Non vi dubbio alcuno che il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni abbia avuto un coraggio da leoni, quando ha scelto di accettare l’invito di Maurizio Landini ad intervenire nella “fossa dei leoni” del Congresso Nazionale della CGIL che si sta tenendo a Rimini, con il logo “Il Lavoro Crea il Futuro “.
Come dovrebbe essere noto, la locuzione Latina hic sunt leones (lett. “qui ci sono i leoni”) o hic sunt dracones (lett. “qui ci sono i draghi”) è un’espressione che veniva associata alle carte geografiche antiche per indicare le zone ancora inesplorate dell’Africa; e inesplorato era per Giorgia, almeno sino ad oggi, il territorio della più grande Confederazione Sindacale dell’Eurozona e, forse anche del Mondo Libero, con i suoi oltre 5milioni di iscritti, con centinaia di migliaia di delegati e con decine di migliaia di funzionari e dirigenti sindacali.
Ho cercato di riflettere e capire il perché abbia creato cotanto “scandalo” la presenza (certamente inedita) della Meloni a Rimini.
Critiche della base CGIL “dura e pura” sono arrivate anche alle mie orecchie e qualche compagna di Genova come la Prof. Erminia Federico o la volontaria Cgil Edmea Maŕiotti mi hanno, persino, chiesto spiegazioni.
La mia modesta opinione è che abbia fatto bene Landini ad invitarla e, ancora meglio la Meloni ad avere il coraggio di andare a parlare.
È giusto così nel metodo, non solo e non tanto per una sorta di “galateo istituzionale”, quanto per riconfermare il carattere “aperto” del Congresso e l’attualità dei temi che la grande CGIL pone come priorità per il Governo della cosiddetta Nazione.
La CGIL maggioritaria e unitaria (con CISL e UIL) sin dal 1949 con il Patto del Lavoro di Di Vittorio , alla svolta dell’Eur di Luciano Lama nel 1977/78, al Sindacato dei Diritti di Bruno Trentin e Ottaviano Del Turco, ha storicamente anteposto il Paese ai bisogni “particùlari” della CGIL in sé e per sé.
Bene che il “minoritario” Landini sia cresciuto e voglia incamminarsi sul circuito virtuoso dei Grandi Dirigenti che hanno fatto la storia della CGIL e non soltanto la cronaca come Pizzinato, Cofferati, Camusso etc.
La CGIL deve restare il Sindacato del Lavoro e dei Lavori autonomo dai Governi e dai Partiti forte, unitario e vincolato alla sua Piattaforma valoriale e programmatica sostenuta dalle Vertenze Partecipate e dal Negoziato con il Sistema delle Imprese e con i Governi che ci sono se legittimati dal voto del Popolo Sovrano.
Ecco perché era giusto invitare il Presidente del Consiglio in essere, chiunque egli sia!
Certo la svolta c’è! Erano 27 anni che un Presidente del Consiglio non interveniva ad un Congresso della Cgil: l’ultimo era stato Romano Prodi nel 1996.
Io c’ero a Rimini e ricordo perfettamente le dinamiche dell’evento come a dire…storico.
Mi è piaciuto l’abbrivio della Meloni ai primi fischi “un po’ idioti” di una decina di Cipputi di sinistra minoritaria e populista che hanno allietato con le note di Bella Ciao! E figuriamoci se perdevano l’occasione di fare un giro di giostra a gratis (avrebbe detto il Console della Culmv Paride Batini) ed avere cinque minuti di celebrità.
Ma la Meloni, mi dicono in diretta, non si sia affatto intimorita e da underdog ha saputo ben rispondere “ mi sono formata a suon di fischi” e “meriterei il cavalierato dei fischi”.
Al canto di Bella Ciao sono usciti dalla Sala 24 Delegati su 940 (meno del 3% dei Delegati)!
E sembra che in 30 minuti di intervento, la Giorgia abbia avuto un solo applauso quando ha ricordato l’attacco squadristico alla Sede della CGIL Nazionale in Corso Italia e un un accenno di timido applauso quando ha citato “ gli anarchici che inneggiano alle Brigate Rosse”.
È sul merito che la Meloni è stata debole ma fortemente ancorata alle linee programmatiche e alle misure messe e da mettere in campo dal suo Governo di Destracentro.
Vediamole in larga sintesi.
«Oggi è stato colmato un vuoto che vede da 27 anni l’assenza di un capo del governo dal vostro congresso, oggi possiamo celebrare unità nazionale. La contrapposizione ha un ruolo persino positivo, l’unità dà un senso alla contrapposizione. Lavoriamo con diverse convinzioni allo stesso obiettivo, il bene della nazione. La ricchezza la creano le aziende, con i loro lavoratori».
Il primo affondo di merito non poteva non essere il nodo della crisi e della crescita economica della Nazione.
Come Capo del governo affermo dal vostro congresso, oggi possiamo celebrare unità nazionale. La contrapposizione ha un ruolo persino positivo, l’unità dà un senso alla contrapposizione. Lavoriamo con diverse convinzioni allo stesso obiettivo, il bene della nazione. La ricchezza la creano le aziende, con i loro lavoratori»
«Dobbiamo puntare tutto sulla crescita economica»
Gran parte dell’intervento si è focalizzato sul lavoro. «L’Italia – ha ricordato il presidente del Consiglio – ha un tasso di occupazione storicamente basso: 58% nel 2021, almeno 10 punti sotto la media Ue, peggio per le donne con un gap di 14 punti, salari bloccati da anni, salari piu bassi rispetto al 1990 mentre in Germania gli incrementi sono stati del 30%: significa – ha sottolineato Meloni – che le ricette non hanno funzionato finora, dobbiamo puntare tutto su crescita economica». Poi la Riforma della tassazione e della fiscalità generale.
«Ridurre carico e contrastare evasione»
«Lavoriamo per consegnare agli italiani una riforma complessiva che riformi l’efficienza della struttura delle imposte, riduca il carico fiscale e contrasti l’evasione fiscale, che semplifichi gli adempimenti e crei un rapporto di fiducia fra Stato e contribuente», ha affermato. «Vogliamo usare la leva fiscale come strumento di crescita economica, una riforma che guarda con molta attenzione al lavoro, con interventi sui redditi medio bassi e novità per i dipendenti», ha continuato la premier.
Poi è la volta della vexata questio del salario minimo.
Secondo la premier, «per favorire la crescita dell’occupazione e aumentare i salari bisogna puntare sulla crescita fiscale, visione alla base della legge delega fiscale frettolosamente bocciata da alcuni, vogliamo ridurre il carico fiscale e semplificare gli adempimenti». Quanto poi al salario minimo legale, la sua introduzione «non è la soluzione migliore, c’è il rischio che invece di tutela aggiuntiva diventi sostitutiva rispetto alle tutele della contrattazione collettiva». Secondo la leader di FdI «bisogna estendere la contrattazione collettiva e contrastare i contratti pirati e tagliare il costo lavoro con il taglio del cuneo. Sono d’accordo con Landini su stesso lavoro e stessi diritti, lavorare a un sistema di ammortizzatori sociali per dare a tutti le stesse tutele: la legge Biagi aveva questo obiettivo».
Il Reddito di Cittadinanza- ha continuato la Meloni- è una misura sbagliata, si tuteli chi non può lavorare. Vogliamo tutelare chi non è in grado di lavorare, chi ha perso il lavoro, gli invalidi ecc. ma per chi può lavorare – ha sottolineato – la soluzione è creare posti di lavoro, inserire queste persone in corsi di formazione anche retribuiti». Perché, ha scandito la premier, la povertà non si abolisce per decreto.
Sui nodi strategici del Governo del Paese e sull’intervento dei Presidente del Consiglio, proverò a verificarne congruità e distanze con una sorta di fact – checking.
“ I salari dei lavoratori italiani sono praticamente bloccati da oltre 30 anni”
È vero: secondo i dati dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), utilizzando come base i prezzi del 2020, negli ultimi 30 anni i salari reali medi degli italiani – tenendo dunque conto dell’inflazione – sono diminuiti di più di mille euro, il 3,6 per cento, passando da 28.800 euro a 27.800 euro. Negli altri principali Paesi europei è successo il contrario: in Spagna i salari medi sono aumentati del 6 per cento, in Francia del 31 per cento e in Germania del 34 per cento.
“La crescita della povertà ”«La povertà non è stata abolita, anzi è aumentata»
La nota dichiarazione dell’allora vicepresidente del Consiglio e capo politico del Movimento 5 stelle Luigi Di Maio, che a settembre 2018 aveva celebrato la futura introduzione del reddito di cittadinanza dicendo: «Oggi aboliamo la povertà», si è dimostrata una baggianata ridicola.
Un aumento della povertà c’è stato, complice soprattutto la pandemia di Covid-19. Secondo Istat, nel 2018 le famiglie in povertà assoluta in Italia erano il 7 per cento, percentuale scesa al 6,4 per cento nel 2019, ma poi aumentata al 7,7 per cento nel 2020. Nel 2021 (ultimo anno per cui sono disponibili i dati) viveva in povertà assoluta il 7,5 per cento delle famiglie in Italia.
“L’andamento dell’evasione fiscale”; «L’evasione fiscale è stabilmente intorno ai 100 miliardi di euro nonostante gli interventi che si sono succeduti nel tempo»
Secondo le stime più aggiornate del Ministero dell’Economia e delle Finanze, nel 2020 in Italia l’evasione delle imposte e dei contributi ha raggiunto un valore pari a 89,9 miliardi di euro, in calo rispetto ai 99,7 miliardi di euro del 2019. Il 2020 è stato però un anno particolare, caratterizzato dalla crisi economica causata dalla pandemia di Covid-19.
Andando più indietro nel tempo, nel 2015 l’evasione fiscale e contributiva era stimata sui 106,2 miliardi di euro. Nei quattro anni successivi, a differenza di quello che dice Meloni, un calo c’è stato, di 6,5 miliardi di euro.
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Giorgia alla prima di Cipputi, non alla Scala
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