In occasione di “Musei DiVini”, nella sede centrale dell’Università di Pavia, in cui la città ha incontrato ben 40 produttori di aziende vinicole, dalla fonte di Ilaria Cabrini, responsabile del fundraising e della piattaforma, con il quale gestirlo, ho avuto occasione di scoprire l’esistenza di un progetto, che abbraccia più ambiti. Il coordinatore di questo ambizioso progetto è il professore Stefano Maggi, docente di archeologia classica, che, con una raffinatezza e un carisma che avresti ascoltato ben più minuti, è stato disponibile a un’intervista. Sia lui sia la signora Cabrini impersonano i pilastri del progetto e, non meno rilevanti, come hanno garbatamente notato, sono coloro che consentono la realizzazione di questi scavi. Sì, perché Pavia e l’Oltrepò Pavese, in questo caso la Valle Staffora, si incontrano in un paese, in cui ci si può recare alle Terme, conosciuto come la vicina Salice, ma con l’impianto funzionante, al quale si recano molto turisti ed è necessario prenotare qualche giorno prima: Rivanazzano.
Nelle campagne, la vegetazione, soprattutto dopo queste piogge, è abbondante, però, con l’applicazione di Google Earth, che ha un’immensa efficienza, il professor Maggi e un gruppo di suoi allievi, che studiano il corso di archeologia, però la praticano nelle ricerche di materiale storico, che abbia un legame con la società, di ieri e di oggi, che, in comune, hanno l’interesse verso “il Nettare di Bacco”!
I nostri terreni, pianeggianti e collinari, riservano numerose risorse da saper cogliere e divulgare. La comunità di Pavia e provincia deve imparare a comprendere quanto ha attorno e non cercare molto lontano: può, se lo crede, ma non screditando” il proprio habitat, se non ne conosce le peculiarità e le iniziative che le rendono conoscibili al pubblico.
Professore, in cosa consiste il progetto “Archeo Staffora”?
In modo causale, nel 2015, ho avviato un progetto di ricerca per la ricostruzione del paesaggio storico, nella Valle Staffora. Nel 2016, sono stati avviati gli scavi, con una evidente diffidenza, da parte degli abitanti e di alcune autorità dei paesi coinvolti, che, però, ben presto, compresero quante nuove risorse la Ricerca avrebbe offerto alla loro economia.
Dal primo scavo, ottenuto con molto impegno da parte dello staff Unipv, docenti e studenti, in meno di dieci anni, la possibilità di un terzo è quasi concreta!
I risultati raggiunti sono stati integrati dai dati delle indagini geologiche condotte dai colleghi del Dipartimento di Scienze della Terra.
Notevole potrà essere l’apporto di analisi paleobotaniche e paleoosteologiche, per una ricostruzione globale dell’ambiente.
Accanto all’attività scientifica, si è operato e si continuerà ad operare un intenso lavoro di comunicazione presso la comunità locale e non solo.
I giovani sono molto interessati a questa tecnica di applicare le nozioni dagli studi teorici. Le scoperte, ad ora, effettuate, consolidano che i Romani, 2000 anni fa, avevano già intuito le coltivazioni a vite e le opportunità di un fiume: l’organizzazione romana del terreno era chiamata “centuriazione”, in sistema con al celebre via Postumia e un corso d’acqua, lo Staffora, attraverso mezzi cartografici e satellitari.
L’iniziativa, dislocata all’interno dei suggestivi cortili, nella sede centrale dell’Università, è anche un’occasione per comunicare il grande risultato ottenuto dal progetto a livello nazionale: insieme all’amico e collega della “Statale”, di Milano, Lorenzo Zamboni, il professor Maggi ha ricevuto un finanziamento ministeriale di 270.000 euro e la gratificazione di vederci al 15° posto nella graduatoria nazionale del PRIN, acronimo di “Progetti di Ricerca Di Interesse Nazionale”.