Il freddo dei giorni precedenti la Vigilia di Natale aveva portato la conferma di una copiosa nevicata in tutta la valle. Gli anziani del posto lo avevano annunciato già qualche giorno prima e, come perfetti barometri, avevano avuto ragione. Gli uomini del paese si prodigarono a pulire le strade e a renderle agibili, affinché tutti potessero muoversi, limitando o eliminandone gli ostacoli, in quei giorni di festività.
I tetti delle case erano tutti coperti di neve e, dai comignoli, il fumo dei camini fuoriusciva impettito verso i cielo. Le decorazioni brillavano nel bagliore della neve bianca, rendendo il paesaggio uno spettacolo da fiaba. I fiocchi ripresero a scendere delicatamente e fitti: il silenzio rendeva la loro discesa quasi regale. I cespugli di agrifoglio si adornavano di questi piccoli cristalli, mentre le impronte di qualche animaletto selvatico incominciavano a farsi più audaci vicino alle case, forse, anche loro, alla ricerca di una notte di Natale.
Melisenda guardava il paesaggio attraverso la finestra della sua cucina, che dava proprio sulla strada principale e vedeva un viavai di pullman. “Turisti”, pensò.
Mais, la gattina nera trovata abbandonata l’ estate precedente, vicino ad un campo di granoturco, dormiva profondamente vicino al camino addobbato, mentre Triciclo, piccolo meticcio color nocciola, nato claudicante dalla zampetta destra posteriore, era seduto accanto a Melisenda, alternando il suo sguardo, tra l’ambiente esterno e la sua padrona.
“Meli”, come erano soliti chiamarla gli amici più stretti, mentre osservava, con la mente ritornava ai tempi in cui lavorava al brefotrofio del paese, prima che diventasse una scuola media. I ricordi erano belli e molti anche tristi: il Natale dei bimbi orfani è un momento in cui sentono più la mancanza di una famiglia e coloro che hanno il nobile compito di prenderli in affidamento hanno l’arduo compito di rispondere alle molte domande, nel modo più sincero, con l’impegno morale di non peggiorare una situazione, già drammatica.
Meli, a sua volta, era rimasta orfana da ragazzina e si era ritrovata a fare da madre e padre ai tre fratelli più piccoli per far sì che non glieli portassero in qualche struttura. L’affetto era grande e rinunciò agli studi, non si sposò, anche se era molto corteggiata, merito anche della sua fine bellezza e bontà d’animo. I sacrifici di Meli nel seguirli, fino a che compirono la maggiore età, portarono il risultato che, una volta sposati, ognuno di loro se ne era andato lontano, con qualche raro incontro con la sorella. Lei ne soffriva: era una donna di quasi settant’anni, ancora in salute e attiva nella comunità, non sentiva la necessità di andare in pensione. Lei e i bambini, ora, adulti, la ricordano come una “vice mamma”. Nella sua carriera, sentiva una predilezione verso i bimbi abbandonati e orfani: li ascoltava, li consolava, preparava gustosi pranzetti e costruiva giocattoli, affinché potessero dimenticare, per qualche ora, quanto fosse cruda e in salita la loro esistenza.
Ormai grandi, il destino aveva dato loro quello che la nascita gli aveva negato: l’amore di una famiglia. Meli aveva l’indirizzo di ognuno e in occasione del Natale, inviava loro un biglietto di auguri al quale tutti puntualmente rispondevano, compreso Mirco, il più piccolo, che si era trasferito in Canada, per lavoro e conobbe quella ragazza che è sua moglie. Rispondevano puntualmente, tranne che questo Natale. Il Postino non aveva ancora portato alcuno di quei biglietti e Meli se ne fece una ragione, ormai erano grandi ed erano impegnati con le loro famiglie. A lei premeva solo che stessero bene, anche se un po’ di tristezza velava il suo cuore.
Era ancora davanti alla finestra, quando arrivò tutto trafelato e con grandi balzi dentro la neve, Mattia, il Vigile del paese. Meli aprì la finestra ed un soffio di aria fredda le scompigliò una ciocca bionda sulla fronte.
“Meli, sei a posto con la spesa ed altre commissioni? Altrimenti dimmelo che ci penso io! La nevicata di stanotte ha chiuso il passo e bisogna attrezzarsi con gli sci e fare qualche fuori pista, se vuoi raggiungere qualche paese…” Lei, sorrise al ragazzo, che aveva visto crescere. Prima un monello, poi, un ragazzo serio e un buon padre di famiglia.
“Mattia, l’ultima volta che ho messo gli sci c’era ancora Thoeni a gareggiare per l’Italia…” gli rispose ridendo e continuò: “Grazie, sono a posto, non ti preoccupare e, comunque, non penso resteremo isolati a lungo” concluse la donna.
“Don Ettore ha organizzato un servizio con la slitta di Babbo Natale, per chi vuole assistere alla Santa Messa di Mezzanotte, offrendo, alla conclusione, panettone e vin brulè a tutti: passo a prenderti stasera, verso le undici!” la informò il vigile e Meli rispose prontamente:” Sì, va bene Mattia! Grazie e ti preparo la tua crostata di fragole!” Mattia sorrise, salutò la donna con il gesto della mano e proseguì il suo giro per la via.
La neve smise di scendere nel pomeriggio, ma la quantità lasciata al suolo era davvero impressionante, quasi paragonabile alla storica nevicata dell’85.
Melisenda preparò la crostata, mise a posto la legna vicino al camino, dopo averne fatto scorta dal porta-legna esterno, giocò sul divano con Triciclo, mentre Mais faceva “la preziosa”, accoccolata vicino e comportandosi da principessa. Intanto, Meli pensava. Pensava ai Natali trascorsi quando la sua casa era piena di bambini, tra fratellini e cuginetti. Non c’era molto, ma bastava. Erano felici e non sapevano di esserlo. Pensava alle faccette stupite dei bimbi dell’orfanotrofio quando il farmacista, vestito da Babbo Natale, portava loro giochi, vestiti e dolciumi. Se avesse potuto, avrebbe esaudito loro quel desiderio, che avevano in comune: una mamma e un papà. Ricordava quando gli aveva insegnato la canzoncina sugli alberi di Natale “Risplendono e sfavillano”, da cantare la notte di Natale, prima della Santa Messa, e, nonostante qualcuno fosse stonato, sembravano davvero un coro di Angeli.
Erano le dieci di sera passate. Una notte stellata accarezzava la valle ed il paese. La luna illuminava le vie del paese, le lucine delle case, i comignoli fumanti, le luminarie… tutto aveva il sapore di una favola, anche se la realtà era ostacolata. Melisenda, in piedi davanti alla finestra, guardava questa meraviglia notturna, quando scorse da lontano una slitta, trainata da due cavalli bianchi, arrivare verso la sua casa. Mattia era arrivato in anticipo, ma non dovette attendere, poiché anche Meli si era preparata prima dell’orario previsto. Si infilò il cappotto e indossò il cappello di lana, non dimenticandosi la torta, confezionata con cura, da regalare al giovane. Mattia la ringraziò e l’aiutò a salire sulla slitta, le diede una coperta da mettere sulle gambe e ripartirono. L’aria era bella frizzante e sul viso di entrambi si divertiva a disegnare delle gote rosse.
“La Messa si svolgerà nella palestra della scuola. Oggi si è rotto il riscaldamento della chiesa e, sino a dopo le Feste non potrà essere riparato” disse Mattia, con tono rammaricato: “Non sarà la stessa cosa…” aggiunse. Meli, in tono diretto, ma affettuoso, gli rispose “Dio è ovunque, anche dentro una palestra!” e sorrise al giovane.
Arrivati nel cortile della scuola media, ripulito nel miglior modo possibile dalla neve, entrarono nel corridoio che portava alla palestra. Era tutto buio.
“Sei sicuro che la Messa venga celebrata qui?” chiese perplessa Meli.
“E’ quello che mi ha detto Don Ettore, oggi pomeriggio!” rispose Mattia, con tono dubbioso.
Varcata la porta di sicurezza, dal nulla prese forma uno schermo sulla parete della palestra. Incominciarono a partire in sequenza una serie di fotografie, con sottofondo la melodia di The Way We Were, il film che la fa sognare. Molti scatti di bambini piccoli, in un refettorio, in un cortile con le giostrine, nella camerata con tanti lettini, in tanti mastelli, mentre facevano il bagnetto, in un prato dove si svolgeva un pic-nic … e, in tutte queste foto, una ragazza bionda con i capelli raccolti ed un grembiule bianco, era sempre presente!
“Cosa-cosa…?” disse a fil di voce Melisenda, mentre un groppo in gola l’ammutoliva.
In seguito, le immagini una scuola, quella scuola, con tanti ragazzini. In classe, dentro la palestra, in cortile a giocare con la neve: alla fine del video, una sola frase “Mamma Meli, GRAZIE”.
Quella giovane, ora donna, sentiva il cuore scoppiare.
Si accesero le luci ed un coro iniziò il canto “Risplendono e sfavillano”. La donna si girò e vide gli spalti della palestra, pieni di persone che cantavano in coro. Non erano del paese e comprese quei visi, non nuovi: erano loro, i “suoi” bimbi!
Erano ormai erano degli adulti e sentivano fosse ora di ringraziare, in modo tangibile, quello che Meli aveva fatto per loro: conoscere l’amore di una Mamma.
Melisenda piangeva con un singhiozzo che non riusciva a trattenere, tra le braccia di Mattia. Un applauso la travolse; ora, anche la gente del paese era entrata in palestra, tutti i suoi ragazzi della scuola, con la propria famiglia. Melisenda era sempre più confusa. Il Sindaco l’abbracciò, anche lui era stato un bimbo di Meli.
“ Come ci siete riusciti… io…” e Meli riprese a piangere.
È stato un gran lavoro, li abbiamo contattati questa estate. Abbiamo organizzato in modo che tutti potessero esserci. La nevicata di stanotte stava per mandare a monte il programma, perché erano i rimasti bloccati nel paese vicino…“ le raccontò il Sindaco.
“Come avete fatto a farli arrivare sin qui?” chiese ancora piangendo Melisenda.
“Abbiamo chiesto aiuto alla Caserma degli Alpini! Quando hanno saputo che era per Mamma Meli si sono dati da fare immediatamente!”
“Ecco quel viavai di pullman, che osservavi questa mattina: pensavo fossero turisti” disse, ridendo, Meli, mentre una mano si appoggiava sulla sua spalla, come per chiamarla. La donna, ancora confusa, seguì il richiamo di quella mano e, girandosi, vide il più piccolo dei suoi bimbi: Mirco, con in braccio un bambino di pochi mesi e con un sorriso le disse:
“Ciao Mamma Meli, ti presento tuo nipote!”
Indovinate l’autrice di questa commovente lettura?