Il punto di BrunoPolitica

I miei vorrei e la campagna elettorale in corso

È noto che “Vorrei” di Francesco Guccini è un gran bel pezzo; una
melodia, un testo e una poesia intima, nella quale il Cantautore
slega i propri pensieri e li socializza ai suoi fans.
Ecco io vorrei fare la stessa operazione di coming out delle mie
più intime convinzioni politiche, senza avere la spocchiosa
presunzione o la arrogante pretesa di convincere qualcuno.
Con la ufficializzazione delle Candidature e delle Liste di lunedì 22
scorso (presso le diverse Corti di Appello), si sono concluse le
operazioni preliminari e si è avviata la più anomala campagna
elettorale estiva che si concluderà con il voto del 25 settembre.
Ho già scritto sul rischio che prevalga il non voto o l’astensionismo
di massa, ben aldilà della contrazione fisiologica dei votanti.
Ecco, il mio primo ‘vorrei” è rivolto agli aventi diritto.
Andate a votare, e non delegate agli altri la elezione della
maggioranza politica e del Governo che dovrà decidere sul vostro
futuro.
Non lasciate che il “Palazzo” disponga degli inquilini a proprio
piacimento.
Attenzione: la fase che ci attende in autunno sarà inedita e terribile
per la condizione materiale e di vita di milioni di persone che
rischieranno di essere ai margini della società civile e politica.
Sta per abbattersi uno tsunami con le caratteristiche della
“tempesta perfetta” e lo sarà sulle bollette di luce e gas,
sull’aumento generalizzato dei prezzi (inflazione a due cifre), sulle
chiusure e criticità produttive di molte imprese energivore (penso
al comparto del vetro nella nostra provincia) e, sull’ aumento della
disoccupazione e del non lavoro.
I Dati di previsione (speriamo siano sbagliati e sovrastimati) sono
da “brivido” ed esiste il rischio concreto di una vera e propria
“macelleria sociale “.
Il peso insopportabile della nuova crisi non si scaricherà solo sugli
ultimi e sulle fasce sociali già precipitate nella povertà relativa, ma
anche le diverse forme di poor work (lavoro povero) per salari
bassi, rapporti discontinui e carico famigliare.
L’altra variabile di negativa novità, è rappresentato dai lavoratori il
cui reddito da lavoro rappresenta l’unica fonte di sostentamento
della propria famiglia.
La penultima variabile è composta da milioni di lavoratori
autonomi che hanno dovuto chiudere le tante attività
commerciali, artigianali, turistiche e di servizio del terziario.
L’ultima variabile è rappresentata da milioni di pensionati sotto la
soglia dei 2 mila euro di redditi da pensione (anche più d’una).
Sono circa 6 milioni le Persone in povertà relativa o assoluta, circa
2 milioni (11,8% del lavoro dipendente i poor workers e circa 10
milioni i lavoratori che mantengono una famiglia a carico con il
proprio reddito da lavoro.
Saranno oltre 28 milioni le persone in difficoltà, senza
considerare disoccupati e inattivi.
La Governance di un siffatto scenario, se vogliamo ammortizzare il
rischio di deviare dall’Eurozona all’Africa, non può essere affidata
a governicchi o a incompetenti di varia umanità, ma a un Governo
autorevole e competente, capace di interloquire con l’Europa e di
essere riconosciuto come affidabile dai Potenti del Mondo.
Vorrei una competizione elettorale seria che si svolgesse sulle
idee, sulle misure da intraprendere e non sullo scontro e la
denigrazione personale, magari aggrada da promesse da marinaio
e impegni da araba fenice.
Dire la verità al Paese dovrebbe essere la premessa di ogni
programma elettorale serio; promettere di non promettere
dovrebbe essere il vincolo delle politiche espresse dal
Centrodestra, dal Centrosinistra, dal M5S e dal nuovo Terzo Polo.
Vorrei che si rispondesse in premessa alla domanda delle 100
pistole: ma perché l’Italia sta progressivamente calando nelle
classifiche mondiali dei Paesi virtuosi, perché siamo il Paese con il
3° debito nel mondo (2.763 miliardi, pari al 154% del Pil) senza
essere la terza potenza economica? Perché siamo diventati un
Paese a rischio con bassa crescita e bassi salari?
Ad onor del vero (almeno secondo me) nessuno ce la racconta
giusta, né il Centrodestra, né il Centrosinistra che pur si sono
alternati nel Governo del Paese negli ultimi 30 anni.
Per non parlare dell’incontro spurio e dell’incesto tra M5S e Lega
del 2018, miseramente fallito con l’la ubriacatura del Papete e
l’assurda richiesta dei “pieni poteri” di Salvini.
I fallimenti del passato rendono urgente una profonda innovazione
del fare politica e “un ampio spettro di riforme radicali in ogni
dimensione del nostro stare insieme: dal funzionamento delle
istituzioni repubblicane al settore formativo, dal funzionamento
dei mercati alla Pubblica Amministrazione, dal fisco alla giustizia”
e agli assillanti vincoli burocratici.
Il collante ed il filo rosso che dovrebbe tenere assieme la
Piattaforma programmatica di Governo, non può non , partire dal
Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza,messo a punto dal Governo
Draghi
Sarebbe completamente fuori luogo pensare a una sua riscrittura
con il rischio di perdere circa 200 miliardi di euro, come predicano
alcuni sovranisti (la Giorgia Meloni ad es).
L’obiettivo realistico non può che essere la rapida integrale
attuazione “senza se e senza ma” delle misure strategiche
previste dal PNRR che il nuovo Governo dovrà assumere.⁰
Vorrei si dicesse la verità sulle criticità che hanno condizionato lo
sviluppo economico, sociale e culturale del Paese – dopo le fasi
virtuose della ricostruzione post bellica e del primo miracolo
economico degli anni ’60.
Le vere criticità affondano le loro radici “viziose” negli anni ’70,
allorquando il Paese non ha saputo stabilizzare “una crescita
duratura” e si è dimostrato incapace di reggere le nuove inedite
sfide della prima crisi energetica e della conseguente instabilità
monetaria e crisi valutaria.
Completamente sbagliate e di corto respiro sono state le risposte
dei Governi e del Sistema Italia che possono essere sintetizzate in
4 grandi disastri;
1) inflazione a due cifre;
2) svalutazione a step della moneta (lira);
3) ricorso sistemico al Debito Pubblico e all’indebitamento
strutturale del Paese;
4) ricorso permanente a misure congiunturali per ammortizzare le
crisi e rinviare le necessarie Riforme strutturali .
Negli anni ’90 l’ingresso nell’Unione Monetaria e la nascita
dell’Euro hanno impedito la continuazione dei vizi pregressi e le
misure di piccolo cabotaggio, con l’esplodere dei nodi strutturali e
delle mancate riforme del Belpaese.
I deficit di produttività del “complesso” delle variabili e dei fattori
che la compongono, l’assenza di politiche premianti la
meritocrazia e la implementazione delle Pari opportunità, sono
l’altra faccia che motiva e spiega la bassa crescita dei redditi da
lavoro e dei salari reali nella competizione europea e
internazionale.
Vorrei che si dicesse chiaramente che, negli ultimi 20 anni (forse
30), dapprima i conservatorismi e poi i populismi (di centrodestra
e di centrosinistra) hanno impedito al Paese di fare le Riforme
Strutturali necessarie per sostenere le politiche di sviluppo
compatibili e reggere le nuove inedite sfide della globalizzazione.
Una siffatta analisi richiederebbe un profondo cambiamento del
Governo e della “cultura” della Politica.
Sarebbe quanto mai opportuno ripristinare l’antico metodo tra
promesse fatte e risultati conseguiti.
Servirebbe una svolta che dispieghi le Pari opportunità, a partire
da Chi ne è sprovvisto.
Ecco perché sarebbe necessario un ampio spettro di Riforme del
“nostro stare insieme” nella Italia 2.0; misure da declinare in
interventi di innovazione sulle filiere strategiche e sulle criticità
dell’oggi e sulla salvaguardia delle condizioni materiali delle
Persone che più soffriranno i costi inediti della nuova crisi.
Ecco cosa io vorrei uscisse dalle urne il 25 settembre per una Italia
più moderna e più giusta.

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