Il punto di Virginia

C’ERA UNA VOLTA…

Intervista all'Avv. Maurizio Cardona

“E finché morte non vi separi…” è la formula di un consenso che soprattutto oggi non esiste. Alcuni matrimoni, forse troppi, sono oggi  dei fossili legati da questa espressione e la maggior parte di queste unioni, giunge rapidamente ad una separazione e a tutto ciò che ne consegue nel bene e nel male. In questo ultimo cambio generazionale i Millennials, figli di una generazione di genitori separati, si trovano attori principali nel non credere più nel matrimonio vissuto come “contratto” dove restare intrappolati.

Il concetto del matrimonio non è in declino, non hanno perso interesse verso l’idea di sposarsi, ma semplicemente hanno cambiato il come e il quando, diventando sempre più una scelta piuttosto che un obbligo, come era prima. Siamo di fronte ad un cambiamento dei sistemi familiari ed educativi, a cui si aggiunge la precarietà del lavoro e una figura della donna volta al successo e a un carattere più determinato e autosufficiente, non più legata al bisogno-desiderio del matrimonio in contrapposizione al maschio spiazzato.

La famiglia in Italia è un’istituzione culturale, ma è la prima istituzione con la quale ti confronti, contro la quale combatti e la prima da cui staccarti e…forse anche la prima che ti ama, nonostante i tuoi genitori siano  alle prese con le loro crisi matrimoniali. In ogni caso questa istituzione, anche in Italia, non è mai stata più “liquida” di oggi tra rottura con la tradizione e globalizzazione. Le statistiche del nostro tempo ci riportano sempre di più a unioni civili, pochi matrimoni in Chiesa, pochi divorzi, pochi figli. I giovani Millennials cercano prima una convivenza che stabilizzi l’unione e la renda solida per non ripetere il modello dei propri genitori per poi scegliere di sposarsi.

Ne parliamo con l’Avvocato Maurizio Cardona, avvocato divorzista, studio legale torinese di riferimento nel Diritto di famiglia, con oltre vent’anni di esperienza nella gestione della conflittualità delle coppie.

Avvocato Cardona come è cambiato negli anni il modello di separazione tra i coniugi?

“Beh, sicuramente oggi è più facile separarsi o ma soprattutto divorziare è diventato più veloce. Prima del 1975 per divorziare bisognava aspettare molti anni dalla separazione. All’inizio addirittura 7 anni, poi ridotti a 5 e poi ancora a 3. Dal 2015, invece è possibile divorziare anche in 6 mesi dalla separazione, dalla udienza di comparizione dei coniugi davanti al Presidente, se si tratta di consensuale e in 1 anno se si tratta di una giudiziale. A differenza di molti altri paesi nel mondo, nei quali è possibile divorziare direttamente e sciogliere il vincolo matrimoniale, in Italia si è mantenuto l’istituto della separazione, inteso come una sorta di pausa di riflessione e di affievolimento degli effetti del matrimonio e oggi è possibile farlo, se si tratta di consensuale, in tempi relativamente brevi e senza la necessità di doversi presentare in tribunale. L’esperienza del Covid poi ha sicuramente contribuito a semplificare le procedure e i modelli organizzativi. Nella maggior parte dei casi il modello di separazione consensuale rimane il percorso maggiormente seguito anche se, dobbiamo dire, a onor del vero, che molte separazioni consensuali, se non sono fatte in modo attento e riflettuto, rischiano di riaprirsi e di mantenere il conflitto aperto anche per molti anni.

Quella che non è mai mutata è la precarietà dei rapporti affettivi. I legami sentimentali sono “precari” per definizione e nella maggior parte dei casi, hanno un inizio e una fine. L’idea del “per sempre” non è spesso percorribile, forse semplicemente perché gli esseri umani sono fragili, cambiano e vivono emozioni e sentimenti che sono in continua trasformazione. I rapporti affettivi sono in continuo movimento e anche quello che sembra apparentemente immutabile in realtà non lo è mai davvero.

Fino alla riforma del 1975 il matrimonio e la famiglia fondata sul matrimonio era la struttura portante della nostra società. Oggi quel modello di famiglia patriarcale non esiste più e certamente sono cambiate molte cose. Una volta ci si sposava per emanciparsi e per fare figli. Oggi non è più così e chi decide di sposarsi lo fa per le più svariate ragioni. Molti che decidono di sposarsi ignorano diritti e i doveri e le responsabilità che sono collegate al matrimonio. Molti lo fanno senza pensarci troppo  più per tradizione che per assoluta convinzione. Ma a differenza di quello che si potrebbe pensare ci sono ancora tanti giovani irriducibili che lo fanno in modo consapevole, perché ci credono davvero, perché credono che i legami duraturi possano vincere su tutto, perché sentono di avere bisogno dell’altro e credono all’eternità e all’autenticità dei propri sentimenti. In un mondo basato sulla precarietà della vita sentono di credere nei rapporti umani e sentono il bisogno di impegnarsi e di fidarsi ancora di qualcuno”.

Lei ha scritto che per divorziare ci vuole coraggio, ma per rimanere insieme bisogna essere pazzi. Cosa ci vuole dire con questa massima?

“Intendevo dire che la separazione o il divorzio non si fa a cuor leggero. La fine di un rapporto affettivo è sempre un momento complesso, soprattutto per quei rapporti lungi concepiti e strutturati più dall’idea del “Noi” che da quella dell’ ”Io”. E’ complicato in particolare quando ci sono dei figli che hanno ancora bisogno di accudimento, perché bisognerà dir loro che i loro genitori non vivranno più insieme, perché uno dei due genitori, si solito sono i padri, dovrà fare le valige e andare via di casa, perché si moltiplicano i costi, perché uno dei due genitori perderà quella quotidianità a cui era abituato. E’ complicato perché spesso la fine di un legame produce dolore, sofferenza e si devono fare i conti con la propria storia. In questo senso ci vuole “coraggio”, perché il più delle volte bisogna affrontare tutto questo. Ma d’altra parte quando si sta male e si soffre quali alternative ci sono?. Quella di continuare a vivere come se nulla fosse, provando a fare finta di niente, cercando di convincersi che rimanere insieme é pur sempre il male minore?. Ma in molti casi, questo non è realmente possibile. L’idea di continuare a stare insieme a tutti i costi è un po’ da matti perché evidentemente non si considerano adeguatamente i costi umani della sofferenza. Stare “ostinatamente” insieme per i figli, dobbiamo dirlo, non è la soluzione migliore. La speranza della libertà in molti casi è una necessità, un primo passo per “ripensarsi”. Ci si separa quando il matrimonio diventa una prigione. La vera tragedia non è la separazione in sé ma continuare a vivere sotto lo stesso tetto con i figli rassegnandosi alla tristezza.”

I figli sono poi quelli che ne fanno maggiormente le spese.

“In molti casi non si tratta solo di considerare la propria sofferenza ma soprattutto quella dei figli, spesso logorati dai litigi dei genitori e che rischiano di “abituarsi” al conflitto quotidiano quasi fosse una condizione umana e naturale dei rapporti umani. Si, i figli si ritrovano spesso ad essere spettatori della fine e dei conflitti genitoriali vissuti a volte come delle vere e proprie violenze. Figli che rischiano di perdere i loro diritti fondamentali e soprattutto il loro diritto a rimanere figli e non spettatori o addirittura “gestori” inconsapevole del conflitto. La verità è che i figli devono continuare a nutrire la speranza e la certezza dell’amore eterno di entrambi i loro genitori”.

Quanto è possibile Avvocato Cardona trovare un accordo in equilibrio e quanto invece è dominato dalla follia?

“La ricerca di un accordo equilibrato non è mai una cosa semplice. Il divorzio, come dico sempre, non sempre si sceglie. È un fatto umano che capita e che va affrontato. La verità è che non siamo preparati per “gestire” la fine di un rapporto. E’ più facile sognare l’inizio che entrare nella logica di dovere affrontare un cambiamento radicale che viene percepito come qualcosa di brutto. No, non siamo preparati. Come dico sempre, ci hanno insegnato tutto ma non siamo preparati a niente. Non siamo preparati all’amore e alla sua follia e non siamo preparati alla fine della magia. Ma la ricerca di un accordo condiviso non è mai una cosa semplice. Spesso passa dalla necessità di gestire il cambiamento e bisogna provare a farlo con impegno.

La separazione è una cosa seria. Per raggiungere un accordo equilibrato e duraturo non basta una bella firma. Occorre grande attenzione e soprattutto una grande onestà intellettuale per rispetto a quella che è stata la storia di quella famiglia, dei sacrifici dell’uno e dell’altro. La separazione dev’essere un momento di giustizia e non un momento per dare sfogo alle proprie pochezze umane. Non si tratta semplicemente di mettersi intorno a un tavolo e fare due conti come banalmente si potrebbe pensare. Questo forse è l’errore più grande. La banalizzazione della storia di quella famiglia. Divorziare significa innanzitutto fare i conti con sé stessi, con le proprie paure. Occorre onestà intellettuale e intelligenza e quando queste cose non ci sono si aprono con più facilità le porte del conflitto e della resa dei conti”.

Quali sono le cause più impattanti nell’attuale società oggi che portano alla decisione di separarsi?

“I motivi per separarsi possono essere tanti. C’è ancora qualcuno che crede che per separarsi uno dei due coniugi debba aver fatto qualcosa di estremamente grave, o come si diceva una volta, debba essere in “colpa”. No, non è più così, la ricerca della colpa o l’individuazione delle responsabilità non è un’opzione necessaria. Oggi viene da pensare che la causa più ricorrente della fine di un rapporto sia il tradimento collegato all’uso dei social. Certamente la rete ha reso più facile fare nuove conoscenze ma credo che il vero motivo per cui ci si separa debba essere collegato al processo di cambiamento che in un modo o nell’altro accompagna le vite di ciascuno. È questo cambiamento che ci induce a fare delle scelte, a compiere delle azioni che probabilmente fino a qualche tempo prima non avremmo immaginato di fare. A volte si tratta di fare i conti con quello eravamo e non siamo più. Credo che l’abitudine a lungo andare generi noia ed questa condizione che apre le porte al desiderio di cambiamento e di uscire dalla propria routine.

La verità è che spesso ci si separa perché si perde il contatto con l’altro, con la famiglia e talvolta anche con sé stessi. La fine è preceduta dalla perdita dell’amore o dall’indifferenza che aleggia nell’aria. Nessuno ha più niente da dire. Ci si perde di vista. Ma poi ci sono anche tutte quelle situazioni nelle quali l’equilibrio della coppia si è rotto per i comportamenti maltrattanti di un coniuge che si pone come un sovrano assoluto, un tiranno che non fa prigionieri, un tiranno che uccide. Il divorzio in questi casi non è solo la speranza di una libertà ritrovata ma è la vita stessa che merita di essere ancora vissuta”.   

Virginia Sanchesi

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