Settecento e più mila persone si recano, ogni anno, a visitare un regalo che Dio ci ha offerto, con un potenziale geologico unico nel suo genere: forti venti e piogge, ne modificano il suolo, però “egli”, come fosse umano, resiste alle intemperie: la Valle dei Calanchi circonda l’altrettanto borgo, definito “la città che muore”, a causa dei pochi residenti, ma vivace, con un’ampia ospitabilità turistica.
Civita è sempre più un luogo gettonatissimo dagli innamorati, che insieme passeggiano sul ponte e arrivano nel borgo per scambiarsi promesse d’amore eterno. Siamo nella terra di San Bonaventura, padre della Chiesa e figura centrale nel Medioevo. Terra francescana, dunque. Essendo San Bonaventura l’autore della biografia sulla vita del Santo d’Assisi, la Legenda Maior.
Il centro del borgo è Piazza San Donato, nella quale è situato l’omonimo Duomo, cattedrale fino al 1699. Nonostante i danni, provocati da un terremoto, purtroppo, è un’area sismica, la chiesa possiede molte testimonianze artistiche e sacre: la principale è il crocifisso ligneo, con uno sguardo magnetico del Cristo, frutto della scuola di Donatello. Posizionandosi di fronte al crocifisso si può vedere Gesù ancora vivo, veduto da sinistra il crocifisso è agonizzante, mentre veduto da destra Gesù è immerso nel sonno della morte.
La facciata è rinascimentale e nel campanile a torre sono situati due sarcofagi etruschi in pietra di basalto.
Nel 1695 un terremoto causò gravi danni alla cattedrale, che fu trasferita nel vicino centro abitato di Bagnoregio, dove la chiesa collegiata di San Nicola fu eretta a nuova cattedrale diocesana.
L’architettura della Civita è di epoca rinascimentale e, prima o dopo averla visitata, scendere lungo il Belvedere, con la vista sui calanchi, è d’obbligo.