso l’applicazione della sanzione coerente e proporzionata alla trasgressione;
• Garantendo presenza e alternative non digitali quali giochi tradizionali, la funzione fondamentale di scrittura analogica possibilmente in corsivo, proponendo letture adeguate (un Genitore è facilmente emulabile, compreso uno che legge). Ancora, sostenendo (dopo averli scoperti) gli eventuali talenti e attitudini del fanciullo (possibilmente i suoi e non i desiderata del Genitore);
• Riflettendo in senso empatico, qualora si verificassero episodi agiti o subiti riconducibili alle fattispecie di reati sopradescritti, affinché si realizzi una coscienza critica basata non sul terrore, ma sul disvalore e sulla possibilità trasformativa dello stesso e non una svalutazione acritica che tende a normalizzare il fenomeno.
Tornando alla domanda sul “cosa manca ai giovani?”, credo che la risposta vada proprio ricercata nella comparazione tra la propria fotografia e le poche e incomplete regole sopradescritte.
Riempire l’eventuale scarto è possibile farlo, attraverso l’esempio, l’ascolto attivo, il dialogo, le regole, la coerenza nel loro mantenimento. Essere Genitore è un “mestiere” difficile ma non impossibile. Quel Genitore che dovesse riscontrare prendendone coscienza, tali carenze, può sempre rivolgersi per un confronto, agli specialisti dei processi educativi e formativi quali Educatori e Pedagogisti e insieme, trovare la strada più adeguata.
Dove è possibile comprare il libro?
Il libro è presente in forma cartacea e in Kindle ed è possibile acquistarlo nei due formati direttamente su:
• Amazon: https://www.amazon.it/Inchiostro-pelle-storie-sempre-sbagliate/dp/B0BSRDLL6W
Nella sola forma cartacea:
• Sito web dello Studio Pedagogico Pavese: https://www.studiopedagogicopavese.org/index.php/?option=com_content&view=article&id=144
• Libreria “Vittoria” in Piazza della Vittoria a Pavia
• Cartolibreria “Vanetta” a Broni
• Cartoleria “Vercesi” a Stradella
• Edicola “Fiore” a Montù Beccaria
Sta lavorando ad un progetto o ad un nuovo libro?
Per il momento, sono impegnato nella divulgazione di “Inchiostro su pelle” e nella realizzazione e supervisione dei laboratori di Educazione Civica nelle Scuole. Attività che intendo approfondire e incentivare, per dare completezza e contributo al processo di prevenzione della devianza.
Ho comunque un paio di idee che alloggiano nella mia mente, alle quali sto dando corpo e rilevanza. Progetti che riguardano principalmente ragazzi e genitori, che a breve potrebbero trovare realizzazione. Essendo in nuce, per correttezza non ne svelo i contenuti, ma posso anticipare che derivano dalla mia attività di Coordinazione Genitoriale e tratteranno il tema del conflitto nelle separazioni e divorzi e delle difficoltà connesse, nel gestire la Genitorialità nei processi educativi e di crescita, relativi ai figli. Si tratterà di un ciclo di seminari a tema e ovviamente, non escludo possa diventare anche un progetto editoriale.
Di Manuela Montemezzani