Oggi parliamo di futuro della rete, o meglio di Brainternet, ossia di interfaccia tra cervello e computer e di come questa tecnologia può permettere di rivedere la fisiologia umana, per modellare il futuro e creare una connessione che permetta la perfetta simbiosi tra umano e macchina.
L’avanzare della tecnologia viene usata per semplificare sempre più processi e procedure in ogni ambito, sia pubblico che privato. La questione però è quando parliamo di futuro della cultura digitale.
Come esseri umani noi sappiamo che l’utilizzo del cervello nel meccanismo di apprendimento modifica continuamente l’architettura dello stesso. E questa è anche la base delle differenze esistenti tra le persone. La complessità di situazioni e difficoltà permettono al nostro cervello di aumentare le capacità cognitive, rendendoci persone intelligenti.
Se noi vivessimo in un mondo in cui la tecnologia semplificasse ogni aspetto delle nostre vite, quali sarebbero gli effetti pratici sul nostro cervello?
Noi generazione boomers, che abbiamo già vissuto in contesti de-tecnologizzati, siamo in grado di mantenere un equilibrio tra il nostro passato e il futuro. Le nuove generazioni invece hanno iniziato ogni esperienza di vita in un mondo che era già ad altissima densità tecnologica.
Parlando quindi di connessioni futuristiche e delle nuove tecnologie chiamate ICC ( o BCC in inglese ) cioè interfacce cervello-computer, ci troveremo dinnanzi a connessioni dirette tra il cervello umano e i dispositivi esterni, consentendo il trasferimento di informazioni e comandi, senza la necessità di intermediari fisici come tastiera o mouse.
In questo percorso mi sono fatta guidare dal Dott. Elo Ferrari, che ricopre una posizione di Senior Product Designer a Berlino, e che si occupa proprio per alcune start-up tecnologiche, di studiare l’interfaccia tra cervello umano e dispositivi esterni: come computer o arti protesici confrontandosi continuamente con ingegneri e psicologi, per arrivare alla connessione futuristica tra uomo e macchina, e usare questo potenziale per rimodellare vari settori, tra cui sanità, comunicazione, intrattenimento e istruzione.
Dott. Ferrari, possiamo chiederle istruzioni per questa frontiera emozionante nell’evoluzione della tecnologia che riguardano l’interfaccia tra cervello e computer?
“Le BCI (Brain Computer Interface) rappresentano un passo avanti tra uomo e macchina e permette una comunicazione diretta e unidirezionale dal cervello ad un dispositivo esterno non dipendente da nervi o muscoli. Immagini che il suo cervello sia come un computer super veloce che utilizza l’elettricità per inviare messaggi. Le interfacce cervello-computer (BCI) sono come traduttori tra il tuo cervello e altre cose, come computer o macchine.
Le BCI funzionano ascoltando i minuscoli segnali elettrici che le cellule cerebrali (neuroni) inviano per parlare tra loro. Questi segnali sono come il modo in cui il cervello dice: “Ehi, muoviamo la mano!” o “Sto pensando a qualcosa”.
Le BCI dispongono di sensori speciali in grado di captare questi segnali elettrici. Trasformano questi segnali in istruzioni comprensibili per i computer. Pertanto, quando vuoi spostare un cursore su uno schermo, la BCI ascolta i segnali di “spostamento della mano” del tuo cervello e dice al computer di spostare il cursore.
Tutto sommato, si tratta essenzialmente di comprendere e utilizzare i segnali elettrici che il cervello utilizza per comunicare.”
Questo è uno scenario molto emozionante su un futuro ormai molto prossimo. Tuttavia, la domanda sorge spontanea. Ci potrebbero essere effetti collaterali?
“Abbiamo 2 strade da percorrere. La prima riguarda le BCI invasive perché comportano il posizionamento di elettrodi (minuscoli sensori) direttamente all’interno del tessuto cerebrale.
Questi elettrodi raccolgono segnali cerebrali molto dettagliati, consentendo un controllo e una comunicazione precisa. Un esempio possono essere gli impianti neurali che vengono impiantati in profondità nel tessuto cerebrale ed è utilizzato per controllare gli arti protesici o aiutare le persone paralizzate a riprendere movimento. Altro sono i dispositivi di registrazione neurale che sono impianti che vengono utilizzati per monitorare l’attività cerebrale per ricerche mediche o scopi diagnostici, come negli studi sull’epilessia.
Altro tema sono le BCI non invasive che non richiedono alcun intervento chirurgico o contatto diretto con il cervello. Funzionano rilevando l’ attività cerebrale dall’ esterno del cranio utilizzando sensori posizionati sul cuoio capelluto. Certamente così’ pero’ catturano segnali meno dettagliati rispetto ai metodi invasivi. In questo caso esempi da citare sono EEG ovvero elettroencefalografia
che ci permette, attraverso il posizionamento di determinati sensori sul cuoio capelluto, per misurare l’attività elettrica del cervello.
Le BCI-EEG vengono utilizzate per cose come la comunicazione di base e il controllo di semplici attività del computer. Poi abbiamo la spettroscopia funzionale nel vicino infrarosso (fNIRS). Grazie a questa tecnica possiamo misurare i cambiamenti nel flusso sanguigno del cervello, illuminando la luce sul cuoio capelluto. In questo modo possiamo rilevare modelli di attività cerebrale a compiti cognitivi. E così ancora altri esempi per molti usi soprattutto applicati alla salute e alla prevenzione.
La scelta del tipo da utilizzare dipende dall’applicazione specifica , dal livello di invasività con cui una persona si sente a suo agio e dal livello desiderato di controllo e dettaglio necessari per l’attività da svolgere.
E l’intelligenza artificiale in tutto questo scenario, Dott. Ferrari, che ruolo ha?
“Il compito di decodificare e interpretare i segnali neurali. L’intelligenza artificiale arriva con un bel bagaglio di potenza computazionale, riconoscimento di modelli e analisi in tempo reale. Gli algoritmi di apprendimento automatico possono adattare e perfezionare le proprie prestazioni nel tempo in base al feedback degli utenti e al cambiamento dei modelli neurali .
Ultimo ma non meno importante, un piccolo accenno al miglioramento cognitivo: le BCI assistite dall’intelligenza artificiale possono facilitare il miglioramento cognitivo fornendo feedback in tempo reale sugli stati cerebrali . Gli utenti possono allenare le proprie capacità cognitive con l’aiuto di algoritmi di intelligenza artificiale, consentendo applicazioni nel campo dell’istruzione, della salute mentale e dell’ottimizzazione delle prestazioni.
Questa convergenza tra intelligenza artificiale e BCI ha il potenziale per rimodellare il modo in cui interagiamo con la tecnologia e con gli altri.”
In ultimo come possiamo riassumere le potenzialità del BCI assistite dall’intelligenza artificiale?
“Lo potenziali applicazioni sono estremamente ampie e includono:
Per primo citerei l’assistenza alle persone con disabilità: le BCI potrebbero rivoluzionare la vita delle persone con disabilità motorie, consentendo loro di comunicare e interagire con il mondo esterno in modi completamente nuovi.
Nella comunicazione avanzata invece le persone potrebbero inviare messaggi e comunicare attraverso pensieri diretti, rendendo possibile la comunicazione anche per coloro che hanno difficoltà a parlare, o a utilizzare dispositivi di input tradizionali.
Vi immaginate quando potremmo accendere le luci o regolare la temperatura nella tua casa semplicemente pensando a ciò che desideriamo.
Le BCI potrebbero aiutare nell’apprendimento rapido e nell’assimilazione delle informazioni direttamente nel cervello.
In ultimo pensiamo ai giochi e applicazioni di intrattenimento. Queste potrebbero essere controllati tramite pensieri e intenzioni, offrendo esperienze più immersive e interattive.
Ci troviamo però davanti a sfide tecniche, etiche e di sicurezza. La complessità delle letture neurali, necessità di evitare danni al cervello e la protezione dei dati personali, sono tutte questioni rilevanti da affrontare.”
Scrivetemi a virginia.sanchesi@gmail.com o contattaci in redazione al numero 348 544 0956 e saremo felici di aprire un contatto diretto o una chat fra me e voi.!!