“Gay” e “sfigato”: due parole che, secondo una classe prima dell’Ipsia Luigi Cremona, a Pavia, “schiaffeggiano nell’anima” un compagno, soltanto perché, in una gara, tra l’aula di laboratorio e la classe, questo ragazzino sarebbe arrivato ultimo. Questo episodio di bullismo è più grave e intollerabile, come, con decisione, afferma la Preside dell’istituto, perché, mentre stava arrivando l’insegnante dell’ora seguente, una parte del gruppo si è accanito su di lui, con calci e pugni, procurandogli una prognosi di tre giorni. Non grave in sé, fosse, ad esempio, si fosse procurato lividi, giocando a pallone. I genitori, chiamati a colloquio dalla Preside, Silvana Fossati, erano allibiti, alcuni nemmeno molto convinti. Non è, purtroppo, una barzelletta, quando i fumettisti confrontano in due vignette, il rimprovero della famiglia anni Ottanta: “ieri”, erano “conti da saldare a casa”; “oggi”, o si piagnucola da “vittime” del sistema, con figli impossibili da gestire, perché “rapiti” dai social network o si arriva a minacciare il corpo docenti, poiché han coinvolto parte dei ragazzi che, in realtà, non hanno partecipato all’ atto di violenza. Sì, la loro “pena” sia minore, ma non si sono nemmeno prodigati ad avvisare qualche adulto di quello che stava accadendo e, anche se non ne abbiamo conferma, qualcuno si possa esser improvvisato regista di una breve, quanto impressionante, pellicola.
La dirigente scolastica ha convocato d’urgenza il consiglio di classe per chiedere l’espulsione per i responsabili dell’aggressione e una sospensione di quattordici giorni da imputare a quelli che non hanno cercato di fermare l’atrocità in corso. In attesa di una sensata decisione, mi complimento con l’autorità di questa donna, che, come educatrice e madre, vuole riaccogliere quanto prima l’alunno e, soprattutto, che lui rientri a scuola, non con una paura, che lo limiterebbe su tutto, profitto scolastico come prima conseguenza. Gli altri, anche se frequenterebbero un altro istituto, vanno “reinseriti”, con una serie di incontri, gratuiti e pubblici, ma consigliati anche privati, con psicologi.
Non si può sempre giustificare una lesione, che, per un doloro che provochi fisicamente, non è quasi mai intensa come quella che danneggia l’autostima di un adolescente, magari già in una fase più fragile del solito.
La scuola è un luogo di condivisione. Questi hanno diritto di stare insieme, ma in un luogo in cui l’educazione va insegnata dalle basi, basi che, forse, nemmeno colroo che han cercato di crescerli hanno e l’abbandono a loro stessi conduce a questi risultati.
Non è la prima volta che si verifica un fatto analogo e, con sgomento, è difficile pensare quando queste vicende non saranno più oggetto di discussione.