Tortona, 23 ottobre.
La celebrazione di oggi pomeriggio, nella cattedrale, è stata dedicata agli attuali e potenziali maestri e maestre di fede. Cosa significa questa espressione? Essi sono i catechisti e le catechiste, il cui ruolo aumenta di rilevanza, con il trascorrere degli anni, soprattutto con l’evoluzione, o, meglio, l’involuzione della società.
Il problema non è che l’Italia sia uno stato laico e, quindi, vi sia confusione nel comprendere quanto e come professare la Parola di Dio. Un individuo deve scegliere il proprio Credo e anche “non credere” implica una causa e una conseguenza. La confusione e la sfiducia, nell’ambiente ecclesiastico, sono diventate un peso, che dev’essere indirizzato, poiché, spesso, gli adolescenti, affermano di credere in Dio, o, comunque in un’ “Entità” più grande di loro, che può tutto e a cui prestare attenzione, ma non credono nella sua rappresentanza “fisica”, acquisita dai sacerdoti, nelle parrocchie. A rendere più fragile il loro equilibrio tra il Bene e il Male, sono le notizie sugli ecclesiastici, in particolare i “preti”, che molestano o violentano minorenni, abusando della loro innocenza; dall’altro lato, però, credo che se la fede è veramente grande e soprattutto si sia sostenuti da famiglie e insegnanti, che motivino questo percorso, quelle notizie, pur essendo indegne, diventino un monito e non un limite: ognuno presta attenzione al proprio Cammino.
Il vescovo Guido ha valorizzato l’essenza del catechista, come un giovane o un adulto, che si impegni a trasmettere i concetti, appresi durante la propria formazione, e, ora, percepisce una sorta di vocazione, nel voler avvicinare le nuove generazioni alla bellezza di una fede, che brilli e faccia brillare chiunque ne sia “coinvolto”. Sul concetto di fede, il vescovo, nell’Omelia di sabato, 1° ottobre, ha speso una riflessione, definendola una questione molto seria: “La Fede deve essere intensa ed è proprio la fede ciò che il Signore ci chiede al di sopra e prima di ogni altra cosa. Egli, infatti, non ha bisogno dei nostri progetti brillanti, dei nostri sogni intelligenti, delle nostre strutture efficienti, delle nostre capacità, presunte o acclamate. Egli ha, in un certo senso, bisogno della nostra fede e, con la fede, permettiamo al Signore di stendere il suo braccio potente, che mai si è accorciato. Se, a volte, sembra accorciato, ciò e a causa della nostra poca fede, delle nostre ginocchia che non si piegano, fiduciose alla sua presenza, delle nostre mani che non si uniscono con insistenza, supplici e mendicanti, alzandosi al Cielo.”
L’obiettivo è, quindi, ascoltare tutto quello che ci circonda, selezionando qualsiasi aspetto, concreto e astratto, che ci renda l’anima aperta al Prossimo, comportandoci come il Signore chiede nella sua Legge, ovvero i Dieci Comandamenti.
Fare il catechista è una missione. Oggi, è anche la Giornata Missionaria. Un caso? Potrebbe essere. Entrambi i ruoli richiedono molto impegno, prima dell’anima, poi pedagogico.