Ottenuta la fiducia delle Camere, la/il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il suo Governo di Destracentro sono nel pieno delle loro funzioni.
Ora la ricreazione è finita ed è arrivato il tempo delle scelte di programma, delle priorità e delle misure concrete.
Iniziano i primi 100 giorni che, storicamente, coincidono con una sorta di luna di miele e di benevolenza scontata.
Stavolta non potrà essere così perché i 100 giorni coincidono con le scadenze della Legge di Bilancio 2023 e con le misure urgenti da assumere sulle criticità delle bollette, dei costi dell’energia e della inflazione che brucia redditi, retribuzioni e pensioni.
Da quest’anno, peraltro, la retribuzione aggiuntiva di Natale (per i fortunati che avranno la 13ma), rischia di essere già consumata e deviata verso debiti già scaduti nell’autunno.
La Giorgia Meloni ha stravinto la lunga fase del dire, ora sarà misurata sul tempo del fare.
Chi scrive, è assolutamente contrario a ideologizzare il confronto tra maggioranza e minoranza e, tantomeno, a usare il paraocchi dei pregiudizi e delle pregiudiziali apriori.
È sbagliato il No a prescindere!
Molti commentatori hanno criticato il livello di coesione tra le Forze Politiche della nuova maggioranza; e, non a torto, almeno a guardare dall’esterno le polemiche piccate sulla politica estera e la guerra in Ucraina o la stravagante proposta del contante a 10mila euro che la Lega pretenderebbe diventi la immediata priorità del Governo per acquistare il Paradiso “ a dispetto dei Santi”.
Come dice l’antico proverbio “se Atene piange, Sparta certo non ride”.
L’opposizione è ancora attonita e smarrita dal Knock out tecnico subito alle elezioni e si presenta, come il dibattito parlamentare ha confermato, divisa in almeno tre tronconi.
Il M5S con Conte e la sinistra sociale e verde come opposizione “contro” a prescindere, il PD alla ricerca di una nuova identità, confuso e ripiegato a leccarsi le ferite e, il cosiddetto Terzo Polo di Renzi e Calenda come opposizione “dialogante”.
Per il Governo e per le Opposizioni, ora, si apre la fase dei fatti e delle misure da intraprendere nel bene esclusivo della Nazione.
La storica novità della prima volta di una Donna Presidente del Consiglio, rappresenta una innovazione in sé e per sé.
Non può, in primis, essere sottaciuta la valenza che una giovane donna (per giunta proveniente dagli eredi della tradizione politica post fascista) oggi sieda sullo scranno più alto che fu di De Gasperi, Fanfani, Moro, Craxi, D’Alema, Berlusconi, Monti, Renzi e Draghi (solo per citarne alcuni).
Il Presidente del Consiglio, On. Giorgia Meloni (come vuole che la si chiami), dopo aver acquisito la sua leadership come Presidente del Partito Fratelli d’Italia e dello schieramento di Destracentro, ora verrà misurata nella sua capacità di essere punto di interesse della intera nazione.
Ha fatto davvero i conti con la pesante eredità storica del Fascismo, di cui ricorrono i 100 anni della lugubre Marcia di Roma? (Strano il destino della Storia).
A mio parere, la risposta è No! Ha dimostrato abilità dialettica e ed evidenziato interessanti novità politiche, culturali e storiche (la netta condanna delle infami Leggi Razziali del ’38 e “la non simpatia” per il Fascismo e per ogni forma di Dittatura); ma resta grave il salto storico della lotta di Liberazione e il non richiamo della Resistenza che informa di sé la Costituzione della Repubblica, su cui pure ha giurato.
Ed è preoccupante che non abbia voluto o potuto dire una parola chiara sulla ricorrenza del 28 ottobre, della Marcia su Roma.
Speriamo non buchi altre memorie storiche della democrazia repubblicana, a partire dal 25 aprile!
Aldilà delle contraddizioni politiche e storiche irrisolte, la “underdog” di destra dovrà governare questo nostro martoriato Paese.
Dovrà dare risposte concrete alle famiglie più fragili con le bollette che si accumulano nei tinelli della cucina, alla Confindustria che con il suo presidente Carlo Bonomi chiede di mettere ogni risorsa per attutire l’impatto del caro bollette sulle imprese.
Dovrà dare risposte a Landini e alle Confederazioni Sindacali dei Lavoratori e alle scadenze fiscali e previdenziali che rischiano di riportarci dritti alla Legge Fornero, mai smantellata (checché ne dica Salvini)!
E dovrà decidere il destino del Reddito di Cittadinanza in un momento assai difficile per gli ultimi e per la maggioranza dei lavoratori dipendenti e autonomi, come dei giovani e dei pensionati.
Non è tempo di tagli draconiani sul Reddito di Cittadinanza, nonostante le filippiche elettorali; un’esigenza rimarcata anche dal presidente della Cei e arcivescovo di Bologna. Il cardinale Matteo Zuppi che è rimasto colpito da un dato del Rapporto Caritas, quello che evidenzia che sui due milioni di famiglie in povertà assoluta, meno della metà beneficia del reddito di cittadinanza.
“Speriamo – ha detto Zuppi – che il governo sappia affrontare questo problema con molto equilibrio: il reddito di cittadinanza è stato percepito da 4,7 milioni di persone, ma raggiunge poco meno della metà dei poveri assoluti”. Per l’alto prelato quindi c’è un aggiustamento da fare, ma mantenendo il reddito di cittadinanza, “così importante in questo momento”.
La Meloni avrà poco tempo per trasformarsi totalmente da capo partito, che mette in riga gli altri capi partito maschietti, a presidente del Consiglio in uno dei tornanti più duri e faticosi della storia repubblicana.
Non potrà più perdere tempo con le paturnie di Berlusconi e la irrefrenabile sete di protagonismo del Capitano degradato sul campo elettorale Matteo Salvini.
La più ingiusta e crudele delle tasse occulte (l’inflazione) è schizzata quasi al 12 per cento, come a dire che da questo mese di ottobre mille euro, varranno 880 euro.
È un livello che non si toccava dal 1984. La causa dell’impennata è sempre l’energia, ma l’aumento dei prezzi riguarda tutte le materie prime e tutti i consumi, a cominciare dal carrello della spesa.
Sul dossier Energia e sul caro Bollette, non si intravedono novità di rilievo, nonostante le promesse elettorali. Il nuovo esecutivo Meloni sembra voler proseguire in continuità con il Governo Draghi (emblematico Cingolani rimasto come consulente al ministero ora presieduto da Pichetto Fratin), mentre parrebbe che verranno prorogate le misure, già approvate dal Governo precedente.
Impressiona il dato che, mentre la crisi economica minaccia di affondare le famiglie, c’è chi ci guadagna, ed è sempre la solita squadra di Big Oil. Le grandi compagnie del fossile stanno pubblicando i dati di bilancio trimestrali e mostrano utili stellari. L’Eni dichiara guadagni pari a 13,2 miliardi di euro in 9 mesi. In sostanza, produce di meno e triplica i profitti. Per l’americana Exxon Mobil (Esso) gli utili sono stati di 20 miliardi in 9 mesi, quelli di Shell e Total sui 9 miliardi.
L’altra sfida dei primi 100 giorni è il rapporto con l’Europa con il fardello della Legge di Bilancio 2023 e le opportunità del PNRR.
Le trattative con Bruxelles riguarderanno, giocoforza, il price cap e l’urgenza di arrivare quanto prima a misure per ridurre i prezzi energetici a livello europeo.
Il summit Ue a Bruxelles del 3 novembre sarà, così, il battesimo del fuoco negoziale per Meloni, che conta di incontrare anche Ursula von der Leyen, Charles Michel e la presidente dell’Europarlamento Metsola.
Il vincolo europeo della manovra macro, parrebbe essere una Legge di spesa senza scostamenti di bilancio, come avrebbe voluto Salvini.
Vedremo come andrà a finire e se il Presidente del Consiglio On. Giorgia Meloni, da borgatara underdog della Garbatella e militante del Covo dei giovani fascisti della sezione del Colle Oppio, saprà svolgere il ruolo di Leader di un Paese come l’Italia in Europa.
Ne va del futuro della Nazione!
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Il Presidente Giorgia Meloni, buona la prima?
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