Da sempre il fenomeno dell’arcobaleno ha affascinato i popoli di tutto il mondo nel corso dei secoli. Quando la luce del sole incontra le gocce d’acqua, presenti nell’aria dopo un temporale, si forma uno stupefacente arco variopinto nel cielo. L’arcobaleno nel tempo però ha assunto significati diversi. Su richiesta di Harvey Milk, primo politico dichiaratamente gay eletto in California, fu chiesto a Gilbert Baker, artista americano, di disegnare per il primo Gay Pride di San Francisco del 1978, una bandiera che rappresentasse la comunità omosessuale. Lui disegnò un arcobaleno con otto colori con un significato diverso per ogni colore, per rappresentare così le varie diversità di quella comunità per genere, etnia, età e così via. Nel tempo, la bandiera ridotta a sei colori, è diventata, come tutti sappiamo il simbolo dell’orgoglio della comunità LGBTIQA+.
Giugno è il cosiddetto Pride Month, cioè il mese dedicato all’orgoglio gay per incentivare la parità dei diritti di genere e l’amore in ogni forma senza discriminazione. L’origine della scelta di questo mese risale ai cosiddetti “Moti di Stonewall”. Proprio nel giugno 1969, nel Greenwich Village di New York, la comunità gay, stufa dei continui soprusi e violenze della polizia nei loro confronti, scesero in strada per protestare senza più nascondere il proprio orientamento personale. Da questo episodio il 27 e 28 giugno 1970, un anno dopo, nasce il primo vero Gay Pride della storia, a New York. Migliaia di giovani, con lo scopo di farsi notare anche attraverso vestiti particolarmente colorati e stravaganti, marciarono proclamando la “nuova forza e orgoglio delle persone gay”, come scrisse allora il New York Times.
In Italia questo movimento nella sua forma più organizzata, arrivò soltanto 20 anni dopo nel 1994, quando fu organizzato il primo Gay Pride ufficiale a Roma con oltre 10 mila persone. Quest’anno, per celebrare il Pride Month per tutto il mese di giugno e attraverso tutta l’ Italia, sono previste celebrazioni, conferenze, dibattiti e performance. Partiamo dal Dolomiti Pride a Trento del 3 giugno per poi toccare Padova, Pavia, Messina, Roma, Torino, Milano, per dire le principali, e concludersi a fine settembre con l’Aosta Pride Week. Come leggiamo tutti in questi giorni sui mezzi di comunicazione, sono nate innumerevoli polemiche intorno al Pride e ai vari coinvolgimenti istituzionali.
Il Pride vuole essere una manifestazione nella sua essenza per affermare i diritti di tutti ed è importante perché resta molto lavoro da fare. Non riguarda solo diritti e libertà legislative, ma anche libertà sociali culturali che spesso non vanno a spasso con la Legge. Certamente una celebrazione annuale non risolve le cose, ma per moltissimi rappresenta un’occasione di motivazione ed è una grande leva per ottenere visibilità dove i pari diritti e il riconoscimento sociale non esistono.
Il Pride ha lo scopo importantissimo di fare rete e forza tra i diversi movimenti esistenti, non solo più della comunità omosessuale, ma anche delle minoranze “deboli”. Questa manifestazione è oggi una manifestazione inclusiva nella sua totalità ed è frequentatissima anche da persone eterosessuali. Lo scopo è unire gli individui nella lotta per i diritti all’uguaglianza e il riconoscimento delle proprie diversità e unicità. E’ molto importante che le persone etero lo sostengano proprio perché i confini di queste manifestazioni rivestono diritti di uguaglianza e di inclusione sociale che riguardano tutti noi. Il consenso pubblico è fondamentale che sia ampio e trasversale: non bisogna essere omosessuali per volere il matrimonio tra persone dello stesso sesso e non bisogna essere donne per volere una Legge contro la violenza sulle donne.
Lo sappiamo bene che essere eterosessuali è la norma su cui tutto il tempo e il mondo si misura, perché ogni espressione etero è considerata normale. Inoltre nella nostra epoca si introduce una nuova accezione, un nuovo concetto basato sulla dicotomia del binario-non binario. All’interno degli stessi movimenti del Pride, accanto al termine binario che identifica in modo netto il maschile e il femminile, il gay, la lesbica e il transgender, si parla oggi con le nuove generazioni, di “non binario” per indicare la non conformità alla tradizionale distinzione uomo-donna. Chi vive questo non binario non si sente esclusivamente uomo o donna, ma si può percepire come entrambi. Possono appartenere a più di un genere o a nessun genere.
Il significato più profondo di queste manifestazioni del Pride, e che riveste tutti e dico proprio tutti, è la violenza di genere. Con questo intendiamo ogni forma di violenza, psicologica, fisica e sessuale che riguardano un vasto numero di persone discriminate in base al sesso, sia che siano individui LGBTIQ+ che donne.
Pensiamo al problema della violenza sulle donne, al fatto che vengano credute quando denunciano di essere vittime di violenza e al fatto che debbano essere supportate dalle istituzioni perché possano riprendere in mano la propria vita e non emarginate e abbandonate.
Prevenire la violenza di genere vuol dire combattere le sue radici culturali e sociali e le sue cause. Cosa si può fare? Se vogliamo veramente sradicare questa cultura patriarcale dobbiamo educare alle differenze con un lavoro quotidiano di prevenzione culturale e di grande investimenti di educazione alle differenze fin dalle scuole e dalle Università.
Devono esserci strategie politiche mirate all’educazione, alla sensibilizzazione e al riconoscimento delle pari opportunità in ogni ambito della vita privata prima di tutto e pubblica di conseguenza.
Virginia Sanchesi
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