Di me stesso non posso prometter altro che una lunga fatica e gran diligenza, ed amore, che io ho posto per intendere e praticare quanto prometto.
Andrea Palladio, “I quattro libri dell’architettura”
Domenic, 18 dicembre.
Il sole brilla sulla Regione Veneto e, alle 10:00 circa, un gruppo di turisti che non aveva visitato la città, si dirige e viene calorosamente accolto in uno dei più bei “salotti” dell’Italia. La coinvolgente guida aspetta il gruppo e, dopo aver indicato un programma alternativo per famiglie con bambini, presente sul sito https://www.vicenzae.org/it/, accompagna gli alti a un castello, anzi a un teatro. A un edifico che è entrambi ed è una delle prime “rivelazioni”, che offre la città. E’ ben conosciuto da un certo Andrea Palladio, in questi giorni, è in versione natalizia:
Il Teatro palladiano è conosciuto, in ambito nazionale e globale, ma anche molto delicato, perché, nella sua maggior parte, è costruito in legno e in altro materiale non mlto resistente, ad eccetto della parte dietro le spalle del pubblico, poiché serviva “arrotondarla”, fornendole un aspetto che ogni teatro, ridotto o gigantesco, possiede.
Nel Rinascimento, un teatro non è un edificio, ma un’idea di rappresentazione, all’aperto e itinerante: nell 1580, a Vicenza, sorge il primo teatro, con l’accezione che gli attribuiamo oggi.
Il Palladio appronta il disegno pochi mesi prima della sua morte e, anche se concluso nella bozza, egli mancherà tre mesi prima che venne realizzato; sarà il figlio Silla a curarne l’esecuzione consegnando il teatro alla città nel 1583.
La prima rappresentazione, in occasione del Carnevale del 1585, è memorabile: la scelta ricade su una tragedia greca, “Edipo Re”, di Sofocle, e la scenografia riproduce le sette vie di Tebe che si intravedono nelle cinque aperture del proscenio con un raffinato gioco prospettico, il cui artista è Vincenzo Scamozzi. Le sovrastrutture lignee, che hanno affascinato i primi turisti, diventano parte integrante e stabile dell’architettura.
La Basilica, che non è sinonimo di “chiesa”, si trova nel luogo più rappresentativo della città, piazza dei Signori, già luogo del foro romano e della platea medievale.
Nell’antica Roma, essa consisteva in uno spazio pubblico, nel quale si gestivano la politica e gli affari più importanti.
A 38 anni il Palladio ottiene la prima importante commissione pubblica, che corrisponde alla consacrazione ufficiale come architetto della città di Vicenza. Perché l’incarico diventi operativo, tuttavia, dovrà aspettare altri tre anni, fino al 1549, tanto sarà necessario per fugare le residue incertezze del governo cittadino.
Il progetto del Palladio si basa sulla ripetizione del modulo della “serliana“, vale a dire una struttura composta da un arco a luce costante affiancato da due aperture laterali rettangolari, di larghezza variabile, che riducano le differenze.
Il materiale utilizzato è una pietra bianca proveniente da Piovene Rocchette, località alle falde dell’Altopiano di Asiago; lo si può definire unico nel suo genere perché la cava andrà esaurita allo scopo.
Il Consorzio Vicenza è, costituito nel 1991 è un organismo che opera in qualità di “Destination Management Organisation”, associando enti pubblici, organismi e operatori privati. Ha competenza provinciale e coordina, attraverso i suoi soci, promozione, commercializzazione, formazione e accoglienza turistica.
Vicenza e le ville palladiane, dall’architetto che è quasi il simbolo di questi luoghi, hanno ottenuto un riconoscimento universale: l’iscrizione nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’Unesco.
Un altro gioiello di arte sacra, omaggiato anche dal critico d’arte, Vittorio sgarbi, è il Tempio della santa Corona.
La, chiesa a croce latina, custodia la reliquia della Santa Spina, offerta, nel 1259, da Luigi IX, re di Francia, al vescovo Bartolomeo da Breganze, esposta al pubblico il venerdì Santo.
(1723); la Cappella del Rosario e ancora, al quinto altare della navata sinistra, lo splendido “Battesimo di Gesù”, capolavoro della maturità del veneziano Giovanni Bellini” (1427-1516).