Prosegue il tutto il mondo l’abbraccio dei fedeli al papa emerito Benedetto XVI. Anche Savona in cui era stato in vista nel maggio del 2008 ha voluto esprimere il suo ringraziamento e cordoglio. Lunedì 2 gennaio alle ore 18 nella Cattedrale Nostra Signora Assunta il vescovo Calogero Marino ha presieduto la messa in suffragio del ” buon pastore” di origini tedesche, al secolo Joseph Aloisius Ratzinger, che Giovanni Paolo II lo nominò prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, l’ex Sant’Uffizio, tornato alla Casa del Padre il 31 dicembre dopo lunga malattia. Alla presenza dei tanti accorsi, del coro e delle Confraternite cittadine, Monsignor Gero ha toccato il cuore e le menti di tutti, attraverso un’omelia di rara intensità e profondità. Rifacendosi alla sacra liturgia del giorno, della prima lettera di san Giovanni apostolo ha preso in visione la bellezza ispirata dal citato verbo “rimanere” nel passaggio : “E ora, figlioli, rimanete in lui, perché possiamo avere fiducia quando egli si manifesterà e non veniamo da lui svergognati alla sua venuta”. Ha tratto poi spunto dal Vangelo per creare un parallelismo tra la figura di papa Benedetto XVI ( “Gesù ti amo” le sue ultime parole) e quella di Giovanni Battista il quale mentre si trovava in Betània, al di là del Giordano, mentre stava battezzando fu raggiunto dai sacerdoti e levìti che i Giudei gli inviarono da Gerusalemme per interrogarlo e a cui rispose : «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». Nel ricordare papa Ratzinger ha poi riproposto il bellissimo “discorso della Luna” fatto a braccio nel 2012 in un italiano poetico che mostrava la levatura del “Papa della dolcezza” che da saggio conoscitore quale era non si nascondeva la realtà acciaccata e ferita della Chiesa, ma non per questo credeva meno che essa sia veramente la barca di Pietro (pur nelle tempeste), la Luna piena (sebbene velata e oscurata, ma che continua a illuminare la notte con la luce di Cristo), il Corpo mistico – ma ben visibile – del Signore Risorto, Corpo che continua, nonostante le ferite e le lentezze, la missione di evangelizzare il mondo. La Chiesa, infatti, è del Signore, e il Papa sapeva bene che tutti gli sforzi (interni ed esterni) di affondarla o di eliminarla sono destinati a fallire. Tunditur, non mergitur: è scossa dai marosi, ma non cola a picco. Non può. Ed ecco il ricorso ad uno dei padri della Chiesa, Sant’Agostino, per rendere ancora al meglio una delle frasi più care al papa emerito. Per il santo d’Ippona infatti l’eclissi fu l’esemplificazione simbolica della verità teologica concernente la morte del Redentore. Cristo ha fatto dei due un popolo solo: Antico e Nuovo Testamento, antica e nuova alleanza, popolo ebraico e popolo pagano trovano nella croce del Salvatore una mistica unità. La luna, che brilla di luce riflessa e che Origene identificherà con la Chiesa, era già simbolo del popolo ebraico (il cui calendario – del resto – era lunare), mentre il sole – grazie alla rielaborazione cristiana del Sol Invictus romano – era identificato con Cristo stesso, vero Sole dell’umanità. Ed infine il Vescovo Gero ha fatto ricorso leggendola integralmente ad una struggente preghiera del cardinale John Henry Newman per sostenere il viaggio di Benedetto verso la Casa del Signore :
Guidami, Luce benigna, nel buio che mi circonda:
nera è la notte ed ancor lontana la casa.
Sostieni il mio cuore vacillante,
nell’oscurità del cammino guidami Tu!
Non ti chiedo di vedere oltre e lontano:
solo passo per passo, ove posare il piede.
Non sempre fu così, non sempre pregai
Perché Tu mi guidassi.
Amavo un tempo scegliere da me il mio cammino,
amavo il giorno chiaro, disprezzavo la paura:
ma ora guidami Tu!
Svanisca l’errore del mio passato,
non ricordare quegli anni:
il tuo potere che ormai conosco
mi guidi fino all’estremo,
fra lande e paludi, per monti e torrenti,
finché, passata la notte, mi sorridano all’alba
i volti evangelici, amati un tempo, perduti ora
e che amerò per sempre.
Sostieni il mio cuore vacillante,
nell’oscurità del cammino guidami Tu!
Non ti chiedo di vedere oltre e lontano:
solo passo per passo, ove posare il piede.
Non sempre fu così, non sempre pregai
Perché Tu mi guidassi.
Amavo un tempo scegliere da me il mio cammino,
amavo il giorno chiaro, disprezzavo la paura:
ma ora guidami Tu!
Svanisca l’errore del mio passato,
non ricordare quegli anni:
il tuo potere che ormai conosco
mi guidi fino all’estremo,
fra lande e paludi, per monti e torrenti,
finché, passata la notte, mi sorridano all’alba
i volti evangelici, amati un tempo, perduti ora
e che amerò per sempre.