È da qualche giorno che “fischia il vento e infuria la bufera” sul cognato della Giorgia Meloni, il Ministro della Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste. Il Ministro Francesco Lollobrigida, si è lasciato andare ad una orripilante “gaffe di sen fuggita” che richiama non sopite pulsioni razziali (per essere buoni), ma anche pruriti aggettivabili storicamente ed eticamente come matrice nazista. Di fronte alla triplice questione del calo demografico italiano, del trend marginale del tasso di natività e della esplosione delle migrazioni, il Ministro evoca il rischio “della sostituzione etnica” e del progressivo decadimento della cosiddetta italianità come identità della Nazione. Come recita il titolo del Romanzo di Carlo Levi sulla Sicilia del 1955 “le parole sono pietre” e un Ministro della Repubblica dovrebbe avere almeno il cervello sempre connesso: non pare il caso di Lollobrigida! Ma si quale sostituzione etnica va cianciando? Nel 2023 gli immigrati residenti nella nostra Nazione rappresentano solo l’8% della popolazione e producono il 13% del Pil italico. L’unica vera sostituzione etnica è avvenuta nei campi assolati del Tavoliere delle Puglie, della Campania, della Calabria, della Sicilia e in tante Regioni del Centronord a raccogliere pomodori, meloni e altra frutta per le nostre Tavole e nelle baraccopoli disumane che li accolgono come novelli schiavi. Parlare di sostituzione etnica nel 2023 è non solo anacronistico e falso, ma pericoloso e fuorviante. Ignorare, come fa il Ministro, la funzione del linguaggio o usare quest’ultimo in una certa direzione rischia persino di svalutare e sciupare le eventuali cose buone che su altri piani politici si stanno mettendo in campo. Il linguaggio politico duro e crudo, quando è consapevole o utilizzato da una certa politica può anche riempire la pancia di Chi ascolta, ma certamente svuota la credibilità del pensiero e della Politica come servizio. Si genera così diffidenza, perplessità, scetticismo, sfiducia e si alimenta la non credibilità di Istituzioni e Governo. Parlare di sostituzione etnica nel 2023, peraltro, è pericoloso soprattutto considerata la scelta politica ipotizzata per il futuro riguardo a cuscinetti di regolarizzazione (circa 500 mila persone stimate proprio dal ministro dell’agricoltura). È un po’ strano trovarsi a scrivere che il Ministro “non sa cosa dice” perché, se lo sapesse, semmai avrebbe dovuto parlare di rimpiazzo lavorativo ed economico e non etnico (in inglese replacement by immigration), linguaggio usato dalla Unione Europea e dalle Nazioni Unite sul come fronteggiare le diverse emergenze e crisi nel mondo da cui originano le migrazioni da povertà e disperazione. La polemica politica si motiva, inoltre, per il fatto che non è davvero la prima volta che ci troviamo di fronte a “scivoloni” di Ministri e Sottosegretari del Governo Meloni, peraltro di provenienza da Fratelli D’Italia; bubbole che forse sanzionano i limiti di qualità della classe dirigente del Partito del Presidente del Consiglio. Al netto del livello tragicomico dei Cervelli meloniani Lollobrigida, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Fazzolari & Company, peraltro, non tanto dissimili da altre “celebrità” che pullulano il Parlamento orizzontalmente a tutti i Partiti; e al netto delle battute sarcastiche sulla “sostituzione etnica”, le questioni che pongono sulla natalità e sugli incentivi strutturali a giovani coppie e famiglie, non solo sono giuste e sacrosante in sé, ma risultano tardive rispetto al trend demografico del Paese. Il negativo costante calo demografico con le ricadute economiche e sociali conseguenti, chiamano anche in causa una Sinistra incapace, negli ultimi 30 anni, non solo di programmare e realizzare politiche dedicate e congrue per le famiglie, ma addirittura di cogliere la criticità “dell’inverno demografico” del Paese. Una criticità denunciata da decenni dalle menti più accorte del Paese e da me di persona personalmente evidenziata per la Liguria, già nel 2001 nel Congresso Regionale della CGIL Liguria e riproposta come priorità assoluta delle Politiche del Welfare regionale e comunale con scansione quasi semestrale. Ed infatti se la fine della “cuccagna” per l’Italia è prevista per il 2050 (fifty fifty occupati al lavoro e beneficiari diretti delle contribuzioni), per la Liguria la scadenza si anticipa al 2035/2040 e per Savona ancora prima! Sarebbe cosa buona e giusta prenderne atto e tentare di agire conseguentemente! Altrimenti questa sollevazione satirica verso la gaffe del Ministro Lollobrigida diventa risibile e le giuste critiche solo Chiacchiere e Campanelli.
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Le ipocresie e la sostituzione etnica
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