Il 25 settembre saremo chiamati al voto per decidere la composizione del nuovo Parlamento che, a sua volta, sceglierà gli assetti istituzionali e le Presidenze di Camera e Senato e dovrà dare la fiducia al nuovo Presidente del Consiglio e al nuovo Governo. Per la prima volta, dal dopoguerra, la campagna elettorale si svolge in pieno estate, mentre il Paese (almeno per chi può si trova a godere qualche settimana di meritato riposo). Si può fare anche come lo struzzo, ma è evidente l’anomalia e l’eccezionalità della scadenza elettorale. Ed è – altrettanto palese – il rischio di implementare astensionismo e non voto sino ad una possibile deriva minoritaria e parziale che potrebbe decidere il futuro del nostro Paese. A leggere le ultime rilevazioni degli Istituti di indagine sulle intenzioni di voto degli italiani, si evincono indicatori di crescente disaffezione, di sfiducia e di distacco dalla politica dell’oggi e dalla qualità delle Rappresentanze Parlamentari. Si badi bene che la progressiva contrazione del numero dei votanti e la caduta costante della partecipazione attiva alle elezioni, non è una anomalia italiana, ma una variabile che caratterizza l’intera Europa e gran parte del Mondo contemporaneo. Il dato di preoccupante novità è il rischio possibile di andare oltre la soglia minima del 50 per cento; sino a delegittimare gli esiti democratici e legittimare scelte minoritarie che convalideranno risultati e conseguenze con vincoli extra omnes. Esiste, insomma, il concreto rischio di una riconversione della democrazia sostanziale (principio sanzionato nella nostra Costituzione Repubblicana nata dalla Resistenza) in una democrazia formale e in un maquillage degli assetti democratici e delle forme della rappresentanza verso modelli di democratura (come la definiscono illustri politologi). La democratura (una sorta di crasi tra democrazia e dittatura) altro non è che “un regime” formalmente costituzionale, ma sostanzialmente oligarchico. In buona sintesi una forma di Stato, di Governo e di Leadership improntata a regole formali e, magari, scritte di democrazia, ma ispirate nei comportamenti e nelle azioni della governance da un sostanziale autoritarismo. Il 25 settembre prossimo con le elezioni politiche anticipate, saremo chiamati a decidere non solo la qualità della maggioranza e del Governo del Paese, ma anche l’opzione di sistema all’interno dei principi e dei valori della Costituzione e dell’Europa. Non lasciamoci distrarre da inutili e futili polemiche su fiamme, fiammelle o altri simboli. Non facciamoci trascinare in querelle ridicole su ciprie, stucchi e qualità dei rispettivi Pantheon, ma stiamo ai fatti e ai consuntivi di questi ultimi 5 anni che non hanno eguali in termini di criticità economiche, sociali e pandemiche a livello nazionale, europeo e internazionale. Ecco, questo dovremmo fare, con serietà e capacità. Non con piccole miserie fatte di insulti personali e oltre. Peggio ancora con odio e rancore, sempre vivi.
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Verso il voto del 25 settembre, la posta in gioco e il nostro voto: vengo anchio? Si tu si
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