Si torna al Medioevo, anche prima. I Talebani avevano giurato che le donne sarebbe state tratta al pari degli uomini o, almeno, non differenze assurde, come il ritorno del burqa, e lo sgomento nel divieto di frequentare i corsi universitari.
Un gruppo di studenti di Medicina, dell’università di Nangarhar, ha inviato questo messaggio di solidarietà, alle compagne, cacciate dagli atenei, in seguito a questa nuova quanto indignante legge.
Tra i giovani anche qualche professore che partecipa in disparte alla protesta. Nelle università di Kabul e Kunduz diversi professori hanno annunciato le dimissioni.
A quasi un anno dall’ ascesa politica dei fondamentalisti islamici, alcune donne, già consapevoli di un rischio alla loro esclusione dal concetto di “esseri pensanti” avevano marciato, nelle vie, urlando: “Cibo, lavoro e libertà”, ma, in pochi minuti, i soldati avevano disperso la folla, sparando in aria colpi di kalashnikov e picchiando le partecipanti, con il calcio del fucile.
La condanna dell’Onu, le proteste da Parigi e Berlino e l’annuncio dell’Unione Europea: “Una mossa unica al mondo che viola i diritti e le aspirazioni della popolazione”. La questione sarà all’ordine del giorno del G7.
Qualcuno ha mai domandato loro perché escludessero le donne dalla vita politico-sociale? Inferiori o, forse, più attive di quello che loro, gli “uomini”, pensano?